Apro la finestra e vedo che tutta quella luce più non c'è

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"Tutto bene?"

La voce di Filippo sbatte contro le spalle di Einar, scivola giù, lungo la colonna vertebrale e fa socchiudere gli occhi al cubano, nel freddo pungente.
Einar è lì fuori da un po', sul balcone, a fumare una sigaretta con aria pensosa e Filippo lo ha osservato in silenzio, a lungo, da dietro al vetro.
Dopo cena, Fil ha visto l'umore di Einar cambiare, si è fatto un po' più chiuso e silenzioso e lui, dal canto suo, ha deciso di lasciargli un po' di spazio e ha aiutato Teresa a lavare i piatti e riordinare la cucina.

Perchè sì, alla fine sono rimasti da lei anche per cena, hanno passato insieme il pomeriggio, un bel pomeriggio: Einar aveva tanto da raccontarle e Filippo tanto da ascoltare. Ha assorbito con avidità tutte le storie sul passato di Einar, se ne è appropriato e ne ha fatto tesoro.

Con lei seduta composta sul divano ed Einar accanto, con una gamba piegata ed una a penzoloni, Fil si è lasciato trasportare dai racconti delle marachelle di un piccolo Einar e dai suoi traguardi.
Sedeva davanti a loro, Fil, sulla poltrona beige dallo schienale alto, con le braccia tatuate appoggiate ai braccioli imbottiti.
Assorto, totalmente assorto da quei racconti.

È scoppiato ridere, quando la donna ha iniziato a raccontargli di quella volta che Einar, dopo il bagno, si era chiuso per sbaglio sul balcone... nudo.
"Avevo solo nove anni!" si era difeso il cubano incrociando le braccia al petto con aria imbronciata.
Ma poi anche Teresa si era unita alla risata di Filippo, per iniziare subito dopo un altro racconto imbarazzante che le era tornato alla mente, mentre Einar cercava di nascondersi sotto al cuscino, rosso come la sua faccia. Avrebbe preferito sotterrarsi piuttosto che far sentire a Filippo tutti quegli episodi imbarazzanti. Però gli piaceva, il modo in cui lui li ascoltava, con il mento appoggiato alla mano, le labbra rosee perennemente piegate in un sorriso. Dio.

"A cosa pensi?" continua adesso Filippo, allungando la mano per posarla sulla sua spalla. Delicatamente.
Einar porta la mano sinistra sulla sua, la stringe, sbuffa una nuvola di fumo, prima di parlare.

"A tutto e a niente."

Fil fa un fischio appena abbozzato, un po' lo prende in giro, ma poi gli si avvicina di un passo.

"Siamo profondi, stasera?"

Einar volta il viso e gli sorride, nel buio di quella notte stellata. Appoggia la testa contro la sua e lascia che il braccio dell'altro gli scivoli attorno alla vita, sotto al giaccone slacciato.

"È un po' strano, essere qui. Mi sento... tipo.. sopraffatto da mille pensieri, dai ricordi. Ed è assurdo."

"Non è assurdo. È normale, sei umano, Ein" lo rassicura Fil muovendo un po' la mano sul suo fianco, in una carezza lenta.
Anche lui si è sentito così, ogni volta che è tornato in un posto che evocava mille ricordi.
È del tutto normale e vuole rasserenare Einar, vuole dirgli che non è lui che funziona male, ma i ricordi che sanno essere stronzi tanto quanto dolci.

"Da troppo tempo non torno in questa città" ammette Einar poco dopo, con un piccolo sospiro, mentre si sente un po' in colpa per aver trascurato la sua vita precedente, l'Einar di prima; si sente triste e completamente impregnato di ricordi, ricordi che lo rendono pesante.

Rimane in silenzio, finendo di fumare la sigaretta con lo sguardo sulle luci della città e la testa ancora appoggiata a quella dell'altro.

"Domani mi porterai a fare un giro?" chiede Fil ad un tratto, per smorzare un po' quell'atmosfera nostalgica. "Sai, tipo un giro nella tua vita prima del successo, ma soprattutto prima di avere un fidanzato di successo..." inizia a scherzare facendoglisi più vicino e guadagnandosi un pizzicotto sul fianco.
Oltre ad un sorriso di Einar. Bellissimo, anche nel buio della notte.

Come sopra un ring (Eiram)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora