Con l'oroglio che uccide quello che voglio

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*

"Adesso io e te parliamo."

La pretesa di Filippo echeggia nell'aria, ferma un po' il tempo e Lorenzo sostiene il suo sguardo per un lungo attimo. Poi torna a guardare davanti a sè e prende un tiro dalla sigaretta.

"Non dovevi essere a pranzo, tu?" gli risponde, quindi, piegando le gambe e posando il gomito sul ginocchio, lasciando rotolare una nuvola di fumo via dalle labbra.

"Non ho fame" scrolla le spalle Filippo. Gli si siede esattamente davanti, cosicché Lorenzo non possa sfuggire al suo sguardo, ma che, anzi, possa guardarlo e vederlo davvero -e magari smettere di ignorarlo. Appoggia la schiena alla ringhiera nera del balcone e incrocia le gambe all'indiana, gli stivaletti che tintinnano contro le piastrelle.

"Mi dici cos'hai, Lori?" gli chiede, con così tanta dolcezza che Lorenzo ha paura di vacillare: non se la merita, la sua comprensione, perché sta dando di testa da un giorno, sta facendo delle scenate esagerate. Eppure, nonostante tutto Filo riesce a preoccuparsi di come sta.
Anche se lui non riesce a gestire la rabbia, anche se si sente così incazzato col mondo che-

Filippo gli sfiora il polso con la mano, piega un po' il capo da un lato ed aggancia il suo sguardo. Finalmente gli occhi dell'amico -così freddi, di ghiaccio- gli scivolano fin dentro allo stomaco. E lui, che forse, così, non li ha nemmeno visti mai.

"È per Einar?" prova ancora, col cuore che batte tanto forte che pensa possa sentirlo tutta Roma.
Non ha mai percepito Einar come un ostacolo alla loro amicizia, anzi. Lorenzo era stato l'unico a sapere cosa gli stesse frullando per la testa quando aveva capito che, beh, Einar non era il solito qualcosa da fare o il solito modo per sfogarsi e smettere di pensare. Ed era stato Lorenzo stesso che lo aveva praticamente spinto tra le braccia del cubano, con quel sorriso che lo faceva sentire rassicurato, che gli faceva capire che per qualsiasi cosa sarebbe stato il suo paracadute, anche se si fosse lanciato dalla vetta più alta e pericolosa di tutti i pianeti dell'universo. E allora: perché si stava comportando così, perché stava palesemente reprimendo la sua rabbia e il suo nervosismo? Per cosa?

"Non è per Einar, Fil. Cioè, è per Einar ma non è per Einar. Capisci?"

"No" risponde Filippo alzando il sopracciglio con aria confusa.
E tutti e due provano a far scivolare via una risata, con Filippo che disegna col pollice dei piccoli cerchi sul braccio di Lorenzo, come a volerlo tranquillizzare.

"Non lo so perché mi sia venuta addosso tutta questa rabbia, Fil. Non lo so proprio" fa un grosso sospiro il videomaker, poi abbassa di nuovo la testa, iniziando a fissare le mattonelle del pavimento "so solo che non riesco a gestirla ed esce, anche se io vorrei trattenerla."

"Va bene, Lori. Ci sta, a volte, essere incazzati col mondo e non avere un'idea precisa del motivo. Ma devi parlarmi, altrimenti come posso capire cosa non va? Che qualcosa non vada l'ho capito da ore. Ma cosa non posso capirlo, se non mi aiuti."

Lorenzo vorrebbe nascondere ancora di più la testa tra le gambe: si sente così assurdamente compreso da Filippo che quasi fa male. Perché, invece, non può arrabbiarsi con lui e gridare e dargli un pugno? Non se la merita, la sua accondiscendenza, diamine.

"Ho mandato a fanculo Einar" confessa, allora, con la sigaretta ancora tra le dita.
E davvero, davvero la risata di Filippo come risposta no, non se la sarebbe aspettata. Quella risata che lo colpisce sulla nuca e gli scivola giù per la schiena.

"E quindi?" ride Filippo "sai quante volte ce lo mando io?" sdrammatizza ancora, lasciando scivolare le dita dal braccio fin su alla spalla, poi sotto al suo mento.
"Mi guardi? Lori..." chiama piano, preoccupato dalla strana reazione dell'amico, che fa forza e non tira su il viso. Ma lui persevera, rimane immobile, le dita ancora lì.
"Non ti ho mai visto così..."

Come sopra un ring (Eiram)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora