Quando torna la paura e non so più reagire

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Il ticchettio dell'orologio lo sta facendo uscire totalmente di testa. Scandisce il tempo in questo modo così fastidioso che davvero, davvero, questa notte Einar non può sopportare.
Non riesce a prendere sonno, sta fissando il soffitto da non sa nemmeno quanto, col fischio del vento che continua a distrarlo quando cerca di arrivare a capo di un pensiero. Allora poi deve ricominciare, e sbuffa e si sistema meglio le coperte. Si gira e poi si rigira come non fa praticamente mai, quando dorme con Filippo. Anche perché, di solito -sempre, insomma- dormono appiccicati, amorevolmente spalmati uno contro l'altro, coi cuori che battono - in quel modo così romantico- all'unisono.
Invece stanotte è diverso: quando sono rientrati dalla cena, Filippo ha accennato un sorriso, si è cambiato e hanno diviso il bagno per prepararsi per andare a letto, buttando lì qualche parola, qualche conversazione tristemente vuota, nonostante la bellissima giornata che hanno passato e i momenti che hanno condiviso.
Si sono buttati sul letto, hanno acceso un po' di tv e hanno fatto qualche battuta su come il francese fosse incomprensibile. Sono rimasti lì, sdraiati così, assieme, incastrati uno tra le braccia dell'altro, vicini, ma paradossalmente lontani, intrappolato ognuno nei propri pensieri.
Filippo è finito in una rete strettissima e non riesce a districarsi dai continui brutti ricordi che gli vengono su. Sono come vomito e lui non riesce a bloccare i fastidiosissimi conati. Einar, invece, si sente fluttuare tra un dubbio e l'altro, scivola su una certezza e poi torna ostaggio di quell'ambiguità che ha percepito a tavola, solo qualche ora prima.
E sembra tutto così lontano: il tramonto abbracciati, il massaggio in quella stanza con la musica rilassante -e Filo che è riuscito addirittura addormentarsi sotto il tocco sapiente della massaggiatrice-, fare l'amore nella piscina di acqua termale, le prese per il culo per la tisana -era tarrasco o tarassaco?-, la ratatouille e il dolce, che alla fine, hanno saltato, optando per un caffè.

Einar sospira piano, adesso che sono lì, senza stare abbracciati, lui a pancia su, con gli occhi rivolti al soffitto e il cuore pesante, e Filippo voltato su un lato, che gli da le spalle, raggomitolato come se desiderasse proteggersi dai brutti pensieri.
Einar lo sa, che Filippo non sta dormendo, ma sta fingendo di farlo. Riconosce il modo in cui il suo respiro muta quando scivola nel sonno, quando si fa più profondo e più regolare, ed ora invece sembra quasi che Fil trattenega dei sospiri e cerchi di accartocciarsi più su se stesso, piegando meglio le ginocchia.

Einar si passa la mano sugli occhi, si stropiccia il viso con un movimento frustrato, sente il vino bruciargli lo stomaco e sa che è tutta una questione di nervoso.
Come se non l'avesse vista, tornando dal bagno, la mano di Sara ricalcare le dita di Filippo. Il suo Filippo, insomma. Vogliamo o no, ristabilire le gerarchie? Cazzo.
Gli ha dato così fastidio che avrebbe voluto spingerla giù dalla sedia, ma poi si è ricordato che lui è un signore e che, dopotutto, era lì solo come un collega. Null'altro.
E ci sta provando davvero, a tacere con Filippo, a non dare voce a tutti i dubbi che sente dentro e alle paure che iniziano ad agitarsi in lui.
È geloso ed impaurito, e forse è per questo che adesso apre bocca.

"Filo" chiama mordendosi le labbra, come volesse fermare il cuore che batte prepotentemente.
Riceve il silenzio, come risposta e sbuffa, perché lo sa, lo sa che non sta dormendo.

"So che sei sveglio, Fil" dice quindi e deve aspettare solo qualche secondo per sentire il fruscio delle coperte e vedere Filippo voltarsi a pancia su, con un sospiro.

"Sono sveglio, sì. E so anche di cosa vuoi parlare" fa Fil, con quella voce più graffiata del solito ed immensamente stanca.
E ad Einar dispiace sentirla così: lui vorrebbe che la voce di Filippo fosse meno esausta, soprattutto dopo la giornata che hanno passato insieme, dopo la cura che hanno messo in ogni dettaglio per ritrovarsi e tornare a stare bene. È molto innervosito da come ogni ostacolo si infili in mezzo al loro cammino e li faccia inciampare. Continuamente.
Bisogna per forza soffrire così tanto, per essere liberi di amare qualcuno?

Come sopra un ring (Eiram)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora