Vienimi a prendere al più presto perché qui diluvia

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Filippo è sempre stato affascinato dai temporali notturni, lo hanno sempre rilassato, soprattutto durante le sue sessioni di scrittura, quelle con una sigaretta tra le dita e con la testa piena di pensieri: gli piace ascoltare il rombo dei tuoni lontani, che pian piano si avvicinano, gli piace quel rumore, gli ricorda qualcosa, anche se non sa esattamente dire cosa. Non sa catalogarlo. Un po' come tutte le emozioni che prova, insomma. Un po' come tutta la sua vita.
Un fulmine squarcia il cielo ed illumina a giorno la città deserta, strade vuote, persiane chiuse, auto parcheggiate. Gli piace quella luce accecante, che per un attimo gli fa scordare di essere chi è, che lo fa staccare dalla realtà. Ma poi arriva il tuono e lo riporta bruscamente al mondo, col quel tonfo assordante che boom si sprigiona all'improvviso.
Piove forte, davvero forte. In quel silenzio, Filippo può sentire ogni goccia cadere, spaccarsi sull'asfalto, esplodere. Forse vorrebbe essere sotto questa pioggia. Forse vorrebbe essere queste gocce o forse si sente proprio come loro: così decise a cadere, così intestardite ad andare avanti nonostante gli ostacoli che incontrano sul loro breve percorso. Sì, forse.
Posa le dita sulla vetrata fredda, preme l'indice in corrispondenza di una goccia più grossa, che adesso scivola giù, incrociando il proprio cammino con quello di un'altra: la ingloba, e lui si sente proprio così, come quella goccia più piccola inglobata da qualcosa di troppo grande per poter opporre resistenza, a cui potersi ribellare.
Come il suo amore per Einar. Che fa così male, a volte. Cazzo.

Che la vita li avrebbe presi a schiaffi, lui ed Einar lo avevano capito fin da subito, fin dal primo momento della loro esistenza, chi per un motivo, chi per un altro.
Che sarebbe stata una continua battaglia sul ring e senza esclusioni di colpi, una vita fatta di lividi e botte, che ogni botta avrebbe fatto male e che non avrebbe avuto il tempo necessario per guarire, prima di essere rimpiazzata da un'altra - beh, avevano capito piuttosto presto pure questo.
E di conseguenza, avevano potuto comprendere che anche la loro relazione sarebbe stata giocata su un ring, in una battaglia lunga quanto un'esistenza. Fin dalla prima volta che si videro, che i loro sguardi si incrociarono, avevano dovuto lottare per mantenere il contatto visivo, dato che era stato subito interrotto da qualcuno che si era messo in mezzo - Filippo non ricorda nemmeno chi fosse.
Avevano avuto modo di capire che non sarebbe stato facile anche in quel vicolo di Roma, in quel loro primo bacio, dopo una notte passata tutti insieme e poi, loro due, rifugiati nella stradina buia e deserta, per baciarsi finalmente, per dichiararsi qualcosa che sentivano dentro da troppo e che faceva male, tanto male per essere trattenuta dentro.
Anche nelle settimane successive si erano resi conto di quanto dovessero lottare contro tutto, per ritagliarsi un po' di tempo, nel loro incessante cercarsi e bisogno di sentirsi vicini, continuamente interrotto dalle persone che gli gravitavano attorno, così inconsapevoli ed ignare di ciò che stava crescendo loro dentro. E così era diventata la notte, la loro parte preferita in assoluto della giornata: la notte, nel buio, protetti dalle tenebre e al riparo dagli sguardi degli altri, dalle paure, da tutto ciò che potesse allontanarli. Nascosti, sotto quelle coperte, abbracciati così stretti senza la necessità di respirare, perché avevano lì - in quello spazio microscopico - tutto ciò che necessitavano. Poi era arrivato il serale, la divisione in squadre diverse, il loro legame che era stato spezzato. Avevano ricevuto quel pugno improvviso, che per giorni li aveva lasciati così, storditi dalla mancanza uno dell'altro, seduti sul bordo di quel ring senza che riuscissero a reagire.
Filippo non ricorda con particolare piacere quei primi giorni in squadra bianca: aveva consolato Einar subito dopo l'ultimo pomeridiano, lo aveva baciato dolcemente grazie alla complicità di Maria che gli aveva regalato qualche minuto per salutarsi. Ma lui, chi lo avrebbe consolato? Si era sentito come se gli avessero amputato gli arti, così all'improvviso, senza Simone e senza Einar. Boom, nudo in mezzo a questo ring a prendere un sacco di botte, soprattutto dopo il primo serale. Quante lacrime, quanto senso di incapacità ed inadeguatezza che gli aveva bruciato addosso: lui e quel cazzo di duetto, che non aveva azzeccato mezza nota e i pareri dei professori che gli avevano spezzato la schiena e che lo avevano piegato per quei lunghi minuti di pianto. Crollato, così, davanti a tutti, davanti a chiunque, ma non davanti ad Einar. Se solo ci fosse stato Einar...
E via così, in balia delle settimane passate distanti, di quei sabato sera che no, cazzo, non bastavano per tenersi assieme - troppi dubbi, troppe paure, sentimenti confusi e quell'amore che stava crescendo, che traboccava in loro. Via così, con tutto ciò che gli faceva male, che faceva male anche ad Einar, in quei piccoli abbracci che riuscivano a rubare durante le dirette, con quella speranza che gli era nata dentro al sapere che sì, avrebbero finito l'avventura insieme: ma lì un altro pugno, in quei giorni divisi, a bramare uno la compagnia dell'altro, Filippo a sclerare da una parte ed Einar dall'altra (ma quando viene Irama?). Sebbene fosse stato solo un piccolo ostacolo - nulla di insormontabile - per loro era stato insopportabile. E poi, beh, c'era stato tutto il resto: l'estate a correre da una parte all'altra e ad incontrarsi non appena riuscivano, ognuno incastrato nella propria musica, nel proprio lavoro, la frustrazione di non riuscire a stare assieme, quegli impegni lavorativi che li ingoiavano e che, soprattutto a Filippo, avevano tolto ore di sonno, fino a renderlo nevrastenico. Ed era stato lì che Einar gli aveva praticamente imposto uno stop.
Il loro ring, poi, ultimamente si è fatto affollato di avversari. Che quando Einar è alle corde, Filippo vorrebbe stendere chiunque salga lì sopra, chiunque voglia fargli del male - ché alla fine, loro due possono ferirsi quanto vogliono, ma nessun altro può osare farlo.

Come sopra un ring (Eiram)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora