(2 di 2) Stringiamo il mondo a tal punto da fargli perdere i sensi

646 61 39
                                    


Seconda parte

*

Fischio.
Un insopportabile fischio nelle orecchie. È assordante, lo stordisce. Lo infastidisce perché gli fa scoppiare la testa.

Caldo.
Il caldo del sangue che gli cola sul mento, fino alla gola, in rivoli ferrosi e viscidi.

Nausea.
La nausea che gli prende lo stomaco e gli fa risalire ciò che ha mangiato alla gola, vendetta di una cena poco salutare.

Freddo.
Il freddo del vento che continua a soffiargli addosso, che si scontra con i vestiti bagnati e troppo leggeri per una notte d'inverno.

Filippo apre e chiude gli occhi per cercare di mettere a fuoco ciò che lo circonda. Per cercare di capire.
È stato un attimo, un attimo solo e si è ritrovato steso a terra invaso -senza permesso- da un dolore lancinante. Anzi, no. In realtà prima ha compreso di essere sdraiato a terra, senza aver capito, però, come esserci finito. Solo dopo è arrivato il dolore, così forte e bruciante che gli ha inumidito gli occhi di lacrime che, questa volta, si rifiuta di lasciare andare.
Cazzo.

Einar gli ha dato un pugno?
Einar mi ha dato un pugno.
Einar mi ha davvero dato un pugno?

Merda. Fa anche malissimo. E Filippo, di pugni, ne ha già presi nella sua esistenza, ma non in maniera così... insomma, non da così impreparato. E soprattutto senza c'entrare niente.

Si sente tirare su con forza, schiacciato dalla pressione come quando decolla in aereo.
La testa gli gira fastidiosamente insieme a tutto il giardino intorno a lui, un giardino fatto di luci e visi sconosciuti: gli vortica attorno, è come essere su una giostra. E lui, le giostre, le ha sempre detestate. Con quel cazzo di peluche da afferrare per vincere ancora un giro. Mai preso.
Un attimo dopo si rende conto di essere premuto contro il muro, con due braccia che lo reggono malamente e gli occhi di Einar puntati nei suoi.

"Filo" chiama "Filo, tutto ok?"

Che cazzo di domanda sta facendo?
Einar non lo ha fatto apposta, non può averlo fatto apposta, non colpirebbe mai Filippo. Cioè, a volte ha avuto voglia di darglielo, un bel pugno sulla sua faccia da cazzo, ma una questione è pensarlo, un'altra è farlo.

"Fil" continua cercando di tamponare con la manica il sangue che gli cola sul bel viso "Fil."

"Dobbiamo andarcene" risponde, invece, Filippo sentendo la testa che un po' sta tornando lucida "Einar dobbiamo andarcene. Se ci beccano..."

Se ci beccano, sì. Se ci beccano, se ci riconoscono, se finiamo sui giornali. Ricorda dove siamo, ricorda chi siamo, ricorda che siamo insieme. Siamo io e te, Einar, in una discoteca gay, invischiati in una rissa.
Filippo porta la mano nella sua, anche se gli trema leggermente. Lo fissa dritto negli occhi.

"Adesso corri, Ein."

*

Einar si è infilato in una stradina secondaria, poco illuminata e stretta. Mentre voltava per entrarci, ha preso in pieno una pozzanghera con il piede e si è bagnato i pantaloni fino al ginocchio.
Hanno corso per un bel pezzo: in realtà, in alcuni momenti si è letteralmente tirato dietro Filippo, che un po' ha arrancato, scivolando sull'asfalto umido, ancora intontito.

Non appena si fermano, Filippo si piega in avanti cercando di riprendere fiato, stordito dalla fuga e dal pugno. Si appoggia al muro sentendo le gambe molli, che non lo reggono. Cazzo.
Viene su, viene su un fiotto di nausea e lui non riesce ad imporsi: con una mano sullo stomaco vomita la cena, in un angolo, tossendo. Gli sembra di non fare altro, ultimamente.

Come sopra un ring (Eiram)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora