30. Perdonami

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Washington DC, una settimana dopo
Io e Piper siamo appena atterrate all'aeroporto di Washington e siamo dirette in hotel per riposare, visto che il viaggio è stato stancante, ma anche perché domani sarà una giornata pienissima e stressante.
Prima e durante il volo, nessuna delle due ha parlato, se non per questioni strettamente importanti, c'è tensione tra noi ma alla fine ci basta raggiungere l'hotel per poi dividerci nelle rispettive camere.

Da quando siamo partite, però, qualcosa non mi fa stare tranquilla, Piper è strana, ha le guance arrossate, gli occhi lucidi e sembra stia in piedi per miracolo.
«tutto bene?» le chiedo improvvisamente, mentre aspettiamo un taxi, fuori dall'aeroporto
«certo» risponde lei, guardandosi intorno e strizzando gli occhi, come se avesse un forte mal di testa.
Non le credo, non sta bene, ma alla fine penso si tratti semplicemente di stanchezza, oppure è colpa dei vuoti d'aria durante il volo, credo l'abbiano spaventata perché ricordo che, involontariamente, ha stretto per un secondo la manica della mia camicia. Io, in tutto ciò, ho fatto finta di dormire, in modo tale da evitare un'eventuale discussione su questo episodio.

Dopo una mezz'ora, arriviamo in hotel, anzi in un grand'hotel, davvero spettacolare, nel cuore della città, con una hall da mozzare il fiato, posso solo immaginare come saranno le camere ed io non vedo l'ora di salire e potermi rilassare in pace.
Alla reception ci danno finalmente le chiavi, la mia camera è la 101, quella di Piper è la 103.
Raggiungiamo, infine, l'ascensore, questa volta senza valigie perché un ragazzo del personale le ha già fatte portare nelle rispettive camere e ci apprestiamo a salire.

«non credo di sentirmi bene» mentre saliamo, Piper ammette di non sentirsi bene e si porta una mano alla fronte
«ora ti riposi, è stato il viaggio a stancarti e anche lo stress» le rispondo io freddamente, non guardandola.
«mi gira la testa» insiste lei, appoggiandosi alla parete dell'ascensore, mentre io, preoccupata, mi giro e la guardo, cercando di capire quale fosse il problema.
Ad un tratto le squilla il cellulare e lei risponde, con voce rotta «Larry, ciao» io, senza farmi vedere, alzo gli occhi al soffitto dell'ascensore, visibilmente infastidita da quell'idiota del suo fidanzato, dovrebbe sapere che la sua ragazza è in viaggio per lavoro, non in villeggiatura «sì, sto bene, un po' stanca ma adesso vado a riposarmi» bene, potresti staccare la chiamata adesso? Giuro che potrei prendere quel telefono da un momento all'altro e romperlo in mille pezzi a suon di pedate!
«...d'accordo, ciao tesoro» tesoro? Qualcuno mi dia un secchio che sto per vomitare. Che schifo.

Arriviamo vicino alle nostre camere e finalmente ci dividiamo. Stare da sola con lei è diventato complicatissimo. Mi mancava l'aria e mi sentivo avvampare, però nello stesso momento, mi dava un senso di pace e tranquillità che non provavo da un po', da fin troppo tempo e devo ammettere che mi mancava. Anzi è lei che mi manca, mi manca tanto ma il ricordo di quell'articolo è ancora vivo nella mia mente e nel mio cuore ancora spezzato.
Non posso dimenticare ciò che praticamente mi ha uccisa.

Finalmente entro nella mia suite e rimango letteralmente a bocca aperta: un'ampia stanza dalle pareti color rame si apre davanti a me, con una moquette rossa che ricopre l'intero pavimento e con delle travi in legno, una parallela all'altra, che caratterizzano il soffitto. Non avrei mai detto che in un grand'hotel come questo, le suite fossero in stile rustico, quasi accogliente direi. Non potevo capitare in un posto migliore. Ho sempre adorato lo stile rustico, piuttosto che quello moderno o lussuoso, mi trasmette un senso di casa anche quando a casa non sto, visto che sto in un hotel.
Il letto a baldacchino domina il fondo della camera, vicino ad un'ampia vetrata che affaccia su un terrazzo abbastanza grande.
Nei pressi del letto, ci sta un divano e qualche poltrona, mentre il bagno, munito di doccia e vasca, si trova sul lato sinistro, dopo aver percorso un breve corridoio .
Decido subito di infilarmi sotto la doccia per cancellare qualsiasi residuo di stress e rilassarmi, in attesa della giornata di domani, che immagino sarà molto pesante.

Dopo due ore, ho finalmente finito di sistemare i vestiti nell'armadio, mi sono legata i capelli e mi sono messa dei panni comodi: una t-shirt abbastanza lunga e un pantalone di una tuta, attillato e grigio. Ora finalmente posso riposare, leggendo un bel libro.
In realtà, però, appena mi sdraio sul letto, sento qualcuno bussare alla porta, mi alzo, infastidita, e vado ad aprire.
Davanti a me trovo Piper, ancora rossa in viso e con un'espressione sofferente
«hai un termometro? Sto troppo male» ok, non è né lo stress e né il viaggio, credo davvero che Piper abbia la febbre.
La lascio entrare dentro, chiudendo la porta e le tocco immediatamente la fronte «sei bollente, è da stamattina che stai così, ti ho chiesto un paio di volte come stessi e tu te ne sei altamente fregata!» alzo la voce e noto che lei chiude subito gli occhi, sofferente
«non urlare, per favore» mi risponde, sottovoce
«hai la febbre, hai portato almeno qualche medicinale? Ovviamente no, che domanda stupida» dico ancora, allontanandomi da lei e cercando, tra le mie cose, il kit di pronto soccorso «siediti» le ordino poi, facendole segno di sedersi sul letto.
Io, intanto, prendo una bustina di aspirina e gliela verso in mezzo bicchiere d'acqua «bevi, subito» le dico con tono deciso, porgendole il bicchiere.
Lei lo prende, se lo avvicina ma poi lo allontana subito, disgustata
«ehw...puzza!» lamenta infatti
«ma bevi e stai zitta!» le rispondo io, innervosita per la sua esitazione
«no»
«muoviti»
«no»
«muoviti!»
«ti ho detto di no!»
senza volerlo, mi scappa un leggero sorriso, Piper è così tenera quando vuole
«tieniti la febbre allora» le rispondo poi, riprendendo il controllo di me stessa e tornando al mio kit, per poi riposarlo in valigia.


«hey l'ho finita» mi dice dopo un po' Piper, con un'espressione che se avesse potuto vomitare da un momento all'altro, l'avrebbe fatto senz'altro
«dopo 15 minuti, spera che non abbia perso l'effetto» le rispondo esasperata, chiudendo il libro che avevo iniziato a leggere aspettando che lei finisse di bere la medicina «adesso torna nella tua camera e cerca di dormire».
Lei però non si alza dal mio letto, anzi
«posso restare con te? Ti prego» mi chiede infatti, totalmente indebolita per via della febbre.
Io la guardo perplessa, chiudo gli occhi e annuisco «va bene, però adesso mettiti sotto le coperte» le dico, avvicinandomi al letto e scoprendolo, per poi aiutare Piper a coricarsi.

«grazie» mi dice dopo qualche minuto di silenzio, mentre io accendo il mio pc portatile e lo appoggio sull'altra metà di letto, non occupato da Piper «grazie anche per quella volta quando persi il file per Figeroa»
«non so di cosa stai parlando» le rispondo io, guardando il display del computer, sapendo, in realtà, fin troppo bene a cosa stesse alludendo visto che le ho evitato un brutto quarto d'ora con Natalie
«sì che lo sai!» urla lei, alzando il busto e appoggiandosi allo schienale del letto, sedendosi
«che fine a fatto la tua febbre?» le chiedo con un sopracciglio alzato, tornando finalmente a guardarla negli occhi
«che problema aveva Ruiz?»
«editoria, non è il tuo ambito»
«le serviva proprio Figeroa?»
«sì»
«non potevi aiutarla tu?»
«no»
«mmh...».
Io la fulmino con lo sguardo mentre lei sorride divertita, le sue guance stanno tornando ad un colorito normale e i suoi occhi sono più vivi, la febbre è decisamente scesa, menomale.

«puoi guardarmi un attimo?» mi chiede poi, seriamente, poggiando la sua mano sulla mia «Alex...».
Io alzo lo sguardo e fisso i suoi occhi azzurri che non smetterò ma di amare «ti chiedo scusa, non era mia intenzione scrivere quelle cose, avevo proposto a Wolf un altro argomento ma lui lo ha rifiutato categoricamente, perché non era abbastanza violento» mi parla guardandomi fissa negli occhi, sicuramente non mi sta mentendo «tu non hai idea di come io mi sia sentita male in quei giorni, ma capiscimi, era per mio padre» io mi guardo intorno, sto cercando di mantenere la calma e di non scoppiare d'ira «ho bisogno di te, ho bisogno del tuo perdono, ti prego Alex, ti prego perdonami» dice infine, stringendo le mie mani

«ti prego».


Spazio autrice
Bene, siamo forse alla resa dei conti? Mmmh chissà se Alex perdonerà Piper, voi cosa dite?
Fatemi sapere le vostre opinioni!!
MihaVause

Everything else was just backgroundDove le storie prendono vita. Scoprilo ora