7. Che mi succede?

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Quella stessa notte ho dormito poco e male, mi giravo e rigiravo nel letto in preda ad un'inspiegabile agitazione, non vedevo l'ora che il sole sorgesse, stava diventando una tortura e io continuavo a non capire cosa cazzo mi stesse succedendo.

Finalmente le prime luci dell'alba illuminano una New York fredda ma sempre attiva, non ci penso due volte ad alzarmi immediatamente dal letto e a fiondarmi in bagno.

Anche se il termometro fuori misura 3 gradi questa mattina, ciò di cui ho assolutamente bisogno è una doccia fredda, freddissima sia perché mi sento ancora sporca dopo la serata di ieri e sia perché devo in qualche modo scuotermi, devo tornare in me perché è chiaro come il sole che qualcosa in me non va, ultimamente.

Mi spoglio, entro nella doccia e finalmente l'acqua gelida spazza via tutti i miei tormenti.
O forse no.

Appena chiudo gli occhi, infatti, ecco che rispunta di nuovo lei, ecco che rispuntano di nuovo quei dannati occhi azzurri, ecco che mi ritrovo in un vortice senza via d'uscita.

«no, no, no, non è possibile, non è assolutamente possibile» mi ripeto in continuazione «i-io non posso provare determinate sensazioni, io sono un blocco di marmo» voglio convincermi con queste parole, devo riuscirci, altrimenti finirò per impazzire.

«accidenti a lei!» urlo, tirando un pugno contro le mattonelle del bagno.

Esco, poi, dalla doccia e torno di nuovo in camera da letto per prepararmi ad una nuova giornata di lavoro. Decido anche di fare colazione a casa, nulla batte la comodità di casa propria e quindi preparo un paio di pancakes e una bella tazza di latte.

«forza Alex, la giornata è iniziata bene» mi do forza da sola, so che questo momento di stallo passerà subito, non mi devo assolutamente preoccupare.
Dopo una mezz'ora abbondante, arrivo in azienda, saluto Jessy come ogni mattina e mi chiudo nel mio ufficio «speriamo che sia una giornata tranquilla» penso, accendendo il computer.

Poco dopo, il telefono sulla mia scrivania squilla e senza togliere la penna dal foglio rispondo «dimmi Jessy»
«miss Vause, Chapman è qui fuori, dice che ha un appuntamento con lei» mi comunica la mia segretaria.

Cazzo, me ne ero completamente dimenticata! Chiudo gli occhi, mi porto una mano alla fronte e le rispondo «certo, falla entrare».

Brava Alex, davvero brava, ti faccio i miei complimenti, deficiente che non sei altro!

Ecco, queste sono state più o meno le parole che mi si sono ripetute in loop nella mia testa per non so quanto tempo.
«permesso?» la voce di Piper mi riporta alla realtà, sta entrando con discrezione
«prego, Piper, entra» la invito dentro, togliendomi gli occhiali e appoggiandoli sulla scrivania.
La bionda entra e mi tende la mano, sedendosi sulla solita sedia in pelle di fronte a me.
«ma come? Ieri mi porti quasi all'esasperazione e adesso fai la timida? Ti prego smettila» le dico ridendo
«tu mi chiami nel cuore della notte per poi chiudermi il telefono in faccia, chi sta messa peggio?» risponde lei a tono, ridendo, ma ridendo davvero di gusto e io non posso fare altro che ammirarla in tutta la sua semplicità.

«allora andiamo al dunque» inizio a dire, rimettendomi gli occhiali «non mi fare alcun tipo di domanda, ti dico semplicemente che essendo tu una laureata allo Smith College, mi sembra giusto che faccia esperienza di tirocinio in ambito giornalistico» lei mi guarda, facendo attenzione ad ogni parola che dico «il settore giornalistico della mia azienda è uno dei migliori in circolazione, mi metterò in contatto con il direttore e ti assegnerò un tutor» i suoi occhi brillano di felicità e un sorriso è praticamente esploso sul suo volto.

Everything else was just backgroundDove le storie prendono vita. Scoprilo ora