Le luci colorate che intravedevo sulla sponda opposta del lago, situata proprio di fronte alla finestra della mia camera d'albergo, sembravano delle piccole lucciole tra gli strani giochi di bagliori e ombre delle imperiose figure degli alti alberi alle loro spalle.
Le fissavo stupita, d'altronde era la prima volta che assistevo ad un simile spettacolo.
Mi persi anche nel osservare gli stessi chiarori specchiati nelle scure acque del lago che sembravano fungere da stelle e, assieme alle leggere onde che increspavano il mare e visibili grazie allo scintillio causato dalla lucentezza della luna di quella sera, mi sentivo ospite di una sera con due cieli, che sembravano specchiarsi a vicenda.
E mentre mi intrattenevo con quella spettacolare vista notturna, concentrando la mia attenzione sul rumore flebile delle onde, ripensai alla giornata che mi ero lasciata alle spalle.
Alla fine della mattinata in piscina, dove fortunatamente non dovetti né dare giustificazioni né imbattermi in Brianna, pranzammo nella mensa dell'albergo, anche essa di notevoli dimensioni.
Notai con stupore il numero di persone che sedevano nei tavoli vicini e quanto con una solo occhiata potessi intuire la loro nazionalità differente. Ma con gioia potei affermare la presenza di molti italiani, che con il loro eccessivo carisma - e tono di voce - erano facilmente riconoscibili e contagiavano con la loro estroversa personalità.
Per tutta la durata del pranzo, parlai amorevolmente con Niall e Harry - non notando di essere ascoltata anche da altre orecchie- che mi fecero domande in più, senza apparire ai miei occhi invadenti ma semplicemente curiosi , riguardo la mia vita in orfanotrofio e sul mio modo di condurre la mia adolescenza al suo interno.
Le loro espressioni erano per lo più stupite, infatti li trovai molto mal informati riguardo le regole, gli atteggiamenti e le usanze tipiche di un orfanotrofio. Loro tendevano a dipingerlo più come un libro di Stephen King, dove si respirava solo malinconia, rigidità, paura, solitudine e l'abbandono nella sua forma più crudele.
Fui molto lieta di alleggerire ogni loro dubbio, oltre che abbastanza interdetta per i loro pensieri negativi a riguardo.
E loro furono davvero gentili nel farmi le domande più discrete, senza toccare punti dolenti come i miei genitori, il fatto di non essere mai stata adottata o i vari incubi del passato che mi portavo dietro, di cui però non erano a conoscenza, ma che potevano inavvertitamente scoprire nel caso in cui avessero posto la domanda sbagliata.
Ovviamente non poteva mancare il solito commento di Briana, la quale credevo mi avrebbe semplicemente ignorato, ma che invece volle dire la sua persino riguardo il luogo dove sono cresciuta, esclamando un "Bhe, ora però puoi smetterla di pensare a quel fetido posto di clausura, visto che sei passata dalle stalle alle stelle"
L'occhiataccia che le riservai fu fredda e distaccata, cercando di farle intendere che la sua parola fosse stata irrilevante, dato che non conosceva il luogo da cui provenivo e quindi non sapesse a cosa esattamente si stesse riferendo.
In più, io avrei volentieri provato a gestire intimamente il suo desiderio di deridermi o prendermi in giro - magari riuscendo anche a non darle ascolto- , ma toccare punti così importanti per me, come la mia prima famiglia e le persone che mi avevano accolto a braccia aperte, dedicando anima e corpo alla mia salute, istruzione ed educazione, senza chiedere niente in cambio e accettandomi per quella che ero, era fuori questione.
Però compresi che le sue parole avevano il solo scopo di ferirmi non solo per la loro evidente base non fondata, ma anche per il suo sguardo che voleva trasmettermi il chiaro messaggio di quello che pensava di me.
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Daughter || L.T.
FanfictionAbby Hamilton. Una ragazza di 16 anni, orfana, con un passato malinconico. Ha vissuto per 12 anni nell orfanotrofio della città di Londra, fino a quando il famoso cantante degli One Direction, Harry Styles, non decide di adottare quella tenera, inno...