Perché le persone si aspettano sempre di ricevere da una persona, le stesse emozioni che provano per essa?
Di ricevere affetto, quando l'affetto non c'è.
Di ricevere gratitudine, quando non ci si accorge nemmeno per che cosa o a chi bisogni essere grati.
Di ricevere simpatia, quando in realtà dietro a quel sorriso apparentemente sincero, si cela la menzogna di una risata di scherno, di un'occhiata beffarda o di uno sgambetto derisivo verso la propria ingenuità.
Ma soprattuto, perché ci si aspetta tutto ciò da persone che si conoscono da poco?
Perché noi esseri umani ci aspettiamo sempre troppo, da persone che magari non ci meritano nemmeno?
Perché?
Perché?
Questa parola continuava a tormentarmi la mente mentre, presa da tutti questi dubbi, prendevo le salse per l'insalata e le disponevo sul vassoio, dove già avevo riposto la ciotola di vetro con dentro essa.
Gli altri ragazzi, assieme al Signor Styles, avevano già preso posto a tavola. Liam, seduto a capotavola, e Niall, seduto alla sua destra, cercavano di fare qualche battuta con l'intento di far sparire la tensione che, da quando avevo risposto al Signor Tomlinson per prendere le difese di Harry, aveva attanagliato l'aria, facendo calare un silenzio pieno di sconforto.
Ma tutti i loro tentativi risultarono vani.
Il Signor Tomlinson assomigliava più ad una statua di ghiaccio, che al ragazzo che quel pomeriggio aveva riso e conversato con me. Restava seduto sulla sedia di legno vicino al posto del capotavola occupato da una parte da Liam, mentre parallelo a lui vi era il Signor Styles. E con lo sguardo perso, le mani congiunte in un pugno e con i gomiti poggiati sul tavolo, in una posizione che mi trasmetteva rigidità e disagio, era assorto nei suoi pensieri e non accennava a far sparire quel cipiglio che gli oscurava il viso.
E appena feci la mia entrata nella sala da pranzo, sembrò destarsi dai suoi pensieri, e rivolse la sua attenzione su di me, scrutandomi con occhi tristi.
Io cercai di ignorarlo, poggiando il vassoio sul tavolo, di fronte al Signor Styles.
Una parte di me era convinta di aver fatto bene a rimproverare il Signor Tomlinson per aver gridato contro al Signor Styles parole così poco carine e non veritiere. D'altronde io adoravo il Signor Styles, era stato lui a darmi la possibilità di iniziare una nuova vita, invece che lasciarmi in orfanotrofio come avevano fatto molti prima di lui fino a quel momento; il suo comportamento non mi aveva ferito, d'altronde il lavoro è importante e soprattutto quello del Signor Styles che richiedeva tempo, passione e molta fatica, perciò la sua assenza quella mattina era ben giustificata e non mi rendeva per niente triste e arrabbiata con lui. Ciò che invece mi era difficile comprendere era il perché il Signor Tomlinson avesse dovuto essere così cattivo nei suoi confronti.
D'altronde cosa poteva sapere lui riguardo l'essere padre?
Come si permetteva di dettare giudizi, quando lui stesso avrebbe dovuto farsi un esame di coscienza?
Dunque, mi convinsi che le mie parole non furono eccessive, bensì che abbiano potuto sia far capire al Signor Styles della mia comprensione e sia far intendere al Signor Tomlinson che davanti a ingiuste azioni o parole false, solitamente non rimanevo in silenzio, ma cercavo di non far parlare le persone al mio posto, sia perché loro non sapevano che cosa io pensassi davvero e sia perché nonostante la mia timidezza, io sapevo difendermi ed esprimermi con sicurezza, qualche volta.
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Daughter || L.T.
FanfictionAbby Hamilton. Una ragazza di 16 anni, orfana, con un passato malinconico. Ha vissuto per 12 anni nell orfanotrofio della città di Londra, fino a quando il famoso cantante degli One Direction, Harry Styles, non decide di adottare quella tenera, inno...