Come le suore, le infermiere e quei pochi amici che mi erano stati accanto in tutti quegli anni in orfanotrofio mi avevano sempre suggerito, il miglior modo per controllare le emozioni negative o malinconiche che rischiavano di prendere il sopravvento era respirare profondamente.
Svuotare la mente da tutti i pensieri sconfortanti e debilitanti e concentrarsi invece sulla regolazione del respiro, convincendosi del fatto che il primo modo per superare un ostacolo o una situazione difficile era mantenere il controllo della mente soggiogando e mitigando gli istinti impulsivi.
Non è mai sbagliato seguire il proprio istinto, lasciarsi andare al volere delle proprie emozioni, ma alle volte ciò può rivelarsi infido, rischioso e persino letale.
Abbandonarsi agli istinti significava abbassarsi al livello degli animali, che si differenziano dall'uomo proprio per la loro mancanza di ragione.
L'uomo deve imparare a mantenere un equilibrio costante tra queste due frazioni: mente e cuore. Ma forse non era così facile come molti lasciavano pensare, forse era persino impossibile...
E per aiutarmi maggiormente a mantenere il controllo sulla seconda mi dovetti concentrare sulla respirazione diaframmatica, la stessa utilizzata dai cantanti e il primo modo con cui un bambino conosce il mondo appena nato.
Respirare dal naso, gonfiare la pancia, rimanere in apnea per quattro secondi ed espirare, sgonfiando la pancia.
Questi erano i procedimenti che si ripetevano ad oltranza nella mia mente, mentre mi avvicinavo a passo leggero verso la cornetta del citofono. Sembrava non volessi nemmeno ammettere che stesse davvero suonando, forse per evitare che il rumore infierisse nei i miei pensieri e convincesse la mia mente a tornare sui suoi passi, cambiando direzione e posticipando quel fatidico incontro.
Ma rimandare non sarebbe servito, e di questo ne ero amaramente consapevole. Prima o poi avrei dovuto incontrarlo, avere un confronto diretto e verbale con lui, senza alcun filtro a proteggermi o ad attenuare i miei sentimenti ed istinti che cercavo di reprimere.
E quando la mia mano afferrò inavvertitamente la maniglia della grande porta color avorio, mi accorsi che non vi era più tempo per i ripensamenti, per scappare come una vigliacca o per nascondere le mie vere emozioni.
Dovevo essere pronta.
Qualunque sarebbe stata la reazione di Louis, io dovevo cercare di rimanere neutra, imperturbabile come Socrate e concentrata nel mantenere il mio piano originale senza dare segni di insicurezza o cedimento.Ripresi il mio rituale di respirazione e come un mantra continuavo a ripetermi di dover contenere la mia agitazione, provando a convincermi del fatto che tutto quel male che gli stavo infliggendo fosse indispensabile per la buona causa che mi ero prefissa.
O almeno, speravo fosse così.Il rumore fastidioso del citofono mi ridestò dai miei pensieri e capii di dovermi sbrigare.
Era arrivato il momento fatidico.
In meno di qualche secondo, premetti il pulsante di apertura e mi affrettati a lasciare il mio rifugio protettivo per recarmi sullo spazio successivo all'ingresso e precedente ai gradini che conducevano alla ghiaia del giardino, dove lo attesi impazientemente.
Vidi la sua macchina fare il giro del grande cortile, circumnavigando la fontana centrale e le aiuole attorno, per poi fermarsi davanti alla mia figura.
Successivamente calò la celebre quiete prima della tanto temuta tempesta.
Una quiete ricca di tensione, di silenzio e di immobilità, dove non accadde nulla. Dove persino il tipico vento inglese aveva deciso di cessare il proprio movimento, come se volesse fare da spettatore al nostro incontro, curioso di scoprire i risvolti che ne sarebbero conseguiti.
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Daughter || L.T.
FanfictionAbby Hamilton. Una ragazza di 16 anni, orfana, con un passato malinconico. Ha vissuto per 12 anni nell orfanotrofio della città di Londra, fino a quando il famoso cantante degli One Direction, Harry Styles, non decide di adottare quella tenera, inno...