Chapter 20

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Dopo aver udito il rumore sordo della portafinestra del soggiorno che sbatteva violentemente, realizzai effettivamente della piega tragica che quella cena, pensata come momento di condivisione e di ringraziamento, aveva intrapreso.

Dentro di me sentii qualcosa incrinarsi, come se la fatica di quel pomeriggio fosse stata vana.
Come se il motivo per il quale avevo voluto prepararla, fosse stato completamente ignorato e messo in secondo piano.

Tenni per me quella profonda delusione, sentendomi anche abbastanza affranta dal fatto che probabilmente nessuno se ne fosse accorto, ma non era il caso di fare polemica.

Avevano altro a cui pensare di più importante del dispiacere di una ragazzina a loro estranea.

"Che idiota sono stato!"
Il Signor Styles iniziò a bisbigliare una serie di imprecazioni contro sé stesso e contro la sua incontrollabile rabbia che lo aveva spinto a dire parole tanto offensive, che sicuramente non aveva intenzione di pronunciare.

"Tesoro, calmati per favore..." cercò di rassicurarlo la Signora Styles, ma tutti sapevano che non sarebbe servito a molto.

"Come posso calmarmi! Ha ragione lui! Non so gestire le mie emozioni!" Continuava lui imperterrito, mentre si ravvivava i capelli ricci con fare nervoso.

"Harry" lo richiamò duro Liam "Sei non ti dai una calmata, giuro che vengo lì e ti tiro un calcio nelle palle"

Non potei non notare quanto la serietà di Liam nel dire quelle parole fosse ferma, ma nonostante il tono austero, la sua minaccia mi arrivò comunque velata della sua solita tranquillità, che pareva ammorbidirla.

Avvertii la sedia del Signor Styles spostarsi, probabilmente ha voluto sedersi per poter riacquistare la calma.

Io, intanto, non avevo ancora detto alcunché e non avevo nemmeno rivolto uno sguardo a qualcuno dei presenti. Mi ero limitata a fissare intensamente la porta dalla quale avevo visto uscire il Signor Tomlinson, sperando di poter vederlo di nuovo varcarla, magari con il volto contratto nel suo amichevole e grazioso sorriso.

In più, mi sentivo profondamente combattuta. Una parte di me voleva seguirlo, provare a confortarlo e magari chiarire la situazione che si era creata tra me e lui, ma la paura di non essere gradita, aveva ostacolato la mia intenzione.

Pensavo che desiderasse rimanere solo, così da scaricare la tensione in una sigaretta.
Ma provai ad immedesimarmi nella sua situazione e pensai che, se mi trovassi nella sua condizione, avrei gradito volentieri la compagnia di qualcuno con cui confidarmi e che mi consolasse laddove ero stata ferita.

Però il Signor Tomlinson non era me. Non potevo sapere che cosa lui pensasse o provasse, perciò mi ritrovavo al punto di partenza.

Tuttavia il mio corpo fremeva impaziente.
Volevo poter chiarire con lui, potermi scusare per non avergli dato la possibilità di motivare le sue azioni e per perdonarlo, e magari farmi anche perdonare.

Non potevo attendere ancora.
Dovevo sfruttare quell'occasione per potermi riconciliare con lui.

E se lui non avesse voluto la mia compagnia, avrei comunque fatto in modo di farmi ascoltare, almeno per comunicargli il mio dispiacere e perdono.

E se lui non avesse voluto ricambiare il mio perdono, sarei uscita da quel giardino e dalla sua vita, così da poter anche diminuire il rischio di altri eventuali errori. Ne sarei uscita distrutta, ma almeno mi sarei tolta quel grave macigno dalle spalle.

Trassi un profondo respiro, sentendo l'ansia e l'impazienza lottare tra loro per cercar di prevalere l'una sull'altra, e iniziai ad incamminarmi, sforzandomi di ignorare le domande e affermazioni di coloro che si trovavano alle mie spalle, e tentando di controllare il tremore alle gambe che mi stava assalendo.

Daughter || L.T.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora