34 - Ultimo respiro

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«Voglio venire con voi» annuncio al capitano, mentre percorre i corridoi occupati da piccoli gruppetti di persone. Lui si volta e scuote la testa, facendo ricadere alcuni ciuffi grigi sulla fronte. Non sembra contento della mia decisione, ma io non ho alcuna intenzione di mollare. D'altronde, quegli uomini hanno a che fare con la mia famiglia e se c'è un modo per chiarire tutto quanto, è quello di interrogarli di persona.

«No, signorina, lei non andrà da nessuna parte» protesta l'uomo davanti a me con tono severo. «È un'operazione a dir poco pericolosa e qualcuno potrebbe davvero farsi del male durante lo svolgimento. Vorrei evitare spargimenti di sangue, se non sono necessari.»

«Io ho bisogno di sapere!» contesto e mi affretto a raggiungerlo, nonostante Antonio, Stefano e Valerio continuino a prendermi per le spalle e fermarmi. Anche loro, come il carabiniere, sembrano contrariati da questa scelta. «Ricordate? Quegli uomini cercano anche me! Chi meglio della sottoscritta può ottenere informazioni?»

Il capitano sospira. «Poi non dire che non te lo avevo detto. Va bene, ti porterò con me, ma resterai in macchina sino alla fine dell'operazione. Non dovrai muoverti per nessun motivo da lì. E non voglio altre proteste» conclude, sotto gli sguardi spaventati degli altri.

«Allora verremo anche noi». Valerio mi circonda le spalle con le braccia e io gli sono grata per questo gesto, per non aver impedito a tutti costi di allontanarmi da quella situazione. Qualcosa, nel suo sguardo, mi rivela che anche lui è a caccia della verità quanto me. «Non ho intenzione di lasciare lei da sola, in balia di chissà quale pericolo. Potrebbe succedere di tutto.»

«Bene. Se siamo tutti d'accordo, allora, muoviamoci» ci esorta l'uomo, uscendo fuori dalla struttura. Le stradine attorno a noi si sono popolate di gruppetti di persone, occupate a chiacchierare o a passeggiare in solitaria oltre le file di macchine dei carabinieri.

Ci infiliamo nella vettura e partiamo a tutta velocità verso la mia vecchia casa. Ci impieghiamo pochi minuti ad arrivare a destinazione e, quando ci avviciniamo all'entrata, dopo essere scesi dall'auto, scopriamo che la porta è stata scardinata. Con ogni probabilità, i colleghi del carabiniere devono averlo fatto per fare irruzione all'interno della struttura.

«No» ci ammonisce il capitano, prima di salire le scale. «Ho detto che dovete restare qua. Non vi muovete. Tra poco sarò qua di sotto con quei balordi». Aspetta qualche secondo prima di procedere, il tempo di permettere agli altri colleghi di arrivare e muoversi con lui oltre la scalinata che li separa dall'appartamento.

Sconsolata, annuisco, ma non posso fare a meno di sentirmi inutile bloccata qua. Ho bisogno di vedere le loro facce, di conoscere i responsabili di tutto questo caos, di dare un volto alle persone coinvolte in questa faccenda e non posso farlo stando qua, imprigionata dalla stretta di Stefano e Valerio.

Voglio bene a uno e amo l'altro, ma questi sentimenti non mi trattengono dal dare loro uno strattone e correre via, per le scale, verso il luogo che contiene la verità di cui ho tanto bisogno. Avanzo a tentoni per qualche istante, ma vengo subito tirata indietro da Valerio, che mi guarda con aria severa. Sembra volermi rimproverare attraverso lo sguardo e, forse, a ragione quando vedo la figura del capitano puntare la pistola su uno degli uomini vestiti di nero.

«Cosa ci fate voi qua?» Basta un attimo di distrazione da parte dell'uomo, un momento in cui si gira a guardarci con sguardo severo e l'altro ne approfitta per fargli uno sgambetto e riservare al capitano lo stesso trattamento a cui lui era stato sottoposto prima.

Gli altri carabinieri sono costretti a tenere sotto tiro gli altri, per cui non possono muoversi, ma Antonio, dietro di me, sì e si lancia su di loro con una furia tale da sorprendere tutti quanti; persino l'uomo su cui lui si è gettato, che spara un colpo dritto verso il suo petto per la paura. Un altro colpo parte dalla stessa pistola e va a piantarsi nella gamba del capitano, che geme per il dolore.

Nell'osservare la scena, all'improvviso, la mia mente si fossilizza. Di tutte le cose a cui avrei potuto assistere, questa è l'ultima che avrei voluto e so anche che le responsabilità dell'accaduto ricadono tutte su di me. Se solo non mi fossi intestardita tanto, se solo avessi ascoltato i comandi del carabiniere, tutto ciò non sarebbe mai successo e io non mi sarei ritrovata qui, ad assistere con gli occhi pieni di lacrime agli ultimi respiri di Antonio, disteso sul pavimento in posizione fetale a rantolare in una pozza di sangue. Per qualche attimo si agita sul posto e respira a fatica, poi non riesco più a sentirlo.

«Prendetelo! Cosa cazzo state facendo là immobili?» grida il capitano ai suoi uomini e approfitta dello sgomento del suo carceriere per afferrargli caviglie e gettarlo a terra, tenendolo fermo con il suo peso. Calcia via la sua stessa pistola per impedirgli di fare altri danni e immobilizza l'altro a terra, senza alcuna traccia di paura sul volto.

I pochi rimasti liberi si affaccendano a turno accanto a lui: alcuni lo aiutano a sollevarsi, altri infilano a forza le manette all'uomo vestito di nero. A fine dell'operazione, quando la casa viene avvolta dai nastri per sigillare e il corpo del defunto – dei due defunti – ricordo a me stessa a malincuore, dopo l'annuncio dei medici appena arrivati, vengono portati via, l'aiutante del capitano toglie i passamontagna ai presenti. Quando l'ultimo viene sollevato, mi aspetto un volto sconosciuto, come quello degli altri due e, invece, incontro lo sguardo di mio padre.

SPAZIO DELL'AUTRICE:

Due parole: non linciatemi.

Antonio era un personaggio che adoravo, ma io sono abbastanza masochista e spesso finisco per fare del male ai personaggi che più mi piacciono. La sua morte... diciamo così, è stata un effetto collaterale di tutta questa faccenda. All'inizio non mi era passato nemmeno per l'anticamera del cervello di combinare una cosa simile, ma si sa, quando la storia prende vita propria, non c'è niente che l'autore possa fare. :/

Pomodori a parte - ne sento il profumo da qua - abbiamo ritrovato un tassello importantissimo di questa storia: il papà di Sole! Cosa pensate potrebbe dire o fare?

Il prossimo capitolo, ve lo annuncio, è il più lungo di tutta la storia. Sono circa 1400/1500 parole, non tantissimo, però vanno comunque oltre agli standard di questa storia. Spero potrà piacervi, come mi auguro sia andato bene questo.

Buona lettura, ragazzi e ricordate: siamo vicinissimi alla conclusione! 

Maria xxx

La chiave di SolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora