33 - Parole e fatti

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Al contrario di me, Stefano e Antonio, Valerio è molto rilassato. Non sembra avere paura di chi gli sta davanti, sembra solo curioso di scoprire di che tipo di persona si tratti. Inclina la testa verso destra e lo studia per qualche attimo prima di proferire parola.

«Parla, ragazzo. Il signor Antonio mi ha detto che sei a conoscenza di alcuni fatti» lo esorta il capitano visto il suo silenzio, avvicinandosi a lui. Nella sua voce scorgo una nota di urgenza, pare quasi impaziente di scoprire cosa ci sia dietro. Forse ha solo fretta di mettere un punto in questa storia e di tornare alla sua vita tranquilla, così come tutti quanti noi.

Valerio estrae alcuni fogli stropicciati dall'interno della sua giacca e li posa sul tavolo con tutta la calma di cui dispone. «Se le mie parole, adesso, non le basteranno, allora che si avvalga delle documentazioni in mio possesso» dichiara, sistemando un ricciolo scuro dietro le orecchie. «Così come la famiglia di Sole D'Auria, la ragazza qui presente, anche io ho le mie conoscenze e sono ricorso a queste solo per chiarire tutto quanto. Vorrei iniziare indicandole il nome di tutti i dottori e infermieri che si sono presi cura di questa ragazza quando è stata ricoverata a seguito dell'incidente.»

Il capitano passa, nel più assoluto silenzio, in rassegnazione la lista e le sue labbra, poco dopo, si stringono in una linea sottile. Incrocia le braccia dietro le spalle, tanto da far formare delle grinze sulla divisa blu notte e guarda Valerio dritto negli occhi. «E con questo? So che di alcuni di questi si mormorino cose, ma finché non ci saranno delle certezze mettere delle persone a pubblica gogna non sarà possibile.»

«E allora, guardi i nomi dei farmaci somministrati dalla ragazza e le persone da cui se li sono procurati» aggiunge il ragazzo, picchiettando con l'indice su un altro foglio.

Se possibile, lo sguardo del capitano delle forze dell'ordine diviene ancora più duro. «Organizzazioni criminali, avrei dovuto immaginarmelo. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui tutto è stato taciuto». L'uomo scuote la testa e si copre parte del viso con le mani. Visto da questa prospettiva, con le tende abbassate e a fargli ombra sulle rughe del volto, sembra più anziano. «Ma sei sicuro che questa documentazione sia del tutto autentica? Falsificare prove simili comporta gravi conseguenze per chi li ha emessi.»

«Ne sono sicuro». Valerio estrae una busta gialla e ripiegata dalla sua giacca. «Tenga, questa è per lei. Come riprova dell'autenticità di questi scritti. Chi mi ha fornito le prove è a conoscenza di cosa sta accadendo a tutti loro e sa del vostro coinvolgimento in questa storia. Guardi chi l'ha mandata. Il nome di Nicola Fontana le dice niente?»

Il capitano annuisce e sorride per la prima volta da quando lo abbiamo visto. Gli è bastato guardare la firma in basso, da cui ho visto provenire uno strano scintillio, per convincersi della veridicità delle sue parole. Se devo essere sincera, penso che questa sia ancora una volta opera dei Guardiani. D'altronde, non è possibile raccogliere così tante prove in poco tempo, persino per una persona abile. Deve esserci per forza il loro zampino, sotto. «È un mio vecchio amico di infanzia e uno stimatissimo investigatore. Mi fido delle sue parole. In venti anni di servizio non ha mai sbagliato un caso, quindi prenderò questa documentazione per buona» afferma e infila le buste nel cassetto, per poi chiuderle a chiave.

«Qualcuno vuole spiegarmi con esattezza cosa sta succedendo?» sbotto alla fine, visto che nessuno si decide a spiegare con chiarezza cosa sia accaduto. Ho atteso finora e questo continuo silenzio e parlare in modo incomprensibile mi irrita. D'altronde, in tutta questa faccenda c'entro anche io e desidero sapere una volta per tutte la verità.

Il capitano distoglie lo sguardo dalla scrivania e fa cenno al mio ragazzo di compiere il suo dovere.

«Vediamo se riesco a farti un breve riassunto». Valerio si volta verso di me e stringe più forte la mia mano, ancora allacciata alla sua. «Si sono approfittati della tua convalescenza per somministrarti della morfina in più. Ed è per questo che ti sentivi confusa o troppo stanca, c'era qualcosa che ti bloccava. Nunzia, l'infermiera che si era presa cura di te, era d'accordo con i tuoi e ti ha ospitata da sé così che tu potessi continuare ad assumere la sostanza senza che tu lo sapessi e io non potessi venire a prenderti...»

«Come volevasi dimostrare» sputo, rabbiosa. Sentire queste parole mi ferisce ancora di più dell'avere visto il rifiuto di mio padre nel ricordo. Pensavo di potermi fidare di lei e, invece, così come la mia famiglia, si era dimostrata inaffidabile. Ma, d'altro canto, avevo già sondato questa ipotesi. Sarebbe stato strano che una sconosciuta avesse così tanta compassione da ospitarmi in casa sua senza neanche conoscermi. A eccezione di Antonio e Margherita, comunque. «Continua.»

«Gli uomini che stavano inseguendo tutti noi, quando tu sei scappata dal controllo della signora, erano al servizio di tuo padre. Avrebbero dovuto riportarti a casa, ma non avrebbero potuto farlo con questo signore e la sua consorte fra i piedi, per cui sono ricorsi alla violenza» procede, guardandomi negli occhi. Adesso il verde ha assunto una sfumatura più cupa, riflette quasi il suo nuovo stato d'animo.

«Come se non ne avessero già esercitata abbastanza, su di me» sibilo, incrociando le braccia al petto. «Come altro si potrebbe definire il cercare di destabilizzarmi? Se non è violenza psicologica questa, allora non so cosa sia.»

«Io, però, ancora non riesco a comprendere una cosa. Se questo è vero, come mai la signorina Sole non ne risente? Questo genere di cose porta dipendenza, se assunte a lungo, voi giovani lo sapete meglio di me, con l'avvento di internet e tutto il resto» constata il capitano, grattandosi la barbetta grigia sul mento.

«Perché non le è stata somministrata in grandi dosi e nemmeno per troppo tempo» spiega Valerio, indicando un altro documento su cui sono riportate delle analisi. «E lei, in ogni caso, non poteva avvertirsene, perché nascosta nelle flebo che la costringevano a fare a casa.»

«Io, invece, non ho ancora compreso perché proprio mia cognata si sia scontrata con loro» mormora Antonio con lo sguardo basso. La voce, a un certo punto, gli si strozza, ma cerca di riprendere subito un tono meno turbato. «Insomma, di tutte le persone esistenti...»

Un rumore proveniente dalla ricetrasmittente posta sulla scrivania interrompe le sue parole e costringe il carabiniere a metterlo a tacere. Alza il trasmettitore e risponde un serio: «Capitano dei carabinieri. Chi parla?»

«Capo, servono rinforzi nel luogo da cui stiamo prelevando il cadavere. Sono arrivati degli uomini con il passamontagna . Faccia in fretta» risponde in tono concitato la persona dall'altra parte, prima di richiudere la conversazione.

«Temo di dover rimandare le spiegazioni al riguardo in un altro momento». Il capitano afferra la pistola nel cassetto della sua scrivania e la inserisce nella fondina. «Adesso è tempo di andare.»

SPAZIO DELL'AUTRICE:

Un po' di spiegazioni vi sono state date, finalmente! Ma non sono ancora finite qui. Le altre... Be', vedrete un po' chi ve le racconterà al momento opportuno. Tra due capitoli, se non vado errato (ho scritto i capitoli una vita fa, quindi perdonatemi), dovreste proprio poter sapere tutto quanto.

Intanto, vi annuncio che nel prossimo capitolo potreste proprio odiarmi. E' un momento difficile, dove succedono cose e... Vabbè, forse e meglio non dire niente! *va a rifugiarsi nell'angolino in anticipo*.

Voi cosa pensate di tutto questo? E cosa credete io possa aver combinato nella prossima parte? Aspetto, come al solito, le vostre ipotesi! 

Maria xxx

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