Io sono Magnus Bane

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Alec POV

Io sono Magnus Bane.
Io sono Magnus Bane.
Io sono Magnus Bane.

“Alec andiamo!” affondai le unghie nei palmi dimenticandomi della fasciatura facendo scaturire un fastidiosissimo formicolio doloroso dalla mano fino al gomito. Spalancai gli occhi e ringhiai a denti stretti. Jace entrò nella stanza e mi guardò con occhi preoccupati.

“Ecco dov’eri finito. È ora di andare, la riunione comincia tra meno di un'ora. Alec ti senti bene?”

Il fatto che avessi la nausea rientrava nello stare bene?!

“Io sono Magnus Bane!” dissi con voce isterica. Avrei molto volentieri voluto dirlo con voce calma e calda ma quello che uscì sembrò più lo stridio delle unghie sui vetri. Dove diavolo era finito il mio coraggio da Shadowhunter?!

“Oookay, Magnus. Dobbiamo andare.” Si avvicinò a me e allungò una mano a staccare il pezzo di carta igienica che Magnus mi aveva messo sul viso per bloccare il sangue che mi era uscito quando mi aveva fatto la barba. Aveva tanto insistito, non voleva rovinare il perfetto pizzetto che aveva impiegato settimane e farsi crescere. Io gli avevo proposto di togliere tutto, non ero in grado di tagliarlo esatto al millimetro e non avevamo nemmeno margini di errore, ma Magnus mi aveva lanciato una di quelle occhiate omicide accresciute dal fatto che mi puntasse addosso minaccioso il pennello per la barba già sporco di schiuma e che il rasoio era a poca distanza dalla sua mano. Mi arresi e mi lasciai fare la barba a “regola d'arte” da lui.

“Magnus ti sta aspettando di là per metterti la pomata e fasciarti. E non la smette più di ripetere che gli incantesimi di protezione per l’istituto hanno quella formula e che devi muovere più le mani quando fai magie. È talmente fuori di sé che mi ha scambiato per te ben due volte! Mi ha chiamato due volte Alexander e voleva che gli passassi il calzascarpe. Si è pure incazzato quando non gli ho risposto e ancora di più quando gli ho chiesto dove lo teneva! Se tornassi di là senza te credo che spalmerebbe la mano sbagliata. È una questione di sopravvivenza!”

“Ancora un momento ti prego.” Gli diedi le spalle e chiudendo gli occhi cercai di concentrarmi, uscito da quella porta non sarei più stato Alexander Lightwood ma Magnus Bane, qualsiasi cosa capitasse io sarei stato lui.

“Okay. Possiamo andare.” Lanciai un’ultima occhiata allo specchio e annuendo al me riflesso uscii dalla stanza seguendo Jace che mi aveva preceduto.

“Per Lilith, Jonathan!”

“Per Raziel al limite e… non chiamarmi Jonathan!” ringhiò Jace. “E poi non sono stato io ma il gatto!”

“Non incolpare il Presidente! Ho visto quanto brani il cioccolato, ingordo!”

Che accoglienza calorosa! Neanche a dirlo, non si accorse nessuno che ero entrato nella stanza. Il loft da quando ci eravamo alzati sembrava essere diventato una gabbia di matti! Quando varcai la soglia capii subito il problema e per una volta dovetti dare ragione a Jace, il Presidente aveva ancora il musetto sporco. Per colazione avevo fatto apparire una fetta di torta al cioccolato a testa. Magnus non aveva finito di mangiare la sua lasciandola sul tavolino di fronte al divano e il Presidente doveva averne approfittato in un momento di distrazione di Magnus. Fissai il gatto, non so perché ma ebbi la sensazione che mi fissasse con un mezzo sorrisetto soddisfatto sul musetto peloso. Balzò giù dal tavolino e venne a strusciarsi contro i miei stinchi facendo le fusa. Mi abbassai ad accarezzagli la testina pelosa

“Cattivo micio”

“Miao” stava per caso ridendo?! Okay stavo impazzendo! Non vedevo l’ora di uscire da quella casa e allo stesso tempo volevo rinchiudermi buttando via la chiave.

“Alexander, finalmente! Hai trovato il calzascarpe?” il cosa? Rimasi imbambolato un secondo poi il cricetino nella mia mente riprese a far girare la ruota e mi riscossi.

Magnus ha scambiato Jace per te => Magnus ha chiesto a Jace, credendolo te, un calzascarpe (= oggetto normalmente in plastica che serve ad agevolare il calzare delle scarpe) => Magnus si aspetta da te il calzascarpe (secondo cassetto a destra del Re Luigi XIV (=antico re francese detto anche “Re Sole”, non quello ghigliottinato scemo! Quello era Luigi XVI! Sì, Di Caprio ne la maschera di ferro!)

Mossi dei passi verso il mobile e afferrai l’oggetto richiesto e lo adagiai nella mano di Magnus.

“Alec devo ancora bendati la mano! Hai preso i guanti?” il mio sguardo interrogativo lo mandò completamente fuori.

“Possibile che io sia l'unico in questa casa a preoccuparsi?! Uno che mangia la mia unica fetta di felicità, l'altro che non prende nemmeno un paio di guanti! Se non ci fossi io a quest'ora sareste ancora in mutande!” e mentre parlava misurava la stanza a grandi falcate gesticolando come un pazzo. Io lo intercettai e gli bloccai il viso tra le mani.

“Calma dolcezza, non ce bisogno di agitarsi”

“Alexander non dirmi di calmarmi e soprattutto non chiamarmi dolcezza!” io lo fissai stupito dalla quantità di aggressività con cui mi aveva parlato o meglio urlato contro!

“Scusami, forse non si vede ma sono leggermente agitato”

“Già, giusto un pelo…” Magnus scoppiò a ridere e mi sorrise stringendomi le mani che aveva ancora sul viso. Abbassò gli occhi fissandoli sulle mie labbra ancora distese in un sorriso, io continuai a guardare il suo viso curioso di vedere cosa avrebbe fatto. Mi abbassò le mani dal viso e mi condusse verso il divano.

“Cambiamo la fasciatura e poi andiamo.” Mi fece accomodare e prese a trafficare con il tappo del barattolo in cui era custodita la magica pomata curativa, sfasciò la mano e cominciò a spalmare una dose non troppo abbondante. Fasciò con cura e lasciandomi solo sul divano andò a prendere quei benedetti guanti. Me li infilò con cautela, facendo attenzione a non far scappare la garza. Rimase immobile per pochi attimi fissando imbambolato la mano adesso guantata. Quanto avrei voluto sapere cosa poteva mai passare in quella mente stravagante, quale strana idea o pensiero: meglio di un altro colore? Ma guarda un po’ se doveva andarsi a ferire rovinando così il completo con questi orrendi guanti! A quei pensieri scoppiai a ridere da solo e per pura curiosità gli chiesi

“A cosa pensi Megs?” si riscosse con un’aria colpevole e incrociando i miei occhi fece un salto indietro.

“È tardi!” balzò in piedi e chiamò a gran voce il mio Parabatai.

“Andiamo biondino, finisci di ritoccare la ricrescita dopo adesso dobbiamo proprio andare!”

Cominciò ad arraffare oggetti, le chiavi di casa, il giubbotto nonostante ci fossero 50 gradi, un paio di occhiali da sole, l’ombrello per la pioggia. Si fermò solo quando vide spuntare nella stanza Jace. Lo fissò negli occhi per un secondo, una strana espressione passò sul volto del mio parabatai. Quei due mi nascondevano qualcosa, ne ero abbastanza sicuro ma non ebbi tempo per indagare, Magnus aveva già imboccato la porta trascinando per un braccio Jace.

“Magnus?” ero sconcertato dal suo comportamento, se non si fosse dato una calmata avrebbe mandato tutto a rotoli!

“Cosa c'è?” chiese stizzito. Con tutta la calma del mondo mi avvicinai a lui e gli sfilai dalle mani tutti gli oggetti inutili che aveva preso posandoli sul mobile.

“Non vorrai mica lasciare tutto questo disordine?”

“Aspetti visite per caso?” Lo zittii con successo. Mise su un adorabile broncio ma non mi lasciai intenerire.

“Non dimentichi qualcosa?”

“Cosa, sentiamo!” disse alzando il mento e incrociando le braccia al petto.

“Lo stilo, Alexander”

“Merda!” rientrò in casa a passo di carica sparendo nel corridoio, strani rumori provenienti dalle profondità della casa mi fecero seriamente preoccupare ma quando stavo per rientrare per andare a vedere ricomparì nella stanza stringendo lo stilo nella mano.

“Non siamo a Londra, rinfodera la bacchetta, Harry!” imitai alla meglio la voce saggia di Silente.

“Taci Stregone!” mi intimò Magnus trattenendo un sorriso infilando lo stilo nella tasca dei pantaloni neri.

Uno scambio inaspettato // MalecDove le storie prendono vita. Scoprilo ora