Agosto 1670 pt. 3

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Galatea pregò Ferraris di trascorrere più tempo con lei: gli raccontò subito, quel giorno stesso, della sfuriata di Ferdinando, insistendo affinché non la lasciasse mai sola quando il principe si trovava a palazzo. Ferraris ascoltò con attenzione, il volto adombrato dalla preoccupazione di tenerla al sicuro, e da quel momento si dedicò con cura sempre crescente alla giovane fidanzata. Il duca, per via informale, fu informato ugualmente dell'accaduto, ma decise di non insospettire lo zio con rimproveri e risentimenti. Garantì solo che, se fosse ricapitato, sarebbe intervenuto più duramente. Ma agivano di comune accordo e con un comune scopo, che non avrebbe tratto vantaggio da una situazione ambigua, come sarebbe stato nel caso Ferdinando avesse sospettato un accordo segreto.

Per quel che rimaneva del mese di agosto, Ferraris si calò completamente nei panni del promesso sposo, per nulla a disagio a porgere il braccio a Galatea di fronte ai cortigiani, assolutamente spontaneo nel vezzeggiarla e ancor più ben disposto nell'assecondare le sue voglie. Poco gli importavano le prese in giro, le canzonature e le battutine che svolazzavano nei salotti della corte e dei palazzi nobiliari della capitale. A detta di chiunque Ferraris era cotto, innamorato, succube dell'amata. Chissà che non ci fosse qualcosa di vero in quello che si diceva; questo, comunque, doveva essere un segreto celato nelle profondità del cuore di lui, perché Galatea non trovò mai motivo di farsene un cruccio. Per lei tutto rientrava nelle regole del corteggiamento e Ferraris, da buon gentiluomo quale era, metteva in pratica la teoria; l'unico spazio che gli concedeva di più era quello del senso di colpa, ossia il tentativo di riparare al primo, sfacciato corteggiamento che le aveva fatto subire al palazzo di Donna Isabella. Quando i gesti di lui eccedevano la misura dell'abitudine, questa spiegazione bastava a colmare la curiosità di Galatea.

Era diventato usuale, per loro, passeggiare in un angolo più tranquillo dei grandi giardini, sempre sul far della sera, quando il sole declinava e il cielo si colorava di un vivido color arancione che via via stingeva nel grigio e poi nel blu profondo dell'orizzonte orientale. Durante una di quelle tante passeggiate, in un momento in cui il giardino quasi del tutto deserto e i pochi presenti giravano al largo dalla coppia, non fu affatto difficile scovare una panchina appartata dove sedere a parlare con più libertà. Galatea si accomodò per prima, Ferraris invece rimase in piedi a guardarsi attorno con aria volutamente distratta. Lei si prese un momento per riposare le gambe, distendendole avanti a sé, sospirando.

«Vi fa ancora male la schiena?» le domandò mentre, camminando a lunghe falcate, si portava dietro di lei. Galatea fece una smorfia e ruotò la testa toccandosi la nuca. Ferraris non le lasciò il tempo di rispondere: le posò delicatamente le mani sulle spalle e cominciò un lento massaggio cui lei si abbandonò mollemente. Solo qualche minuto dopo, trasalendo all'improvviso, lo fermò afferrandogli il polso destro: «Se qualcuno ci vedesse?» bisbigliò, voltatasi a cercare il suo viso. Lui diede un'occhiata svogliata tutt'attorno e la rassicurò: «Non c'è nessuno»

Non era la prima volta che si concedevano simili tenerezze: era capitato anche nella camera dell'appartamento privato, ma in quel caso non erano mai soli. Bice passava lì tutta la giornata, dal mattino presto fino all'ora della passeggiata, quando lei si ritirava per la cena, e tornava per i saluti della buona notte. Oltre a lei, altre dame occupavano il tempo della gestante in piacevoli chiacchierate durante il ricamo o in partite a carte. Ferraris, il più delle volte, era una figura silenziosa che rimaneva da parte: non accordava confidenza alle donne che cercavano di avvicinarlo, ma era sempre pronto a rispondere alla chiamata della fidanzata. Dalla sua insolia remissività gli era venuta la reputazione, ormai diffusa, che fosse vittima di un potente sortilegio d'amore; non si sarebbe spiegato altrimenti il repentino cambiamento nello stile di vita, nell'atteggiamento verso il gentil sesso e, più in generale, nella sobrietà ritrovata.

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