Poche ore erano passate da quel pomeriggio: la corte era in fibrillazione, non si parlava d'altro, la vicenda era sulla bocca di tutti. E loro, i protagonisti, se ne stavano chiusi nella camera da letto, abbracciati, avvolti nelle lenzuola con indosso le loro semplici camicie da notte. Solo il pancione di lei sembrava tenerli lontani, quasi dividerli, mentre, in realtà, era proprio ciò che li univa.
Ottavio non aveva cessato un momento dall'accarezzarla delicatamente, con la venerazione di colui che sa di non poter comprendere fino in fondo i segreti di un grande mistero. Aveva pianto, all'inizio, sull'onda dell'emozione: dubitava, infatti, che sarebbe mai arrivato il momento del ricongiungimento tanto atteso. E anche lei aveva pianto, poiché l'aveva visto in pericolo e aveva temuto che i sogni si infrangessero proprio allora, al contatto con la realtà, come una bolla di sapone che si posa sulla superficie di uno specchio d'acqua.
L'aveva baciata, Ottavio: sulla pancia, sulle labbra, sulla fronte, sulle guance... La desiderava ardentemente e l'aveva ammesso sinceramente non appena erano stati soli, ma non aveva atteso il suo rifiuto per riconoscere qual era la cosa fondamentale, ossia il bene del bambino che stava per nascere. La notizia della paternità l'aveva raggiunto quando già era lontano, ripartito dal palazzo di Donna Isabella alla volta di Roma, dove avrebbe incontrato il pontefice. Era ospite di un nobiluomo romano e un messaggero era arrivato tutto trafelato, allungandogli un breve senza traccia di sigillo e senza note: aveva intuito subito l'identità del mittente e, in principio, non aveva idea di cosa avesse spinto suo fratello a rischiare tanto pur di contattarlo. Gli era stato sufficiente leggere le prime righe per avvertire un lungo brivido sulla schiena; gli occhi sbarrati, aveva scorso in fretta il testo restante ed era impallidito. Una frase, più di tutte, l'aveva inchiodato, ed era: "Tua moglie è incinta, ma per davvero". Aveva convenuto con lei, nel loro unico incontro al palazzo di Isabella, una strategia per allontanare Ferdinando, almeno in principio, di modo che i tempi per imporre la legittimità di Corradino si dilatassero. Lei aveva annuito con aria spersa quando le aveva detto di fingersi gravida, ma lui non ci aveva fatto caso. Leggendo il breve si sentì quasi venir meno e si pentì dell'arroganza che aveva avuto ingiungendole di usare quell'argomento come se fosse uno dei tanti, del tutto privo di importanza. In fin dei conti, come spiegava la lettera, la gravidanza era stata una benedizione, perché il principe, in barba alla buona educazione, aveva fatto da sé, convocando i medici e sottoponendo la nipote a una visita senza aspettare l'autorizzazione del duca, suo parente più prossimo. Ciononostante, Ottavio non si era perdonato quell'indelicatezza finché non aveva guardato Galatea negli occhi, finché non aveva sperimentato la sua gioia nel mostrargli il ventre nudo e la sua eccitazione nel percepire il suo tocco delicato sulla pelle tesa e liscia. L'aveva baciata allora per la prima volta da mesi e l'aveva trovata pronta a corrispondergli con passione e trasporto; e ancora, solo la gravidanza aveva trattenuto gli istinti più carnali.
"Aspetteremo" le aveva detto, come fosse una promessa, e lei gli aveva sorriso con tenerezza, volgendo gli occhi in basso.
Di come fosse sopravvissuto al tentativo di assassinio e del perché zoppicasse, Galatea sapeva già tutto. L'aveva saputo in parte da lui a palazzo De Spini, in parte da Ferraris nel corso del loro finto fidanzamento. Erano in combutta da molto tempo, quando si era verificato il fatto, e la spia – da buona spia quale era – aveva recitato a pennello la propria parte, mentendo al principe Ferdinando circa la sua fedeltà al duchino; gli aveva giurato che avrebbe partecipato alla sua uccisione, guidando con mano esperta il sicario già incaricato del lavoro. Ma quello era una testa calda che, al momento di agire, si era recato alla camera del duchino in anticipo rispetto a quanto avevano concordato. Si era travestito da guardia, aveva ucciso il collega e si era introdotto nell'appartamento. Ferraris, spinto della prudenza, aveva a propria volta deciso di presentarsi prima. Trovata la guardia già morta, si era gettato dentro. Nel frattempo il sicario, fattosi prendere dalla foga omicida, aveva colpito alla cieca nel letto in cui Ottavio aspettava sveglio il segnale di via libera di Ferraris. Trafitto alla coscia all'improvviso, il duchino si era divincolato, cadendo rovinosamente sul pavimento; ma a quel punto il sicario era già spacciato, raggiunto alla schiena da un infallibile fendente di Ferraris. Trascinatolo sul pavimento, il nobiluomo l'aveva gettato supino lungo disteso e aveva inferto le due pugnalate, una all'addome e una diretta al cuore. Non sarebbe dovuto andare così, il piano non prevedeva la morte di nessuno e Ottavio era stato categorico su questo punto. Ma in quel momento, con la coscia lacerata che grondava di sangue e l'emorragia che non accennava a fermarsi, non ci fu modo di riflettere sulla vita del sicario né, purtroppo, su quella della guardia. Ferraris, freddo e lucido più che mai, quasi che l'odore ferrigno del sangue lo esaltasse, aveva fatto scambiare gli abiti del duchino con quelli dell'assassino, aveva tratto le lenzuola dal letto e, strappatele a strisce, aveva bendato la ferita, quindi aveva steso il rimanente a terra e vi aveva avvolto il cadavere, caricandoselo poi in spalla barcollando sotto il suo peso. Erano sgattaiolati dall'appartamento e dal palazzo, avvolti in mantelli neri che ben camuffavano le loro figure. Avevano già studiato un percorso sicuro e si erano trovati al di là del recinto dorato dei giardini prima dell'alba. Recatisi in un'osteria dopo aver nascosto il corpo del morto, vi avevano trascorso la giornata, riprendendo la via al tramonto, quando le strade si erano sgombrate dei passanti indaffarati. Si erano liberati del sicario, non prima di avergli messo la fede al dito, e da lì si erano divisi. Ottavio aveva degli appoggi sicuri su cui fare affidamento e, aggrappandosi ai suoi pochi alleati, aveva cominciato un periodo di guarigione e di preparazione: non fosse stato per quella gamba non avrebbero perso tempo, si sarebbero recati di sorpresa al palazzo di Donna Isabella per rapire Galatea e trarla in salvo, ma in quelle condizioni una fuga rapida e discreta sarebbe stata impossibile. Fortunatamente non era scaturita nessuna infezione e la ferita aveva tutta l'impressione di essere in via di guarigione; l'ombra incombente di Ferdinando, però, aveva spinto Ferraris a elaborare una variante del piano per riconoscere la duchessina e informarla del reale stato delle cose. Aveva raggiunto nuovamente Ottavio, ne avevano discusso, quindi la spia era tornata nel golfo della Mezzaluna, ospite, a metà maggio, come inviato di un importante conte francese. Donna Isabella era cascata nell'inganno, ma Ferraris non era stato in grado di trovare la fanciulla rapita – o almeno, così aveva pensato. Lungo la strada, aveva accennato in modo abbastanza spinto a Ottavio la figura di una giovane serva attraente, senza minimamente sospettare che quella fosse sua moglie: da qui il grave imbarazzo di lui e la gelosia del duchino. Imbarazzo velocemente dimenticato una volta chiusa a chiave la porta della camera: era stata una notte infuocata di passione, in cui i numerosi assalti avevano contribuito ad allentare la tensione degli ultimi mesi; la gamba non era stata di nessun impedimento alle imprese amorose e Galatea si era tranquillizzata in fretta riguardo alla sua salute.
Ora eccoli lì, di nuovo insieme, di nuovo abbracciati. Lui dormiva, coccolato dalle sue carezze e dai suoi baci. Dormiva del primo sonno veramente ristoratore: stretto alla donna che amava, i timori sfumavano via respiro dopo respiro. E Galatea vegliava il suo placido riposo, accordandogli ogni tenerezza possibile: buffetti, pizzicotti leggeri sulle guance pulite, piccoli morsi al lobo dell'orecchio.
C'era qualcun altro, però, nella camera, nascosto dalla semioscurità. La giovane faceva finta di nulla, girando di tanto in tanto gli occhi attorno nel tentativo di scorgerla. Alla fine, fu l'altra a farsi avanti: «Qualcosa non ti è ancora chiaro, vero?»
Fortuna, nella sua maliziosità, salì sul letto dalla pediera e avanzò carponi con una posa piccante, ciondolando le spalle e arcuando la schiena: «Non hai mai pensato di presentarti così al tuo maritino adorato?» ammiccò, mordendosi il labbro. Galatea alzò le sopracciglia fingendosi scocciata e accennò alla pancia; evitava di parlare per non svegliare lui.
Fortuna le fece l'occhiolino: «Ammettilo che non vedi l'ora di partorire perché, ora che ce l'hai vicino, fatichi a trattenerti» la pungolò. Lei tese le labbra, ma il rossore delle guance la tradì.
«Fammi indovinare: non riesci a spiegarti come Ferdinando non sapesse che lui fosse vivo» ipotizzò la fanciulla bionda, sedendosi sul materasso. Galatea annuì, facendosi d'un tratto interessata.
Fortuna si mise più comoda e riprese: «L'importante è fare la domanda giusta. Se mi chiedi che fine abbia fatto il duchino, non c'è che una risposta: "Non c'è più!" Così, quando Duccio mi ha fatto questa domanda, io gli ho dato questa risposta. Il duchino Ottavio Malancisi non esisteva già più, dato che il duca l'aveva già nominato marchese della Marca Stellata»
Galatea si illuminò, comprendendo all'istante molte cose. Ottavio, come se avesse percepito qualcosa, socchiuse gli occhi e, dopo il primo momento di spaesamento, fissò lo sguardo sul volto di sua moglie, mentre tendeva una mano per cingerla all'altezza della vita. Lei gli si avvicinò, riprendendo a baciarlo avidamente.
«Dopo che ti avrà visto avvicinarti a quattro zampe come ti ho insegnato, ti stringerà ancora più forte» la salutò Fortuna, svanendo nel silenzio della notte.
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Credo di aver risposto a tutti gli interrogativi insoluti, ma se doveste avere domande, fatele senza problemi... Magari sono io ad aver dimenticato qualcosa o a non essere stata chiara XD
Aggiungo solo l'ultima informazione: come avrete capito siamo arrivati alla fine. Non rimane che l' "Epilogo", che pubblicherò al più presto, dopodiché l'opera sarà definitivamente conclusa (ora mi commuovo)...
Un buon epilogo è essenziale, no? Non vogliamo conoscere anche noi il frutto dell'amore di Ottavio e Galatea? Ebbene, io so già chi sarà e come si chiamerà, ma visto che tutti scommettevano allora, rilancio la scommessa a voi:
Maschio o Femmina?
E il nome?
A prestissimo dalla sempre vostra
Lucille
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Figlia di mercante
Ficção HistóricaSeicento, epoca buia, epoca di sospetti, di epidemie, di guerre. Ma anche secolo della musica, del barocco, dell'amore passionale. Due sfaccettature che segnano la vita di Galatea dalla nascita alla morte. Racconto la sua storia come me la racconta...