Ottobre 1669 pt. 4

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Galatea impegnò tutte le energie a non assopirsi nel buio, dato che la candela si era già consumata. La testa ciondolava, il tempo le scorreva addosso come accarezzandola, tentandola con le sue promesse di riposo. Dapprima si era alzata in piedi, aveva camminato un po' per la stanza, aveva battuto il piede contro uno spigolo e per poco Ottavio non si era svegliato. Nello squallore del luogo, Galatea si figurò Paolo, disperso nei boschi o forse già in salvo nel palazzo mezzo bruciato con la sua servetta, a rotolarsi abbracciati come se nulla fosse successo; Paolo sarebbe stato a proprio agio in quella casa dove ora si trovava con Ottavio e, meditando sul proprio disgusto, Galatea si rendeva conto una volta di più che Paolo non sarebbe mai stato all'altezza di suo marito, non sarebbe mai stato all'altezza di lei; non per una questione di nascita, questo era più che chiaro: era una questione morale. Come aveva fatto a cadere per la seconda volta? Non comprendeva la portata delle sue azioni? Il valore di quei baci rubati, concessi con noncuranza, anzi con piacere?

Come si era sentito Ottavio vedendola tra le braccia di un altro uomo? Non aveva bisogno di chiederselo, l'aveva visto: era morto in quel momento, i suoi occhi erano diventati di vetro. Voleva dire che l'amava?

Lo guardò, seduto contro il muro: no, non l'amava nel modo in cui convenzionalmente si intende l'amore; il suo era affetto dato dalla frequentazione e dal dovere di marito. La sua stessa freddezza, il distacco con cui talvolta rispondeva alle sue attenzioni, non erano altro che il sintomo di una paura introiettata, la paura di innamorarsi, la paura di amare una donna. Gli era stato insegnato tutt'altro negli anni della sua formazione: per questo voleva tenacemente vedere in lei una sorella, piuttosto che una moglie.

E lei? Cosa voleva vedere in lui? Non negava che l'affetto che nutriva per lui fosse sincero. Gli voleva profondamente bene e più lo conosceva, più lo ammirava. Ma il modo che lui teneva con lei, quel rispettoso contegno che tendeva ad allontanarla, evidentemente funzionava. Non aveva mai concepito il proprio ruolo come quello della moglie tradizionale: si vedeva più come una sua compagna di vita nel senso di donna che avrebbe diviso con lui le avventure, le sofferenze e le gioie di un cammino doloroso. Ma non come madre dei suoi figli. Quell'aspetto era lasciato totalmente in disparte da entrambi, sebbene fosse l'esatto motivo che li aveva uniti.

Ciononostante, senza sapere di preciso il perché, Galatea cominciò a figurarsi che aspetto avrebbero potuto avere i loro figli, e quanti sarebbero stati, e che nomi avrebbero avuto. Sorrideva mentre viaggiava con la fantasia verso gli anni a venire. E lo guardava, sebbene l'oscurità lo rapisse ai suoi occhi. Tornò a sedersi, questa volta accanto a lui, e si accoccolò contro il suo fianco, desiderando un suo abbraccio. Avrebbe voluto addormentarsi subito, con la speranza che lui, svegliandosi prima di lei, le concedesse qualcuna di quelle coccole che, da sveglia, non le avrebbe concesso. Come quella notte in cui un movimento di troppo aveva rotto l'incanto di un mondo senza guerre, senza sangue, senza morte. Era così sicura di non amarlo affatto?

*

Si svegliò e si accorse che, per davvero, Ottavio la teneva tra le braccia: il suo cuore sussultò e le sue labbra si aprirono in un sorriso più luminoso del sole che fuori stava sorgendo. Lui la guardava serissimo, quasi triste.

«Devo chiederti una cosa...» disse con voce roca e lei gli fece cenno di continuare, di non lasciarla sulle spine. Benché si fosse appena svegliata, si sentiva già vigile, già pronta ad affrontare qualsiasi ostacolo.

«Chi era per te quello stalliere?»

Il sorriso svanì dal volto di Galatea: «Ora non è più nessuno» rispose, eludendo la domanda.

Ottavio allora la corresse: «Io voglio sapere cos'è stato»

Lei sospirò, sentendo le labbra tremare: «E' stato il mio primo amore» confessò.

Figlia di mercanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora