Quindicesimo capitolo.- Pranzi in "famiglia"

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Dormimmo su uno dei piccoli divanetti dove di solito uno si siede per provarsi le scarpe. Non era poi tanto comodo, ma non potevamo fare altro. Quello forse era stato il posto peggiore dove avevo dormito, ma era stato anche un posto importante per ciò che era successo, e non parlo di aver trovato un vestito per il matrimonio di mia madre.

«A che pensi?» mi domandò Ashton la mattina dopo. Saranno state le otto del mattino probabilmente.

«Ho fame.» sbuffai sonoramente e camminando per il negozio.

«Appena usciamo da qui ti porto a fare la colazione.» annunciò guardandosi attorno. Rimanemmo fermi immobili per un po', lui sbuffava e ogni tanto mi lanciava una sguardo e un piccolo sorriso, io rimanevo seduta a terra a guardarlo. 

Adesso il viaggio fino a Sydney non mi sembrava più fosse stato inutile o negativo. Ora lo vedevo tutta da un'altra prospettiva. Ora mi sentivo totalmente diversa. è proprio vero, l'amore non fa bene ai neuroni. Ma per il resto mi rendeva così felice. O meglio, mi aveva anche resa triste e tanto pensierosa, ma solo per la troppa paura di non essere ricambiata da quel ragazzo che mi aveva resa tanto felice. Si, lui mi aveva resa tanto felice, con i suoi gesti dolci, con le sue belle parole e con i suoi baci.

«A che pensi?» mi domandò ad un tratto distogliendomi dai miei pensieri e riflessioni romantiche.

«A quanto sono felice con te.» esclamai, per strusciare di fronte a lui e baciarlo. 

Mi strinse più vicino a se, le sue mani scesero dai miei fianchi al mio fondo schiena e le mie mani finirono fra i suoi capelli, mentre mi staccavo dalle sue labbra per sorridere un secondo e poi riattaccarmi a lui. Ma si sa i momenti perfetti non durano per sempre.

Infatti le luci del negozio si accesero e davanti a noi ci apparve la figura della commessa sconvolta.

«è stata la mia più grande figura di merda, però è stata epica.» urlai quando ci fummo allontanati un po' dal negozio. Dopo aver spiegato la situazione alla commessa questa ci aveva cacciato dal negozio.

«Hai visto la sua faccia quando ci ha visti?» mi domandò lui, scoppiando a ridere. Non potè far a meno di ridere insieme a lui e alla sua risata fin troppo contagiosa.

«Come l'ha presa tua madre?» mi domandò seriamente dopo qualche minuto in cui non la smetteva di ridere e io impazzivo insieme a lui.

«Mi ha fatto una mezza ramanzina al telefono sul fatto che l'ho fatta preoccupare e via dicendo, le ho spiegato la situazione ma non pareva molto contenta. Tanto quando le farò vedere il vestito le passerà tutto il mal umore.» spiegai muovendo le mani a destra e sinistra mentre camminavo.

«A te?» aggiunsi subito dopo.

«Madre allarmata, fin troppo.» disse accennando un sorrisino, per poi prendermi la mano di scatto. «Andiamo a fare colazione?» mi domandò velocemente.

«Assolutamente, potrei mangiare un elefante in questo momento.» annunciai portandomi una mano sullo stomaco. 

«Sos, salviamo gli elefanti.» urlò, per poi ridere e iniziare a correre, con la mia mano nella sua e quindi facendo correre anche me.

«Smettila di correre!» continuavo ad urlargli, ma lui non mi ascoltava, rideva semplicemente e mi riempiva completamente. Si, mi riempiva con la sua risata, mi faceva sentire così bene. Sapete quando il vostro umore dipende anche da un'altra persona che non siete voi? Sapete quando sentite la risata di un'altra persona e anche se state male ridete grazie a lei? Sapete quando il sorriso di un'altra persona fa sorridere anche voi? Ecco, a me succedeva con lui.

Arrivammo in un piccolo bar in pochi minuti, era carino come posto, anche se io mi concentrai di più sul cibo che ci servì il cameriere bassino e dai capelli rasati.

«Ecco a voi. Posso servirvi altro?» domandò lui. Io mi fiondai sul cibo e gesticolai per rispondergi un "no", anche se non fui sicura che lui avesse capito.

«No, grazie.» rispose Ashton guardolo male mentre lui andava via.

«Perchè lo guardi così?» gli domandai con ancora il cibo in bocca e con il rischio di affogarmi con il cibo, si, molto femminile come cosa.

«Nulla.» rispose lui guardando ancora da lontano il tipo.

«Non dire stronzate, dai.» gli dissi io tirandogli un leggero calcio sulla gamba con il mio piede sinistro.

«Stava con Fred Jackson quando ci provò con te e rideva, mi da fastidio quel tipo.» mi rispose. Io scoppiai a ridere, così lui guardò male me sta volta. Io gli stampai un bacio su una guancia e aggiunsi «Non ci pensare e mangia. Non hai fame?». 

«A dir la verità, ne ho tanta.» mi rispose, cambiando argomento e iniziando a mangiare.

«Allora ci sentiamo dopo?» mi domandò Ashton quando arrivammo fuori la porta di casa mia. C'erano due macchine estranee fuori casa mia, ops, mi ero dimenticata che quella domenica sarebbero venuti il futuro marito di mia madre e alcuni suoi parenti, una noia.

«Se mamma non mi toglierà il cellulare perchè non sono tornata a casa e avevo dimenticato il pranzo con il suo maritino perfetto e la sua famiglia, sicuramente.» gli risposi avvicinandomi a lui per poi dargli un bacio sulla mascella. Lui mi baciò per bene e poi mi dedicò uno dei suoi meravigliosi sorrisi e poi andò. 

Io bussai alla porta di casa mia, che aprì Brad. 

«Affiatati tu e il ragazzino eh.» disse cercando forse di essere simpatico, non riuscendoci. Lo salutai, salutai anche i suoi fratelli e genitori che erano lì da noi e andai da mia mamma che era indaffarata in cucina. Mi guardò innervosita poggiandosi le braccia lungo i fianchi. 

«Mamma, lo so che sei arrabbiata, ma almeno ho comprato il vestito per il matrimonio!» esclamai cercando di fare un sorriso convincente. Come avevo previsto, si dimenticò qualunque cosa e volle vedere subito il mio abito. 

Il resto della giornata passò molto lentamente, troppo lentamente. Io sembravo la babysitter che doveva tenere le mani dei nipoti di Brad lontani dai propri cassetti di camera. Non fraintendetemi, mi piacciono i bambini, ma quelle tre piccole pesti mi stavano facendo esaurire.

Il pranzo fu composto da odiose domande su di me, i miei amici e i miei voti scolastici, da chiacchiere noiosissime. Ah, e anche di sguardi fra mia mamma e Brad e anche se non l'avrei mai ammesso, erano carini assieme.

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