Diciannovesimo capitolo.- Giornate movimentate.

1.2K 91 2
                                    

«No nonna non c'è bisogno che tu mi faccia compagnia, no, no. C'è Ashton con me. Non ti preoccupare, si domani ti accompagno all'aereoporto. Non ti preoccupare, non mi dimenticherò. Si faccio attenzione, no non apro la porta a nessuno. Va bene, ciao, ciao.»

Era da circa 10 minuti che parlavo con mia nonna al telefono, mentre ero seduta sul divano di casa mia con Ashton, che mi guardava e ridacchiava. Le conversazioni di mia nonna erano un miscuglio di raccomandazioni, ansie e speranze, ormai ci ero abituata. 

Bloccai la chiamata e poggiai il cellulare sul tavolino basso accanto a me.

«Conversazioni interessanti?» mi domandò il mio ragazzo, facendomi sbuffare sonoramente. 

«Eh, certamente.» risposi prendendo il telecomando e accendendo la tv. Nonostante fosse abbastanza tardi, io non avevo sonno.

 «Hai veramente voglia di vedere la tv?» mi sentì chiedere, mentre stendevo le gambe addosso ad Ash.

 «Hai idee migliori?» chiesi a mia volta. Se avessi saputo che ci saremo ritrovati sul divano ad amoreggiare, gliel'avrei domandato sicuramente prima. Avrei potuto prevederlo, pensandoci.

Ci ritrovammo in camera mia velocemente, la stessa stanza in cui mi trovavo quando mi resi conto che per Ashton provavo sicuramente qualcosa di forte, qualcosa di molto forte. E mi resi conto di essermene innamorata perdutamente. Sapete, a volte non ci si rende subito conto di quanto amore si prova verso una persona. E spesso si deve mettere a rischio il proprio cuore, rischiare di rimanere delusi da ciò che accadrà, ma se non si mette a rischio qualcosa, non si può sapere se l'amore è ricambiato. Nel mio caso, per fortuna, ne è sicuramente valsa la pena. Ma anche quando non è così, si deve continuare a reagire, non ci si deve abbattere.

La mano di Ashton accarezzò il mio fianco destro e sbottonò la cerniera dell'abito, facendo ricedere ai miei piedi il tessuto blu del mio vestito. Le mie scarpe finirono in un angolino della stanza e le mie labbra presero ad assaporare il collo del mio stesso ragazzo.

Ora le sue mani sfioravano ogni parte del mio corpo, quel corpo che per tanto tempo non avevo accettato, quel corpo che mi sembrava sempre troppo in carne. Ci stendemmo e ora la sua mano sfiorava alcune piccole smagliature sul mio fianco, quelle stesse cose che per tanto tempo avevo odiato. Deglutivo a fatica, mentre continuavo a lasciargli baci ovunque.

«Sai, questi tu li chiami difetti. Io li chiamo, particolari. Quei particolari che mi fanno amare ancor di più te.» mi sussurrò dolcemente. Ciò che accadde dopo, potete immaginarlo. Io so dirvi solo, che mi sentii davvero bene, stretta a lui, fra le sue braccia. Come se le sue braccia fossero il rifugio perfetto. 

La mattina dopo mi ritrovai con un braccio penzoloni fuori dal letto, cosa che se mi fossi addormentata di mia spontanea volontà e non ad un certo punto, non sarebbe successo. Insomma, ci sarebbe potuto essere un mostro sotto al letto che mi avrebbe potuto mangiare la mano. Avevo la testa di Ashton sulla mia schiena, così per alzarmi semplicemente dal letto e rivestirmi, dovetti fare un grande sforzo, non volevo svegliarlo. Mi chiusi nel bagno e feci una lunga doccia calda, lavai anche accuratamente i capelli che bagnati erano così sottili, mentre quando li asciugavo diventavano così maledettamente gonfi. Il telefono di casa risuonò, così corsi velocmente a recuperarlo nel corridoio di casa, con indosso un paio di pantaloni della tuta e una tshirt, con i capelli che gocciolavano sul pavimento.

«Pronto!» esclamai velocemente.

«Dianne.» sentì pronunciare dall'altra parte della cornetta. Una voce profonda maschile, una voce che mi fece raggelare e rimanere immobile.

«Papà.» sussurrai spalancando un po' la bocca.

Non lo sentivo da così tanto tempo, mi rifiutavo di parlare con lui ogni volta che chiamava, mi faceva stare troppo male. 

«Ti prego, non riattaccare. Per favore, parliamo.» mi pregò. Mi sentì così vulnerabile, dopo tanto tempo, così non riattaccai, lo lasciai parlare.

«So che avresti voluto rimanere qui, avevi i tuoi amici. Ma tua madre aveva trovato questa opportunità, non sapevo cosa fare.» iniziò.

 «Avresti potuto cercare di farmi restare con te. Avrei potuto provarci. Non riuscirci, non mi interessava che ci riuscissi, ma avrei voluto che tu ci provassi.» risposi, per la prima volta sincera. Avevo sempre inventato un sacco di balle, ma finalmente ero stata sincera.

«Tesoro, sarebbe stato inutile, non potevo mica mettermi contro.» balbettò lui, mentre mi accasciavo sul pavimento freddo.

«Per me sarebbe valso tanto, tantissimo.» biascicai a bassa voce.

«Mi perdonerai prima o poi?» mi chiese, facendomi restare lì, inerme.

«Non lo so. Ciao papà.» dissi, per poi riposare di nuovo il telefono e rimanendo accovacciata sul pavimento, con le gambe fra le braccia. Era stato strano riparlarci dopo tutto quel tempo, non sapevo neanche se ero dalla parte dello giusto o dello sbagliato, sapevo solo che ero tanto confusa.

«Amore. Che ti prende?» mi sentì domandare dopo qualche minuto. Alzai lo sguardo sul mio ragazzo, che ora era poggiato alla porta di camera mia con indosso solo le sue mutande colorate.

«Nulla.» bofocchiai, alzandomi in piedi.

«Sicura? Non mi convinci per niente.» esclamò guardandomi un po' accigliato.

«Si, sta tranquillo. Ho solo riparlato con mio padre dopo vario tempo.» gli risposi dandogli un bacio all'angolo della bocca e andando ad asciugarmi i capelli.

«Vieni con me ad accompagnare i miei nonni all'aereoporto?» gli chiesi dopo un po', mentre i miei capelli erano quasi asciutti. Lui era andato a fare una doccia e in quel momento i capelli gli ricadevano sugli occhi, bagnandogli la fronte.

«Certo. Aspetta, tua nonna non ci chiederà che abbiamo fatto, vero?» mi chiese prendendosi il phon dalle mie mani.  

«Spero di no. Nel caso, non arrossire piccolino.» gli dissi arricciando il naso, dandogli un pizzicotto sulla guancia e recuperando il mio cellulare per parlare un po' con Marty. L'avevo sentita attraverso un paio di messaggi solo il pomeriggio prima e ora avevo bisogno di parlare un po' con lei. Anche di sciocchezze, ma ne avevo bisogno. A fine conversazione decidemmo di vederci nel pomeriggio, la cosa migliore. Volevo abbracciarla forte e raccontarle un po' di tutto.

SPAZIO AUTRICE.

E dopo tipo..mm un mese? Sono tornata. Scusate l'assenza, ma non riuscivo a scrivere niente ultimamente. L'amore mi fa male e mi blocca l'ispirazione e la voglia di scrivere. Se leggete questo spazio autrice provate a dire ad alta voce e velocemente "Si muove Simone, Simone si muove." è il mio nuovo motto e Simone è il ragazzo che mi piace, lol. Okay dovrei curarmi. 

Spero semplicemente che questo capitolo non faccia proprio tanto tanto schifo e fra un po' mi metto a scrivere anche il prossimo capitolo, così non dovrete aspettare nuovamente tutto questo tempo. Un grande abbraccio a tutti voi, smack! Ps: Haz mia, leggi attentamente che ho continuato solo perchè se no non mi lasciavi stare gngn.. ti amo, sks.

GUERRA FRA BAND. |5sos fan fiction|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora