l'inizio di tutto

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Giorni dopo quell'evento ero tra le fila di banchi della scuola guida, mezza addormentata per via di una lezione particolarmente noiosa. L'orologio ticchettava di continuo ed era davvero l'unica cosa che mi vietava d'addormentarmi, sapevo di dover prestare attenzione ma tutta l'atmosfera era narcolettica, la mia guancia infatti si poggiò sul palmo della mano, sorretta a sua volta dal gomito.

Tavoli bianchi e pasticciati da ogni tipo di scritta, i muri negli angoli erano preda di orribili muffe che li tingevano di verde e marrone. Di certo non il posto migliore dove stare.

Presi molto sotto gamba le questioni legate alla scuola guida, non mi interessava poi così tanto quindi la maggior parte delle ore impiegate allo "studio" venivano passate al telefono, chattavo con Matteo che mi raccontava quanto fosse bella Roma e la sua università.

Lo invidiavo ma ben presto avrei partecipato ai corsi di sufficienza fisica e a quel punto non sarei rimasta ferma, in un'aula ammuffita.

O almeno così speravo, avrebbero potuto trovare diverse ragioni per scartarmi e sebbene mi sentivo pronta sapevo quanto selettivi fossero.

Uscii da quel mortorio quando l'istruttore ci disse che eravamo liberi di andare, ricordandoci quanto importanti fossero gli incroci. Insieme a gente totalmente sconosciuta me ne andai via, lo zaino usato alle superiori mi tornò ad essere utile. Non mi importava il fatto che fossi l'unica ad averlo con me. Lo tenevo sulla spalla destra mentre con le cuffie nelle orecchie camminai distrattamente, questo fin quando qualcuno non mi sbarrò la strada, non dovetti guardarlo in faccia per capire di chi si trattasse.

Era Edoardo che mi fece cenno di fermarmi, se mi disse qualcosa non lo sentii visto che tenevo la musica alta, come sempre.

Lo Evitai imbarazzata camminando alla sua sinistra ma lui mi afferrò il polso, così lo strattonai per liberarmi fulminandolo con lo sguardo.

Lui mi parlò ma ancora una volta le parole andarono a vuoto, gli indicai nervosamente le cuffie e continuai a camminare dandogli le spalle.

Dio, volevo soltanto che si lasciasse in pace, invece l'idiota mi si parò innanzi un'altra volta.

Sbuffai rimuovendo quindi le cuffie.

"Cazzo vuoi?!" saettai muovendo due passi indietro, lui mi guardava con occhi dispiaciuti. Prese del tempo per pensare e nel mentre inclinai il bacino incrociando le braccia sotto il petto.

"Chiederti scusa per quello che è successo l'altra volta, io... beh io non avrei dovuto".

Non risposi, feci cenno di no con la testa e provai ad andarmene ma lui ancora mi sbarrò la strada.

"Ecco..." esalò cercando poi qualcosa nelle tasche, non capii fin quando vidi una mazzetta azzurra, erano soldi, ti rendi conto?

"... voglio che li prendi, insomma per colpa mia non ha finito il tuo mese e mi sembrava giusto risarcirtelo".

Non credetti alle sue parole, furono così assurde che ridacchiai prima di rispondergli.

"Cos'è questo? Un orribile tentativo di comprare il mio silenzio?" domandai quindi guardando la mazzetta, erano ad occhio e croce sui trecento o forse quattrocento euro.

"No no! Assolutamente" si scusò lui prontamente. Afferrai la mano che reggeva quei soldi e la portai al suo petto con un sordo tonfo.

"Tranquillo, la tua dolce e cara moglie non saprà quello che cerchi di fare con le tue clienti." esalai ridacchiando e a quel punto provai ad andarmene ancora, per fortuna senza più essere fermata da quell'idiota.

Redwind: La folgore scarlattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora