Fu molto imbarazzante mostrarmi in quel modo, ero certa avrebbe pensato fossi matta.
Invece si avvicinò lentamente, le braccia si protesero timide a cercare le mie spalle su cui si poggiarono e nonostante sentivo il suo sguardo su di me, restai a testa bassa.
"Hey stai bene? Che ti è preso?" La sua voce era calda e gentile, come la sua presa, carezzò il mio braccio con delicatezza.
"Niente è che..." presi fiato. "non lo so, però non pensare che io sia pazza".
Ancora una volta Pedro ridacchiò, le sue mani si fecero ancor più gentili nel carezzare la mia pelle e afferrandomi per le spalle mi abbracciò calorosamente.
"Ma non farti problemi, volevo solo capire cosa ti sia successo, mi dispiace vederti così".
Ancora una volta non ero riuscita ad esternare un mio sentimento, capitava spesso anzi quasi sempre.
I pensieri che formulavo poi non riuscivo ad esternarli con le parole o se ci provavo, queste risultavano essere diverse, meno forti e significative del pensiero da cui erano nate. Ecco perché, nella maggior parte dei casi, restavo in silenzio.
Uscimmo dall'acqua dopo che mi tirò sul morale con qualche battuta, non avevamo degli asciugamani con noi quindi lasciammo al sole il compito di asciugarci. Comunque, eccezione per i capelli e parte dei vestiti, eravamo già asciutti al nostro rientro in campeggio.
I primi giorni passarono nello stesso ma divertente modo; la mattina mi trovavo con Pedro per correre, dopo pranzo ci riunivamo agli altri restando con loro tutto il pomeriggio e di sera ci ritrovavamo ancora.
Non ero mai a casa eccezione fatta per mangiare o dormire e mia madre prese ciò con sentimenti contrastanti.
"non sei in albergo!" mi rimproverava. "sono felice che hai finalmente degli amici con cui uscire un po'" diceva poi.
Ero così felice di trovarmi in quel posto da pregare i miei di ritornarci l'anno seguente, in cambio di voti migliori. L'idea di dover fare ritorno a casa mi rattristava, ingigantendo sempre più il fantasma della mia vita disastrosa. Il freddo della solitudine era pronto ad avvolgermi tra le sue tristi braccia nelle quali io però non avevo voglia di ritornare.
Scacciando quelle ansie cercai di godermi il tempo che rimaneva, avrei fatto tesoro di tutte le situazioni in cui mi sarei ritrovata con quei quattro pazzi.
Avevo riso più in quel periodo che in tutta la mia intera vita, mi sentivo libera e viva. Semplicemente felice.
Una sera, dopo cena ci ritrovammo nella casetta di Thomas, quando non volevamo uscire stavamo sempre da lui con i joypad della playstation 3 tra le mani.
"se avessi portato con me Soul Calibur avrei aperto i vostri culetti da stronzi" ridacchiai stizzita.
Per lo più giocavamo a Fifa ed io ero una schiappa, infatti perdevo sempre sette a zero o anche peggio ma la mia testardaggine mi impediva di arrendermi.
Solo una volta riuscii a segnare un goal, oltretutto per mera fortuna proprio contro Pedro che era il più bravo di tutti.
Mi alzai urlando e dopo aver dato un colpo all'indietro coi gomiti lo indicai. Anche gli altri esultarono come se avessi vinto il mondiale e prendevano in giro Pedro.
"Ah!" Esclamai ad alta voce "Beccati questo! Stronzo!"
Lui guardò me con sguardo apatico, restò poggiato con la schiena all'indietro e le gambe spaparanzate in avanti, guardò il televisore spostando la testa come gli fossi d'intralcio e mi indicò il divano.
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Redwind: La folgore scarlatta
Azione👉🏻 2° classificato al concorso "nuovi talenti 2019". "non puoi dire di essere vivo se non hai una ragione per la quale sei disposto a morire" Questo Elisa Mazzoli lo sa bene, lo sente nel suo cuore e se lo ripete continuamente, Questo la fa andar...