La bellezza della morte si mostrerà al mondo

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Mi risollevai lentamente, rivolgendomi verso la mia squadra che mi stava fissando, io intanto contattai Alyssa.
"sergente Clovet, mi riceve? Sono il Caporale Mazzoli, passo". In attesa di risposta mi avvicinai verso gli altri che mi coprivano, in lontananza si udivano i tipici suoni prodotti dai fucili d'assalto, non essendo silenziati significava che la squadra Alpha era sotto attacco. Avevamo fallito la nostra parte di missione ma quanto meno potevamo dare supporto.
"avanti caporale, hai aggiornamenti? Passo". Stavamo ancora percorrendo la strada tra i magazzini A e B quanto più in fretta possibile.
"il mio Sergente è caduto in azione, Chatov è scappato a bordo di un elicottero, Dove sono i tuoi uomini?Andiamo a fornire supporto, passo".
La risposta non arrivò immediata, i colpi si facevano sempre più vicini ma ancora non capivo con precisione il punto d'origine. Stavo per chiedere al sergente Clovet se mi avesse ricevuto ma lei rispose poco prima che prendessi parola.
"mi dispiace per il vostro sergente, Alpha si è infiltrata nel magazzino otto delta, hanno preso il pacco ma una massiccia forza ostile li trattiene all'interno, se riesci a spingerli verso il magazzino otto Echo possiamo abbatterli all'incrocio, ti consiglio di riposizionare i vostri cecchini e di non ingaggiare a stretto contatto per evitare il fuoco blu, passo" Parlò velocemente ma riuscii a starle dietro, il piano sembrava buono.
"ricevuto, passo e chiudo".
Mi affrettai a chiudere il contatto radio con lei così da poter contattare Glauco e il suo spotter, quello che stavo per dirgli gli avrebbe distrutto l'umore.
Intanto raggiunsi la parallela alla mia sinistra, trovandomi tra i magazzini C e D, più avanti avremmo trovato quindi le forze ostili perché avanzando il numero al lato della lettera progrediva.
"Bravo a delta, Sono Il Caporale mazzoli, mi ricevete? Passo!" esclamai e quando mi rispose, lo aggiornai.
Quando gli diedi la brutta notizia chiuse velocemente il contatto radio confermandomi però il riposizionamento, avrebbero raggiunto Charlie, i cecchini di Alpha. Giungemmo presto in zona d'ingaggio con la milizia africana così trovammo riparo dietro il magazzino nominato C7.
"Via i visori, accechiamoli" ordinai togliendo quindi il mio visore notturno, quando tutti quanti eravamo pronti, avvisai Il sergente Clovet di quello che stavo per fare, così da non accecare Alpha.
Furono tre scoppi rapidi, assordanti e accecanti dopo i quali, abbassando ancora i visori mi esposi con i miei e aprimmo rapidamente il fuoco, molti morirono, altri invece indietreggiarono in modo confuso ma quando raggiunsero l'incrocio, caddero uno dopo l'altro sotto i colpi degli sniper. Ogni volta il loro sangue spruzzava violentemente per terra mentre i corpi crollavano sul cemento. All'entrata del magazzino capimmo perché Alpha fosse bloccata all'interno. Questa era molto larga con un cancello di metallo spostato completamente sulla destra. Gli alleati erano difronte a noi, nascosti dietro le porte in un corridoio dopo un grosso spiazzo. Su quest'ultimo vi erano delle impalcature dove la milizia li teneva inchiodati colpendoli su ambo i lati.
Ma col nostro intervento le cose mutarono, loro non avevano alcun riparo mentre noi otto disponevamo delle pareti ai lati della grossa entrata principale. Fornendo fuoco si copertura quattro di noi raggiunsero l'altro lato e potendo quindi sparare in qualsiasi direzione, in più eravamo furiosi e questo ci diede una spinta per riversarci contro di loro con la forza di un fiume in piena. Li travolgemmo in poco tempo liberando quindi l'entrata.
Alpha confermò ad Alyssa il nostro arrivo e ci raggruppammo, uno di loro tra le mani aveva un portapacchi rosso con un manubrio simile a quello di una bici due ruote alla base. Sul piano metallico c'era poggiato un fusto metallico pieno di etichette e avvisi, tra questi riconobbi il pericolo biochimico e l'alta corrosività.
Qualsiasi cosa fosse quel liquido rosso era sicuramente pericoloso.
A quel punto avvertimmo la base operativa, fu avvertita della fuga di Chatov, la morte del Sergente Marti e del fatto che eravamo riusciti a recuperare un campione di quel liquido scarlatto per il quale ci avevano mandati lì.
Ai piani alti sembrava interessare fin troppo il contenuto, non importava il motivo, avremmo portato a casa quel fusto.
Ci avvertirono di abbandonare in fretta il sito perché avrebbero fatto partire dei caccia per bombardarlo e di recarsi verso nord dove un aereo sarebbe decollato per l'estrazione.
Col moschin e Delta Force formarono un cerchio di sicurezza attorno al ragazzo che spingeva il porta pacchi, avanzammo compatti nella strada dove i cecchini avrebbero potuto fornirci copertura. Le forze ostili non erano state neutralizzate del tutto e quando si esponevano, spesso non facevamo nemmeno in tempo a sparare che venivano uccisi dagli sniper con singoli colpi. C'era fretta e un po di paura, presto quel posto sarebbe stato raso al suolo e dovevamo trovarci ovunque meno che lì.
Raggiungemmo il confine del sito e risalimmo il la collina rocciosa, a quel punto, anche i cecchini si alzarono smontando le loro postazioni seguendoci.
Avevo una brutta sensazione, sentivo che ci avrebbero attaccati durante la nostra ritirata, alla mia destra, il ragazzo che portava il fusto era visibilmente nervoso, cercava di non farlo cadere anche se il terreno irregolare gli rendeva difficile il compito.
Udii un rumore assordate e guardando verso l'alto e vidi l'aereo per l'estrazione sorvolare sulla nostra testa per poi atterrare a metri di distanza, impiegò un po prima di riuscire a fermarsi allontanandosi ancor di più.
Subito dopo il portellone iniziò ad abbassarsi, aumentai la mia andatura perchè più mi avvicinavo all'areo, più cresceva in me l'ansia di essere attaccata.
Per questo mi guardavo in dietro nonostante altri stavano comprendo la nostra fuga, fui sollevata soltanto quando entrai nella stiva e girandomi puntai l'arma fornendo copertura agli altri che stavano entrando.
C'è l'avevamo fatta, più o meno. La missione fu un mezzo fallimento ma eravamo vivi, almeno noi.
Quando andai in fondo a sedermi il mio pensiero andò al Sergente Marti; la sua famiglia che non avrebbe nemmeno avuto un corpo da seppellire. Tolsi i guanti lanciandoli per terra e immersi la faccia nei palmi mentre piegai la schiena in avanti, i gomiti poggiati sulle ginocchia ad imprecare di continuo.
Lacrimavo ma non piangevo mentre Uno dei delta poggiò una mano sulla mia spalla, restammo tutti stretti.
Vicini nel dolore per aver perso il nostro amato sergente.
Gli uomini come lui erano rari, a lui non importava che gli dessimo del lei, faceva di tutto per farci sentire tutti una famiglia, duro ovviamente ma dal cuore buono, non lo conoscevo nella vita privata ma ero sicura fosse un bravissimo papà e un dolce marito. Ci amava davvero, così tanto che si sacrificò per salvarmi.
Il senso di colpa mi stritolò ma la mia mente fu portata via da quei pensieri quando un esplosione squarciò la coda del velivolo. Vidi le fiamme avvolgere alcuni uomini e altre furono sbalzati via dall'aereo.
Il vento mi schiaffeggiò lungo tutto il corpo mentre iniziai a sentir girare tutto quanto, dove prima c'era la coda a quel punto si poteva vedere il cielo e il terreno, non eravamo altissimi ma una caduta simile era sicuramente mortale. Mi strinsi forte alle cinture stringendo gli occhi convinta che quella volta sarei veramente morta, ero scampata a tante cose, pensai che evidentemente dio o qualsiasi cosa governasse tutto, mi voleva morta e ci sarebbe riuscito quella notte. Tremava tutto e i suoni degli allarmi invadeva le mie orecchie assordandomi.
L'enorme afflusso di sangue nella testami stordì e la paura mi pietrificò facendomi gelare, smisi anche di respirare e di colpo non vidi più niente.
Ero a casa mia, seduta al mio posto vicino al tavolo. Mia madre arrivò dalla cucina con una grossa teglia nella quale un grosso pollo arrosto fumava in un letto di patate al forno.

Redwind: La folgore scarlattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora