la festa di compleanno

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Il vento si fece più forte nel giro di una mezz'oretta. Sopra di me, la tenda veniva sferzata violentemente e lo sfarfallante suono del suo tessuto bombardava le mie orecchie. Freddo e violento sbraitava minaccioso, quasi come volesse intimarci di andar via.

Iniziai a provare del formicolio sulle gambe, così le mossi lievemente per far circolare meglio il sangue. Stare fermi in un unico punto era molto più difficile di quanto si possa pensare. Il corpo infatti, poco a poco s'indolenzisce e in caso di pericolo, correre con le gambe addormentate diventava debilitante.

Quanto meno, non ero sola. Altrimenti quella notte sarebbe diventata ancor più lunga.

Cheese era una compagnia particolarmente fastidiosa ma raccontargli della mia vita, mi distraeva dal fastidio provato alle gambe e alla pressione sul busto.

Intanto, due chilometri a nord dalla nostra posizione, non era cambiato nulla. i tempi erano ancora maturi e non si vedeva altro se non le solite ronde.

"mi spiace che tu abbia subito bullismo, mi fai sentire in colpa." Commentò lui ridacchiando.

"in colpa?"

"si, da ragazzino, nell'orfanotrofio facevo il bulletto!" controbatté lui.

Senza guardarlo gli diedi un pugno leggero sulla guancia e lui finse di essersi fatto male.

"crescendo in un posto simile dovevo farlo, qualcun altro lo avrebbe fatto a me altrimenti."

fu la sua giustificazione a cui non diedi risposta.

Calò il silenzio interrotto soltanto dal vento e dalla tenda, tutto attorno a noi era così desolante. Completamente morto.

Deglutii appena spiando due dei contatti nella villa, questi stavano parlando tra di loro e quello a destra indicava all'altro, vari punti con la mano mentre il suo compare annuiva in continuazione.

Sentii improvvisamente la mano di Cheese poggiarsi appena sulla mia zona lombare, il tocco mi spaventò perché decisamente inaspettato ma per fortuna non sobbalzai.

"Cheese! Ma sei cretino?!" fu un uno di quei urli fatti a bassa voce. "mi hai fatto prendere un colpo!" aggiunsi.

"s-scusa Irish, non era mia intenzione!" Tolse la mano e poggiandola sulla canna del proprio fucile lo inclinò a destra di alcuni gradi.

"sei uno dei pochi che farebbe una cosa del genere, in un momento del genere!" dissi ridacchiando incredula ma subito dopo, avvertendo il bip della radio, tornai seria.

"Qui Irish, Delta a rapporto, Bighouse avanti" comunicai.

" Irish, aggiornamento" disse semplicemente. Voce tranquilla, quasi annoiata.

Guardando i disegni che Cheese aveva fatto, gli spiegai filo per segno quanti uomini vi erano a guardia, come fossero armati e il modo in cui giravano lungo la proprietà.

Come suggerito da me precedentemente, Bighouse ci ordinò di abbattere quelli sul doppio tetto non appena avremmo avuto luce verde.

Quando chiuse la conversazione tornammo al nostro silenzio.

Nel buio di una notte gelida, guardai il mio sottoposto per un attimo e lui fece altrettanto, abbozzando un sorriso un po da ebete che intravidi appena.

Passarono dieci minuti e lui riprese a parlare.

"comunque non ha finito la sua storia". Tornai con lo sguardo su di lui

"c'è davvero bisogno, sono diventata maggiorenne, mi sono arruolata, poi è successo quello che già sai ed eccomi qui! Fine!" usai un tono monotonale ed annoiato.

Redwind: La folgore scarlattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora