La civile Mazzoli Elisa

50 5 3
                                    

 A parte quel singolo evento, la cena proseguì tra risate e spensieratezza. Mangiai come un bisonte tanto da sentirmi scoppiare ma sapevo che in posti simili si faceva sempre quella fine e soprattutto, la birra era buonissima.
Il nostro tavolo era parecchio rumoroso, un gruppo di toscani scappati a Milano si potevano riconoscere lontano un chilometro. Oltretutto la band era in estasi per l'ingaggio appena ottenuto quindi ripetemmo due o tre brindisi urlando e ridendo come matti.
"Comunque secondo me, essendo pratese, Elisa tra tutti questi cinesi si sente a casa" Esclamò Marco, frecciatina divertente a cui risposi prima con un dito medio ben sollevato.
Prato era famosa per la sua elevata popolazione cinese all'interno quindi quando una come me diceva di essere pratese veniva presa in giro per questo.
A me comunque non tangeva molto e prendevo la cosa con ironia, infatti risposi a tono.
"ma tu non hai capito, in realtà prato è un distaccamento cinese e siamo pronti ad invadere tutta l'Italia, iniziando proprio da Livorno".
Infatti provenivano proprio da quella città anche se Milano sarebbe stata la nostra nuova casa, loro per la musica mentre io avrei trovato la mia nuova strada. In quel momento di gioia e spensieratezza arrivai a pensare che magari avrei trovato qualcosa fuori dalla vita militare che mi avrebbe resa felice, almeno speravo fosse così.
Quando finimmo di mangiare ci fermammo nel marciapiede appena fuori dal locale, le strade illuminate da una serie infinita di lampioni erano percorse continuamente da auto e mezzi di trasporto pubblico. Gente stanca che tornava a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Milano mi sembrò narcolettica, fredda non solo nel clima ma anche come aria che la circondava.
A quell'ora era ormai quasi tutto chiuso fatta eccezione per quei piccoli market gestiti da stranieri che vendevano le loro specialità tipiche.
"ragazzi è stata proprio una bella serata ma devo prendere la metropolitana prima che me la chiudono" Spiegò marco facendo poi il giro tondo dei saluti.
"mi ha fatto piacere conoscerti" Gli dissi dopo che entrambi ci baciammo le guance.
"vengo con te, andiamo nella stessa direzione!" spiegò Cielo per poi guardarmi e ancora una volta mi abbracciò. Si... era veramente fin troppo espansiva.
"allora poi ci organizziamo per uscire" disse ancora, io gli feci cenno di si e la salutai con gentilezza.
Poco a poco ci trovammo solo io e Sam, gli unici che non avevano bisogno di prendere mezzi o auto per tornare a casa. Una camminata d'un quarto d'ora ci avrebbe aiutati a digerire quella montagna di cibo ingerita.
Come prima giornata milanese non fu nemmeno tanto male, se non per il litigio che intrapresi con Samuel, non mi era piaciuto infatti l'episodio della birra e per quanto sapevo lo facesse per me, mi fece sentire parecchi a disagio.
Certo non era l'ideale litigare la prima notte di convivenza ma poi per il resto andò bene.
Ogni mattina mi svegliavo alle sette e dopo una rapida colazione andavo in giro munita di curriculum e biglietto per la metropolitana se avessi voluto raggiungere luoghi più distanti.
Senza rendermi conto ero diventata esattamente come non avrei voluto essere da ragazzina, dicevo che quelli della mia scuola avrebbero passato una vita a cercare lavori brutti mentre io avrei fatto qualcosa per rendere il mondo un posto migliore e anche se per un po' avevo avuto ragione, più o meno. Ora mi trovavo ad essere una comunissima qualunque seduta sulle poltroncine giallognole della metropolitana m2 di Milano. Musica Country e rap italiano si alternavano nelle mie orecchie mentre con sguardo assente fissavo tutte le altre persone.
Era assurdo come tante persone diverse sembravano in realtà tutte uguali; a testa bassa, occhi intrappolati dai loro telefoni ed un volto inespressivo. Nemmeno si accorgevano che li fissavo.
Cosa prendeva a tutta quella gente? Perché nessuno sollevava la testa rendendosi conto di quello che stava succedendo? Ero l'unica a vedere la fredda... triste desolazione che avvolgeva tutti.
Effettivamente, a quel punto mi resi conto di non essere l'unica, un uomo poggiato all'indietro con la schiena sembrava stesse dormendo con il cappuccio della sua felpa nera che lo copriva dalle narici all'insù. Mosse in alto la mano in un segno di saluto quando restai a fissarlo più del dovuto e sentendo un senso di disagio tolsi lo sguardo quando la metro si fermò.
"Montenapoleone, fermata Montenapoleone. Aperture porta a destra" disse la voce negli alti parlanti ripetendola poi in inglese.
Molta gente uscì in silenzio salvo per quelli che erano al telefono e quando ripartì, guardai in direzione dell'uomo incappucciato ma questo non c'era più.

Raggiunta piazza d'uomo mi guardai attorno, nonostante fosse mercoledì era piuttosto affollata, soprattutto nel centro di essa dove svariati turisti si fotografavano davanti la cattedrale con larghi sorrisi e in pose sbracciate. Alcuni bambini correvano inseguendo i piccioni che spaventati volavano via in tutte le direzioni. Dietro il monumento di Vittorio Emanuele II a cavallo, alcuni ragazzi addetti all'operazione strade sicure facevano picca in uniforme, imbracciando i loro arx160. Restai fermai a guardarli a distanza, in modo da non esser vista e passar per pazza ma ne vederli sentii una stretta al cuore così forte da sentirmi male. Dovevo andare in giro a mandare curriculum ma decisi di sedermi sul primo gradone del monumento, volta con lo sguardo opposto alla cattedrale.
Piegai il viso verso il basso, una mano coprì la fronte mentre cercai di riprendermi.
Era un capitolo chiuso della mia vita, dovevo farmene una ragione e soprattutto farmi forza, passare oltre letteralmente oltre che metaforicamente.
Muovendomi verso via Torino li sorpassai sulla sinistra, stavano parlando tra di loro e quando uno di loro si accorse che li stavo fissando lui mi sorrise e io feci altrettanto porgendo un perfetto saluto militare. Mi mancava fare quel gesto e muovere l'avambraccio in quel modo donò al mio stato così triste un senso di assuefazione, come aver soddisfatto un bisogno impellente.
Non so se capì o meno ma il suo sorriso si ampliò e anche lui mi salutò in quel modo, ancora oggi non so dire se quel momento fu bello o imbarazzante ma comunque me li lasciai alle spalle e quel saluto voleva essere un mio passaggio di testimone, lasciando il mio passato lì con loro, dove doveva stare. Intanto io avrei continuato a camminare e quindi sarei andata avanti con la mia vita, che mi piacesse o meno, aveva poca importanza.
In quei giorni tra le vie Milanesi, scoprii che paradossalmente era più facile uccidere una persona che trovare qualcuno che fosse anche solo interessato nel ricevere curriculm.
"mi dispiace in questo momento siamo apposto, buona fortuna" mi veniva detto più o meno sempre la stessa cosa e quando uscivo dai negozi mi sentivo sempre più abbattuta, stanca di vivere ogni volta la stessa situazione giorno dopo giorno.

Redwind: La folgore scarlattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora