Dovevo cercare di non pensarci, presto qualcuno avrebbe avuto successo là dove io tempo prima avevo fallito. Il mio pensiero in quel momento era quello di presentarmi al colloquio con la testa sulle spalle.
Quando arrivai al negozio Il signor Motta era già all'interno, dietro il bancone stava pulendo il macchinario dove i tea venivano sceccherati, con la testa rivolta a destra parlava alla stessa ragazza che prese il mio Curriculum.
Capii che stessero parlando di quanto a caduto in Russia ma appena i campanellini tibetani annunciarono il mio entrare, smisero immediatamente e l'umo mi venne in contro già pronte con il braccio proteso verso di me.
Era un uomo basso e grosso. Mi arrivava si e no al petto mentre i suoi pochi capelli brizzolati che aveva in testa facevano il giro dietro la nuca lasciando in alto una lucente pelata.
Per finire, il suo labbro superiore era coperto da folti baffoni facendolo sembrare parecchio buffo anche per via dei suoi lineamenti molto grassi e tarchiati.
"eccoti qui, anche parecchio in anticipo, qui non c'è un ufficio ma possiamo parlare nel retro se non è un problema" Disse indicandomi il posto col pollice alla sua sinistra.
Dopo aver accettato salutai la ragazza e seguii l'uomo, non era di certo il colloquio più professionale del mondo e dovevamo stare in piedi ma quanto meno capii che ci saremmo sbrigati in fretta.
"ho letto dal curriculum che hai prestato servizio nel nono reggimento!" Questa fu la sua prima domanda a cui ovviamente risposi in maniera positiva e notai che l'uomo sorrise in maniera malinconica.
"quando ero giovane io prestavo servizio nel cento ottantaseiesimo della folgore, tanti anni fa ormai" confessò e sapere che l'uomo fosse stato un ex soldato fece sorridere anche me, pensai che probabilmente se fui chiamata così tanto in fretta lo dovevo anche a ciò e infatti i miei dubbi si dimostrarono certezza.
Il signor Motta mi disse che sebbene non avessi esperienze ero anche fin troppo qualificata per lavorare per lui ma che capendo il periodo di difficoltà avrebbe voluto darmi una mano e quindi decise di mettermi in prova pagata per due settimane. Insomma... Avevo finalmente trovato lavoro.
Ormai d'accordo non prolungammo la conversazione e poco dopo mi congedò, non prima di offrirmi un tea alla pesca con bubble alla fragola. Al settimo cielo per aver trovato finalmente un posto accetai, ancora una volta salutai la ragazza, mia prossima collega e il signor Motta che mi fermò poco prima che uscissi.
"qualche anno fa al telegiornale hanno parlato di due soldati tornati vivi dopo un gravissimo incidente aereo, gli unici due italiani sopravvissuti ed una era proprio una soldatessa dai capelli rossi, non è che sei tu?" domandò lui.
Sentii mancare un battito mentre le immagini dell'aereo che precipitava tornarono alla mia mente così come le urla dei miei compagni o il deserto nel quale rischiai di morire.
"Non penso che io sia l'unica soldatessa dai capelli rossi nell'esercito italiano" cercai di rispondere in modo ironico. "non sono io, mai precipitata da un aereo, giuro" Aggiunsi ancora con un tono ironico e spensierato. Tono che il mio viso di certo non aveva appena lasciai quel negozio, tornai a riflettere di quanta fortuna avessi avuto quella volta e quanto dolore dovetti attraversare per continuare ad andare avanti in ogni singolo giorno. Quella era la guerra più difficile di tutte, tentare di andare avanti a testa a alta e cuore forte, ritrovare sicurezza ogni giorno nelle cose quotidiane e affrontarle anche se una voce nella testa ti dice di fermarti, anche se vuoi solo sparire sotto le coperte e far lacrimare i tuoi occhi. Arrendersi a tutto quello significava perdere la guerra più importante ma difficile di tutte, quella della vita di tutti noi. Nonostante fossi scappata dall'esercito macchiata di vergogna dovevo comunque cercare di raccogliere ogni mio pezzo lasciato in giro e usarlo per ricostruire una nuova me in modo da non arrendermi anche quando certi ricordi tentavano di distruggermi dall'interno.
In quei momenti pensavo alle cose più belle che conoscevo e nonostante il primo pensiero fu rivolto a Samuel, mi accorsi che in realtà non funzionava. Nonostante in passato mi aveva aiutato a diminuire l'alcol e tristezza arrivata a quel punto quando pensavo al mio ragazzo iniziavo a sentire un senso di oppressione che mi stava stretto e impediva ai miei polmoni di gonfiarsi al pieno delle loro capacità.
Raggiunta la stazione metropolitana del Duomo scesi in direzione dei tornelli ma quel senso di ansia continuò a crescere, incrementato anche dal suono che producevano i treni al loro passaggio, circondata da quelle mura mi sentivo in trappola e il fiato si fece sempre meno. Come se non bastasse iniziò a girarmi la testa mentre cercavo di calmarmi con lunghi respiri ma niente di tutto ciò serviva davvero se non tornare sui miei passi, oltre la scalinata.
Ancora l'ennesimo venditore mi si avvicinò e con un forte impatto afferrai il suo polso quando allungò la mano per lasciare sul mio braccio quel dannatissimo braccialetto.
"levati dal cazzo o ti ammazzo" urlai dandogli anche uno strattone.
Di colpo le persone attorno si voltarono verso di me, notai che alcuni ghignarono dell'accaduto mentre l'uomo sembrò parecchio irritato dal mio gesto e mi si avvicinò con fare ostile dandomi della puttana.
Io mi feci avanti, era poco più alto di me ma non mi spaventava.
"se voglio il tuo merdoso braccialetto vengo a chiedertene uno, altrimenti tu non mi devi toccare, hai capito?". Altri suoi compari si stavano avvicinando mentre le persone attorno a noi si soffermarono incredule.
Sicuramente avevo esagerato come sempre in quel momenti ma bastava davvero poco a scatenare un senso d'odio così profondo da lasciare sconcertata anche me. In quel momento io non volevo fargli male per dargli una lezione. Ogni mio pensiero mi diceva che nel caso avrebbe provato a minacciarmi avrei dovuto ucciderlo e stavo già prendendo le misure per poter colpire il suo collo.
Tutto ciò non avvenne, un uomo poco più alto di me con capelli grigi di media lunghezza si mise nel mezzo. Aveva una barba folta ma curata, occhi azzurri e vestiva con un abito che pareva essere costosissimo.
"vi prego signori, manteniamo la calma, non è questo un atteggiamento da mantenere in un mondo civile" disse con tono quasi ironico. Parlò italiano ma con un accento vagamente simile al francese.
Guardai l'intruso mentre spingeva con la mano sulla mia spalla per intimarmi di stare a distanza ed effettivamente quel suo modo mi fece rendere conto di quale casino avevo creato per così poco.
"ha iniziato lei, io non le ho fatto niente" si scusò l'uomo di colore.
Mi ero già voltata cercando di oltrepassare quell'anello di persone che si era formato, sentivo i loro sguardi puntati su di me ma non guardai nessuno di loro in faccia, troppo nervosa per poter restare sotto in quel posto trovai nella folla una via di fuga senza aggiungere parola alcuna.
Mi avviai a casa senza mezzi di trasporto, godendomi una passeggiata tra le vie urbane di milano.
Il tragitto da duomo a centrale impegnava un po' a piedi ma di certo non era un problema per me, aiutò perfino a calmarmi e quando raggiunsi il portone di casa ero già un'altra persona.
Le mie labbra tornarono a curvarsi verso l'alto in un ampio sorriso anche per via della chiamata che ricevetti.
"mi hanno presa!" Esclamai subito, era Cielo e lei fece un urletto felice.
Mentre parlavo con lei al cellulare salii le scale evitando l'ascensore altrimenti la conversazione sarebbe potuta saltare.
"sono felicissima! Sicchè a prendere bubble tea si va da te, ma fisso!" rispose lei divertita e io annuii poi sentii il suo tono diventare più teso, mi chiese se poteva farmi una domanda.
"anche due!" Rispondevo sempre in quella maniera quando qualcuno mi chiedeva quella cosa.
"io sono ignorante in materia per questo voglio chiederti; ho visto che è successo a San pietroburgo e ho seriamente paura, adesso cosa succede? Oltretutto non è che devi tornare?".
L'argomento era inevitabile, quel giorno che per me sembrava così normale; come uno qualsiasi della mia vita. In realtà sarebbe passato alla storia esattamente come accadde nella seconda guerra mondiale. I telegiornali purtroppo avevano ragione e rimuginandoci su... Mi sentii alle strette.
"Cielo, non so dirti di preciso cosa accadrà ora, sicuramente i responsabili verranno fermati con ogni mezzo ma tu devi stare tranquilla ok? Quanto riguarda me, io ormai non faccio più parte dell'esercito. Sono esattamente come te" Cercai di tranquillizzarla visto che dalla voce pareva essere davvero tanto tesa.
Così cercai di portare la conversazione verso altri temi, mi raccontò d'aver visto ancora il ragazzo del sito d'incontri e che quella volta non fecero niente, solo una semplice uscita.
La lascia parlare, facendo da buona ascoltatrice e di tanto in tanto aggiungevo qualche ironico commentino così che poco per volta la ragazza si calmò.
Quando entrai in casa Samuel Non era in casa quindi mi stesi sul divano recuperando un sacchetto di patatine alla pizza per terra, vicino il divano stesso. Tolsi la molletta gialla che lo chiudeva e nel parlare con la mia amica iniziai a mangiarne alcune.
Erano quel tipo di patatine che lasciavano le briciole sulle dita, non so tu ma a me davano parecchio fastidio.
Restai così, in un limbo nel quale sapevo di dover fare qualcosa ma non avevo voglia di fare niente. Sommersa come mio solito da mille pensieri che rendevano pesante la mia testa e quando decisi di distrarmi giocando alla playstation, cosa molto usata in quel periodo. Il mio telefono squillò.
Capii che fosse mia madre perché avevo impostato la marcia imperiale di Star Wars come suoneria soltanto per lei.
"hey ma'! Come stai?" Domandai tranquillamente.
"Tuo padre è appena andato via di casa, Dovresti chiamarlo sai che lui non lo farà. Io sono qui con Leo. Stava disegnando e mi ha chiesto di te.".
Quello che più fece male di tutta quella conversazione fu il tono della voce che mia madre aveva.
Spento totalmente, aveva perso vitalità e sembrava parlare ad inerzia come se in realtà non fosse presente. In qualche modo, nel profondo. Sapevo che fosse colpa mia o comunque ero parte di ciò che l'aveva resa in quel modo.
I miei si erano separati e io lo venni a scoprire per telefono, senza che effettivamente avessi potuto fare qualcosa ma anche se fossi stata lì, sarebbe servito a cambiare ciò che accadde tra loro? Perchè continuavo ad ostinarmi in quel pensiero che io potevo risolvere tutto?
"lo chiamerò e mamma... sei sicura di questa scelta? Cioè non si può risolvere in qualche modo? Ti voglio bene, vi voglio bene e vorrei poter essere una figlia migliore di così." Mi spiegai con la voce commossa e rattristata.
"Elisa non c'è verso, non voglio più vivere in casa con una persona che praticamente non c'è ma. Va bene, lavora tanto ma anche nei giorni in cui è con noi... non è con noi. Non gioca mai con Leonardo non mi guarda nemmeno. Va bene così" Spiegò lei e messo in quella luce mi resi conto di quanto in realtà somigliassi tanto a mio Padre. Non sapevo come prendere quella realizzazione perchè per quanto gli volessi bene, anche per me c'è stato poco e niente ma effettivamente stavo facendo esattamente quello che mio padre fece per anni.
In un certo senso questo mi aiutò a comprendere meglio le ragioni di papà, lavorava lo faceva con impegno per portare soldi in casa ma poi pensa che lo stesso faceva mia madre con turni davvero proibitivi in ospedale, eppure era sempre amorevole quando stava con me.
Non sapevo dove la mia lancetta della ragione stesse puntano e con tutta probabilità, nessuno aveva torto. Semplicemente doveva andare così per quanto doloroso.
"non insisto oltre allora, dovete vedervela voi. Hai bisogno di qualcosa mamma? Comunque poi passami la mozzarellina, per favore." dissi sollevandomi, restai seduta sul divano, testa verso il soffitto.
"ti ho detto tante volte di non chiamarlo così, comunque non ho bisogno di niente, male che vada qualche volta vieni a trovarci, fallo per tuo fratello". Si sentiva che fosse disillusa anche nei miei confronti, non pretendeva da me come aveva sempre fatto, non aveva risposto alle mie scuse, esattamente come Matteo mesi prima, liquidò la cosa aggiungendo più cenere nel mio passato del quale in qualche modo volevo correre ai ripari ma avevo la sensazione che fosse impossibile.
"hey mozzarellina!" Esclamai mutando voce quando sentii la vocina di Leonardo.
"Carota!" Rispose lui, ci chiamavano sempre così e la cosa più tenera era la sua erre moscia.
Soltanto la sua voce bastò per farmi stare meglio, sentii un caldo piacevole sul mio petto e le labbra senza che io avessi voce in capitolo a riguardo, si sollevarono in un largo sorriso.
"Come stai brutta bestiaccia? Fai il bravo con la mamma?" Domandai.
"si! Io sono bravo! Ora sto facendo un disegno così quando torni lo vedi, ci sei anche te!" Mi disse tutto felice.
"ah ma allora voglio proprio vederlo! Magari quando torno ti porto anche un regalo!".
Lo invidiavo, perché in tutto quel casino a lui bastava un regalo e tutto il resto era perfetto, di una vispa innocenza che mi faceva sciogliere il cuore.
Mi mancava come l'aria stringerlo a me e spupazzarlo, sentirlo sghignazzare. Avevo perfino nostalgia di quando intrufolandosi in camera mia prendeva i modellini per giocare e anche se partivo con l'intento di sgridarlo, finiva che giocavo con lui facendogli promettere che la prossima volta avrebbe chiesto il permesso.
Parlammo per almeno due ore, al punto che per continuare dovetti mettere il viva voce. Non con Leonardo, lui dopo dieci minuti si stancò e tornò a giocare ma mia madre voleva sapere come mi trovassi a milano.
Gli raccontai che il rapporto con Samuel aveva qualche problematica ma del resto, quale coppia non ne aveva? Fu anche tanto felice di sapere del mio nuovo lavoro dicendo "momentaneamente è perfetto" e ovviamente l'argomento non poteva che migrare verso l'accaduto in Russia.
Chiedevano a me, come se avessi potuto dare tutte le risposte, senza capire che ormai ero esattamente come loro e soprattutto, se prestassi ancora servizio non avrei potuto divulgare notizia alcuna.
Quando chiudemmo la chiamata mi accasciai sul divano, respirando a pieni polmoni mentre mi guardavo in giro prigramente.
Tutto taceva, un silenzio denso nel quale, riuscendo a concentrarmi su di esso non pensai a nient'altro trovandomi quindi in una sorta di bolla fuori dal tempo.
Stavo quasi per addormentarmi ma lo scatto della serratura mi fece svegliare.
"ben tornato amore" Dissi a Samuel con un sorriso ma lui non rispose, s'avvicinò verso di me e stendendosi mi salì sopra prendendomi per la gola, una presa stretta ma erotica. Dovetti alzarmi per non sentire quel senso di Claustrofobia che mi attanagliava quando qualcuno mi saliva sopra ma in pochi attimi le sue mani erano nei miei pantaloni, li abbassarono mentre io, confusa da quell'atteggiamento ressi il suo gioco. Non c'erano parole, aveva una faccia così concentrata e modi di fare molto eccitati.
Non perse tempo nemmeno a togliermi le mutande, semplicemente li scostò per poi penetrarmi, un gemito lasciò le mie labbra mentre le mie sopracciglia s'aggrottarono confuse e compiaciute.
Lo guardavo stare in ginocchio tra le mie cosce, ci fissavamo negli occhi ansimando ad ogni suo colpo di bacino sempre più impetuoso.
Quel suo fare invase il mio corpo di violente ondate di piacere che partivano dalla mia vagina, estendendosi ovunque, mi stava piacendo da matti e gli ansimi con cui riempivo la stanza ne erano testimoni.
Sollevò la mia maglietta insieme al reggiseno e strinse il seno destro mentre la mano sinistra mi teneva dal fianco.
Durò parecchio, la cosa che mi sorprese era che solitamente faceva cilecca, il suo membro s'ammosciava e non finivamo quasi mai, era un vero casino ma quella volta mi prese in modo rude, mascolino. Imponendosi su di me come del resto mi piaceva che fosse.
Quando tutto finì si sdraiò sul divano e girandomi gli restai sopra, come una gatta in cerca di coccole.
Il fiato pesante faceva gonfiare la mia cassa toracica mentre le gambe tremavano per l'orgasmo raggiunto.
Gli baciai l'angolo della mascella e guardandoci scoppiammo a ridere, una vera e sincera risata.
Non sapevo effettivamente il motivo ma non riuscivo a smettere, al punto che iniziai a lacrimare e nel mentre la mia fronte restava attaccata alla sua.
"chi sei tu? Dov'è il mio ragazzo?" dissi divertita e lui spinse la mia testa per dispetto ma poi mi baciò dolcemente.
"mi dispiace che in questi giorni abbiamo discusso, sono stato tutto il tempo in sala registrazioni e pensavo che se ti perdessi morirei, sei la cosa più bella che io abbia. Quindi non vedevo l'ora di tornare a casa da te" Spiegò lui. Improvvisamente, tutti i rancori per quel suo atteggiamento aggressivo svanirono. Mezzi nudi abbracciati su quel divano ci eravamo ritrovati e non potevo che esserne felice.
"se ogni volta mi scopi in questa maniera allora devo farti incazzare di più" Scherzai e lui ridacchiò chiedendomi con lo sguardo se fossi seria.
"che porcona!"
"la tua..." replicai.
Quella serata con Samuel ci riscoprimmo romantici e amanti passionali, fu per me sorprendente perché riuscivo a vederlo con la stessa luce nella quale lo vedevo prima di convivere quando non lo avevo tra i piedi ventiquattro ore su ventiquattro.
Forse era quello il problema; stai con una persona con cui non litighi quasi mai ma appena si condividono gli spazi, tutto cambia, noti cose che prima ti erano sfuggite. Senti fastidi che prima non sentivi ed è a quel punto che l'amore può rafforzarsi o completamente distruggersi. Io e lui eravamo su un filo molto sottile ma quella serata diede a quella tensione un brusco arresto.
Facemmo anche il secondo round... in doccia. Almeno ci provammo ma se la prima era andata divinamente la seconda fu un totale disastro. Non importava, andava bene così.
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Redwind: La folgore scarlatta
Aksi👉🏻 2° classificato al concorso "nuovi talenti 2019". "non puoi dire di essere vivo se non hai una ragione per la quale sei disposto a morire" Questo Elisa Mazzoli lo sa bene, lo sente nel suo cuore e se lo ripete continuamente, Questo la fa andar...