resterò in piedi

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 Draghi tossì ancora, più forte di quanto avesse fatto in precedenza, diventò rosso in viso ma invece che godere nel vederlo in quello stato, mi preoccupai chiedendomi che cosa avesse.
Nel trovarmi in quel pensiero domandai a me stessa se fossi impazzita, cosa mi importava? Anzi se si fosse ammalato non avrebbe potuto lavorare e quindi avrei avuto vita più facile.
"Mazzoli, alla fine dell'esercitazione andrai a pulire tutte le armi del corso e quando avrai terminato pulirai i bagni, una mansione più adatta!" Sibilò ma ancora una volta risposi prontamente.

"sergente non mangio da tre giorni" mezza bugia, non sapeva delle focacce.
Fece cenno di no con la testa ed un passo indietro, respirava pesantemente col naso mi fissava dritto negli occhi.
"allora non hai capito..." Poi si fermò e diede a tutti gli altri l'ordine di tornare a correre, tutti tranne me.
"se riesci a buttarmi per terra oggi ti faccio mangiare" spiegò mettendosi in guardia.
Dovevo combattere per il cibo? Lo avrei fatto!
Scattai verso di lui, avrei dovuto prima colpirgli lo stomaco, farlo piegare ed indebolire prima di gettarlo in terra.
Optai per un calcio, lo avrei colpito alla pancia con la punta e fu un colpo abbastanza rapido, ciò nonostante parò il colpo così ritirando la gamba tentai di colpirlo in faccia ma lui prese il mio braccio e girandomi me lo piegò dietro la schiena.
Ero immobilizzata in quella presa e lui strattonava il mio arto causandomi parecchio dolore, per liberarmi gli diedi una tallonata sullo stinco e girandomi provai a colpirlo in faccia con un gancio.
Lui intercettò il mio pugno, fece leva col suo corpo e facendomi fare mezzo giro in aria mi scaraventò per terra. Mi aveva appena battuta ma quando stavo per rialzarmi lui si inginocchiò su di me, vidi annebbiato quando un suo poderoso pugno mi raggiunse lo zigomo, poi l'angolo alto della bocca tra quest'ultima e il naso.
Cercavo disperatamente di spingerlo via, urlando dolorante ad ogni pugno che mi dava sul viso.
Non la smetteva più di colpirmi nonostante gli gridavo di togliesi da me, chiedendogli cosa diamine stesse facendo. La mia faccia veniva piegata a sinistra o a destra, in base alla direzione dei pugni.
Vidi il mio sangue schizzare ad ogni colpo mentre poco a poco sentivo di svenire, col dita provai a graffiargli il viso, scalciavo come una matta ma l'ennesimo pugno mi lasciò inerme.
Restai a bocca spalancata a boccheggiare per il forte dolore, le braccia caddero al suolo, non contento mi colpì ancora e restai con la testa piegata verso destra.
"ecco ciò che meriti stronza insolente, non ti azzardare ma più a contraddirmi o ti ammazzo!" Ringhiò lui mentre io sputai un molare per terra.
Se ne andò lasciandomi lì, in balia di tutto il male fisico che stavo provando. Così tanto forte da impedirmi ogni movimento, Guardavo la mia mano che aprivo e chiudevo lentamente senza un apparente motivo. Dovetti sputare del sangue che aveva riempito la mia bocca mentre altro colava lungo i lati della mia faccia, fin dietro le orecchie o verso i capelli.

Il giorno dopo ci fu il primo esame, io ci arrivai a stomaco vuoto e con una cinquantina di ore sveglia consecutivamente. Non solo, avevo un occhio viola, un labbro spaccato ed un sopracciglio aperto oltre a lividi paonazzi sul viso e alcuni cerotti.
Nessuno fece domande, fui fissata da chiunque incontrassi ma a nessuno importava davvero cosa mi fosse accaduto.
Decisi quindi di stare zitta e sempre più incerta riguardo la mia volontà di restare nel nono mi recai nel luogo dove avremmo fatto l'esame.

Questo consisteva in una prova di mimetizzazione; avevamo un tempo limite per raggiungere una postazione di tiro ma per raggiungerla avremmo dovuto percorrere un tragitto nell'erba in campo aperto. Due osservatori controllavano costantemente il posto coi binocoli, quando sarebbero stati convinti d'aver visto qualcuno, avrebbero fischiato.
A quel punto chiunque aveva l'obbligo di fermarsi; nel campo vi era un quarto istruttore con un bastone bianco dalla punta rossa, simile a quello per ciechi. Gli osservatori tramite radio gli avrebbero impartito delle precise indicazioni che avrebbe eseguito alla lettera, così facendo avrebbero potuto far toccare col bastone uno dei partecipanti, scovandolo! Se questo accadeva, il candidato sarebbe stato escluso dall'esame.
Qualora qualcuno fosse riuscito in tempo a raggiungere la postazione di tiro, avrebbe dovuto sparare contro dei bersagli posti a quattrocento metri di distanza ma a quel punto gli osservatori avrebbero tentato di trovarlo tramite il quarto col bastone. Se ci riuscivano, il candidato sarebbe stato escluso ma se invece non fossero riusciti a trovarlo allora avrebbero sollevato due cartelli, ognuno di essi con due lettere al loro interno.
Bisognava riuscire a leggere almeno un cartello e sparare un secondo colpo, a quel punto si aveva superato l'esame e si calcolava punteggio aggiuntivo in base ai due colpi sul bersaglio.

La pittura facciale bruciava nelle ferite ma era indispensabile applicarla su tutto il viso, così come preparare la Ghillie legando ad essa dell'erba presente nel campo. Stanca morta mi domandavo come avrei potuto superare quella prova senza addormentarmi non appena mi fossi stesa sul terreno.
Certo l'adrenalina aiutava ma avevo bisogno di dormire, non pensavo ad altro che al corso e al letto mentre presi posizione.
Anche se l'esaminatore col bastone ci avrebbe visto non saremmo stati squalificati, era dagli osservatori che dovevamo nascondere la nostra esistenza.

La pazienza e l'accortezza erano la parola chiave per riuscire in quel test.

Redwind: La folgore scarlattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora