"Il rumore di un amore che nessuno ascolta,
che nessuno vuol capire,
che nessuno è capace di sentire.
Smisero di guardarsi, ma non smisero mai di amarsi."
-Dicono che ciò che viene dal cuore non si può gestire.
Dicono che prima o poi troveremo tutti la nostra metà.
Dicono che il cuore, alla fine, ha sempre la meglio sulla ragione.
Dicono tante stronzate e Isabelle aveva sempre creduto ad ognuna di queste.
Ci aveva creduto, almeno fino a quel momento.
Ferma, in piedi al centro del giardino di casa di Nichole dove erano stati invitati tutti quella sera, lei guardava il cielo ricoperto di stelle e continuava a pensare a Ronnie, a come le cose con lui alla fine erano andate. Poi pensava a Harry, che non lo vedeva dal pomeriggio del giorno prima e che non sapeva quanto in realtà era pronta a rivederlo.
Cosa avrebbe fatto? Che gli avrebbe detto? Avrebbe dovuto dirgli di ciò che era successo con Ronnie? O avrebbe dovuto far finta di niente? Avrebbe dovuto dar sfogo ai suoi sentimenti? O lasciarsi soccombere ancora una volta?
Nella sua testa c'erano così tanti pensieri, che non riusciva a trovare un modo per riordinarli.
Incrociò le braccia al petto, stringendosi nella sua giacchetta mentre un vento leggero si alzava e le si scontrava addosso.
Rimase così, immobile e in silenzio, lontano dagli altri che non si erano nemmeno accorti della sua assenza, fin quando l'arrivo di una macchina non distrasse i suoi pensieri.
Il fiato le si bloccò in gola quando i fari si spensero e smisero di accecarla e lei riconobbe quell'auto: era quella di Harry. Proprio come si immaginava, lo sportello si aprì, rivelando ai suoi occhi la figura slanciata di Harry. La guardò anche lui, ma senza dirle niente. Il viso gli pizzicò proprio dove lei lo ave colpito; riusciva a sentire ancora il cuore restringersi mentre lei gli dava quello schiaffo e il rumore che aveva provocato l'impatto violento della mano di Isabelle con la sua guancia, riecheggiava nelle sue orecchie e si mischiava ai suoi caotici pensieri, o all'eco di tutte quelle parole che si erano detti, o anche di quelle che non si erano detti nonostante la voglia disperata di farlo.
Non durò a lungo il loro gioco di sguardi, solo pochi istanti, poiché vennero entrambi distratti dallo sportello del passeggero che si apriva e da un'altra figura che veniva rivelata: Georgina.
Isabelle dovette aggrapparsi ad ogni briciolo di sé stessa e di ciò che ne restava per non dare di matto non appena la vide. Non riusciva a crederci: lui che tanto le aveva fatto la ramanzina per Ronnie, che tanto pretendeva le attenzioni di Isabelle, era lì con un'altra ragazza.
Stronzo egoista, pensò Isabelle.
E lo odiò un po' di più. Prima le urlava contro di stare lontana da qualcuno solo perché a lui quel qualcuno non piaceva, mentre non si faceva scrupoli a portarsi dietro una ragazza che Isabelle proprio non digeriva.
A quel punto diede loro le spalle. Non aveva più senso nemmeno guardarli.Era fuggita da Harry per tutta la sera, fuggiva dai suoi occhi, dai suoi sguardi, si nascondeva in mezzo a gli altri, in bagno, in cucina; lontano da lui in ogni modo possibile. Pensò anche che era stata una pessima idea, quella sera, di andare da Nichole. Forse avrebbe semplicemente dovuto chiudersi nella sua stanza, al riparo tra le coperte del suo letto e lontano da tutto e tutti, cosicché quel briciolo del suo cuore che ne restava, quel poco di dignità che ancora conservava, non fossero distrutti completamente.
Fortunatamente, Ronnie quella sera scelse di non venire, altrimenti il tutto sarebbe finito in modo drastico: avere in giro il ragazzo di cui ti sei innamorata e quello che hai respinto a causa dell'altro, non era un'ottima prospettiva.
Georgina non aveva smesso nemmeno per un minuto di gironzolare attorno ad Harry, a fare la gattamorta con lui, a ridere per ogni parola uscisse dalle sue labbra.
Se non fosse stato per il fatto che si stava obbligando a mantenere il controllo, sarebbe già andata da lei a strapparle i capelli e a dirle di stare lontana da quel ragazzo nei modi più volgari possibili ed immaginabili. Non credeva di poter essere tanto gelosa, ma forse si era sempre sbagliata nel pensare di non esserlo.
E mentre lui non le rivolgeva la parola, mentre fingeva di non guardarla, la gelosia veniva sostituita dal solito senso di angoscia che ultimamente pervadeva l'umore di Isabelle.
Realizzava quanto avrebbe voluto stringerlo e baciarlo e quanto in realtà non avrebbe potuto farlo.
Alla fine, smise di nascondersi e di evitarlo, pensando che comunque lui non l'avrebbe considerata; Georgina lo teneva già abbastanza occupato.
Con sincerità, Isabelle non capiva perché Harry sembrasse preferire Georgina. In realtà, un po' tutti avevano una sorta di ammirazione per quella ragazza. E Isabelle cercava ogni qualunque tipo di risposta per capire cosa Georgina avesse in più di lei. Era una bella ragazza, ma non così tanto da far girare la testa. Era simpatica forse, anche se Isabelle non le credeva più di tanto, ma era convinta fosse più che altro una questione di apparenza: approfittatrice fino al collo.
E allora si chiedeva:
Forse il suo sorriso è più bello del mio?
O forse è per il suo essere così spiritosa?
Potrebbe anche essere che magari piace il suo finto carattere, no?
E poi si rispondeva:
o più semplicemente forse sono io a non andare bene.
Isabelle odiava con tutta se stessa sentirsi così: inferiore. Non le bastavano le parole di conforto di Nichole, se poi guardando Harry vedeva come lui preferisse Georgina a lei. Non bastava convincersi che infondo non le importava, che lei stava bene così, da sola e con se stessa. Non bastava dal momento in cui la vicinanza di Harry, la notte, in mezzo alla solitudine e al disdegno, diventava un bisogno e non più soltanto una voglia.
Ad ogni modo, Harry in realtà non la stava evitando, ma stava solo aspettando il momento in cui lei smettesse di nascondersi per trovare una scusa e scappare via da Georgina per andare da Isabelle.
Approfittò allora del momento in cui quest'ultima si alzò dal divano ed entrò in cucina, sotto l'invito di Nichole ad andare a recuperare i popcorn dalla credenza.
Isabelle accettò volentieri pur di non restare a guardare ancora come la gattamorta non smettesse di mostrare le sue gambe magre e lunghe a gli occhi di Harry e di qualsiasi essere dotato di genitali là dentro.
Zoccola, pensò alzandosi dal divano ed entrando in cucina.
Passarono pochi minuti prima che Harry si allontanasse dal resto del gruppo e la seguisse.
«Ehi», disse alle spalle della ragazza.
Isabelle rimase pietrificata. Non si aspettava affatto di ritrovarselo lì. Non riusciva nemmeno a guardarlo, a voltarsi e a rivolgergli uno sguardo, per questo rimase di spalle e continuò a versare i popcorn dentro una ciotola di plastica.
Harry le si avvicinò, rubando un pugno di popcorn e lanciandoseli in bocca. Lei lo guardò con la coda dell'occhio, pensando a quanto lo amava e a quanto lo odiava al tempo stesso.
«Sei ancora arrabbiata?» le chiese.
«Perché sei qui?» Isabelle rispose con un'altra domanda.
Non era arrabbiata. Era delusa, frustrata, triste e non faceva altro che ripetersi nella testa che lo odiava, quasi come se questo la aiutasse a non cedere a quello sguardo ingannatore e tentatore.
«Volevo stare con te, lo sai.»
Soltanto allora lei si concesse di guardarlo. Non si aspettava quelle parole.
Cosa avrebbe dovuto sapere lei?
«Io non so nulla di quello che ti passa per la testa.»
«Beh, nemmeno io so cosa passa per la tua, visto che ieri mi hai tirato uno schiaffo e poi te ne sei andata senza nemmeno degnarmi di una spiegazione.»
La voce di Harry era ferma e decisa, non sembrava arrabbiato, ma voleva soltanto sottolineare il fatto che lei non era migliore di lui, che in tutto quello stavano sbagliando entrambi e non solo Harry, che avevano la stessa colpa se le cose si erano complicate e non riuscissero a trovare un punto di incontro per riappacificarsi.
«Te lo meritavi», sbottò Isabelle.
Lui rubò altri popcorn dalla ciotola, cacciandoseli in bocca e al tempo stesso alzando le sopracciglia come segno di sfida. Lei resse quello sguardo, fin quando Harry non le lanciò addosso un popcorn e la insultò a bassa voce.
«Mi fa ancora male, sappilo, stronza.»
E no, quei due non si odiavano affatto. Potevano sforzarsi quanto volevano, mettercela tutta per farlo davvero, per odiarsi davvero, ma non ci sarebbero mai riusciti.
Isabelle si morse le labbra e nascose un sorriso, mentre lui invece lasciava che questo abbellisse il suo viso.
«Usciamo fuori?» le propose.
Lei ci pensò su un attimo, ma non troppo: annuì soltanto.
Così, dopo aver lasciato la ciotola di popcorn al resto del gruppo e sotto lo sguardo micidiale di Georgina e quello attento di Nichole, uscirono fuori in giardino entrambi.
Harry premette il pulsante di apertura sulle chiavi della sua auto e Isabelle si affrettò ad aprire lo sportello e a sedersi sul sedile del passeggero, ma lasciando che le sue gambe penzolassero fuori dalla vettura. Harry le si parò davanti, mentre tirava fuori una sigaretta dal pacchetto e se la portava tra le labbra.
Lei amava guardarlo fumare, assumeva quello sguardo tanto attraente ed il modo in cui scavava le guance per aspirare la nicotina era per Isabelle una delle cose più sexy che avesse mai visto in vita sua. Per questa ragione e per molte altre taciute, rimase a fissarlo ammaliata.
Sentiva addosso ancora parte di quell'angoscia, ma stare lì fuori con lui, la aiutava a stare un tantino meglio. C'erano però sempre tante altre cose che avrebbe voluto, ma che non poteva avere.
«Dove l'hai lasciato Ronnie?» le chiese.
«E tu perché ti sei portato dietro Georgina?»
Harry sbottò una risata, aspirando dalla sua sigaretta ulteriore nicotina e poi alzando la testa al cielo per poter soffiare via nuvole di fumo.
«Lo dico io che sei proprio una stronza», disse, accennando un sorriso.
Isabelle ricambiò quel sorriso, giocando con l'elastico che portava al polso. Quando tornò a guardarlo, lo vide mordersi le labbra e arricciarle nel vano tentativo di sopprimere l'ennesimo sorriso.
Dio benedetto, questa ragazza mi fa così bene all'anima. Pensò Harry, guardandola.
«Smettila di guardarmi così», lo rimproverò.
«Così come?» si finse ignaro.
«Così...» Isabelle gesticolò con le mani, «Con quel sorrisetto furbo.»
Ma lui non smise e sorrise ancora.
A quel punto caddero nel silenzio e le loro menti si affollarono di pensieri, di domande e domande senza risposte, di confusione e di incertezze, di vuoti non colmati.
Si guardarono, ma nessuno dei due riuscì a trovare la forza di parlare ancora.
Era paura di sbagliare, era paura di ferire, era paura di far scappare.
Si guardavano, in silenzio.
«Dimmi la verità», distrusse Isabelle quel silenzio, ma aveva bisogno di sapere «Ti sei innamorato di lei? State insieme adesso?»
Harry la guardò ancora per un po', non dandole risposta. Sapeva si stesse riferendo a Georgina. Non c'era molto da dire e lei avrebbe dovuto saperlo. E mentre la guardava, lui pensava come fosse possibile per Isabelle credere qualcosa di simile. Lo conosceva davvero così poco da scambiare la sua gentilezza per amore? Da credere che due sorrisi fossero frutto di quel sentimento che così tanto lo spaventava, ma che era consapevole di non provare affatto per Georgina? Ammirava quest'ultima, era molto intelligente, simpatica, anche abbastanza carina, ma non la amava, non avrebbe mai potuto, non quando aveva già perso la testa per un'altra donna.
«No» rispose.
Isabelle annuì. Scelse di credergli, o quantomeno scelse di fingere di farlo. Appoggiandosi allo schienale e distogliendo lo sguardo da quello di Harry, ma riportandolo su di lui quando questo scelse di parlare ancora.
«E tu? Tu ami Ronnie?»
A Isabelle venne da ridere nell'udire quell'assurda domanda.
Come avrebbe potuto amare Ronnie, o chiunque altro, quando il suo cuore era irrimediabilmente del ragazzo che le stava davanti in quel preciso istante.
«No», gli rispose a quel punto, «Non è lui che amo».
«E chi è che ami?» le domandò, con il suo cuore che batteva a mille.
Harry voleva sapere chi era, perché stava bruciando ed odiando il pensiero di lei con chiunque altro.
Allora se lo chiese, lei, se lo chiese anche piuttosto arrabbiata.
Com'era possibile che lui non vedesse? Com'era possibile che lui non capisse?
I suoi occhi lo urlavano, ma lui non sentiva. Era chiaro come il sole che lui avesse questa maledetta influenza su di lei; le migliorava le giornate, la faceva sorridere anche quando tutto intorno lentamente si disgregava, la rendeva felice anche quando non c'era affatto ragione di esserlo. Certo, la rendeva anche disperata, nervosa, ma questo passava in secondo piano quando anche solamente guardandola riusciva a farle accendere quello sguardo spento che da un po' di tempo le caratterizzava gli occhi.
«Qualcuno che forse era meglio tenere lontano dal momento in cui ho avuto il primo dubbio riguardo i miei sentimenti nei suoi confronti» rispose sincera.
«Perché dici così?»
Harry non capiva. Per lui era vero che l'amore ti fa male, ma desiderare di non aver mai amato era assurdo. Per Harry l'amore poi ti salva. Isabelle a lui l'aveva salvato tante volte.
«Perché lui non mi amerà mai e non c'è niente di peggio che amare qualcuno, ma non essere amati da nessuno».
Ad Harry non era mai piaciuto restare a bocca chiusa, eppure fu esattamente quello che fece, proprio allora che avrebbe dovuto parlare. Non era vero che non l'amava nessuno, lui l'amava e lo capì solo in quell'istante. Lo capì allora che immaginò di averla persa, lo capì perché certe volte nelle cose, per capirle, bisogna sbatterci la testa. E Harry ce l'aveva sbattuta tanto forte da farsi male.
Così, con la convinzione che Isabelle amasse un altro uomo, scelse di non dire più nulla.Quella sera la riaccompagnò persino a casa, scaricando Georgina al primo dei suoi amici disposto a darle un passaggio. Si inventò una scusa, anche poco credibile, ma non che gli importasse più di tanto. Aveva voglia di stare con Isabelle, solo con lei, non gli importava affatto di tutto il resto e di chiunque altro.
Harry spense il motore dell'auto non appena si trovarono davanti al palazzo dell'appartamento della ragazza; Isabelle aprì lo sportello e scese, mentre lo ringraziava a bassa voce e in fretta. Su quella macchina, si era sentita soffocare dal silenzio e per tutto il tempo non aveva fatto altro che ripetersi che aveva sbagliato ad accettare un passaggio. Le cose non erano più le stesse, lei certi silenzi non riusciva più a digerirli e a comprenderli.
Ma Harry non aveva intenzione di lasciarla andare così: chiamò il nome della ragazza, arrestandola nella sua corsa. Scese anche lui dall'auto, raggiungendola.
«È tutto okay tra noi, vero?» le chiese.
Isabelle evitò il suo sguardo.
Come poteva dirgli di sì e guardarlo negli occhi al tempo stesso senza fargli capire che stava mentendo? Non poteva.
«Sì», confermo.
E allora Harry non perse tempo a tirarla per un braccio e a far scontrare i loro corpi. Aveva sbagliato ad arrabbiarsi e ad allontanarla, aveva sbagliato a non stringersela addosso prima. Come aveva fatto a negarsi un contatto simile? I loro corpi erano fatti per stare così vicini.
Harry artigliò una mano tra i capelli di Isabelle, stringendola più forte, chiudendo gli occhi e sospirando.
Mentre lei invece aveva il cuore che palpitava come un folle. Non riusciva ad allontanarsi, non riusciva a lasciarlo andare. Anzi, l'unica cosa che riuscì a fare fu quella di aggrapparsi al suo petto e a non lasciarlo andare affatto. Le sue dita fragili, strinsero la maglietta di Harry e la sua guancia sfregò contro il suo petto.
Non si era mai sentita nel posto giusto come in quel momento.
Quelle braccia erano casa.
Quelle braccia erano vita.
Si allontanarono dopo un po', anche se con molta svogliatezza.
Harry le accarezzò una guancia, guardandola negli occhi e pensando che avrebbe voluto baciarla e che avrebbe anche voluto dire tante di quelle cose. Poi però, ciò che si erano detti poco prima, nel giardino di Nichole, lo spinse a tacere e a non fare, o dire, nulla.
Così la lasciò scivolare via da lui, dalle sue mani e dalle sue carezze, percependo violentemente il modo in cui il suo corpo si raffreddò di botto, una volta reso distante da quello della ragazza.
E tacque.
Tacque i suoi sentimenti.
Tacque il suo amore.
Restando in silenzio, un silenzio che però faceva rumore.
Il rumore di un amore che nessuno ascolta,
che nessuno vuol capire,
che nessuno è capace di sentire.
Smisero di guardarsi, ma non smisero mai di amarsi.______
Ed eccomi qui!
Questa mattina sono tanto di buon umore, che bello. Certo, il capitolo forse non rispecchia molto il mio mood, ma sappiate che quando sono di buon umore riesco a scrivere molto di più ahaha
Infatti ho pronto anche un altro capitolo è iniziato quello dopo ancora. Poco alla volta aggiornerò.
Il prossimo capitolo sarà più lungo e anche più intenso, ne vedrete delle belle.
Questo invece, come avete potuto notare, porta il nome della storia.
Ad ogni modo, adesso vado e vi lascio alla lettura.
Buona giornata, endless love. xx
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Il rumore del silenzio [HS]
FanfictionE tacque. Tacque i suoi sentimenti. Tacque il suo amore. Restando in silenzio, un silenzio che però faceva rumore. Il rumore di un amore che nessuno ascolta, che nessuno vuol capire, che nessuno è capace di sentire. Smisero di guardarsi, ma non smis...