"L'aveva sempre vista ridere e scherzare in quel modo solo con lui, si era abituato ad avere certi sorrisi solo per sé stesso."
-Isabelle si era svegliata ansiosa, con un buco nello stomaco.
Non aveva dormito per tutta la notte, aveva continuato a sentire insistentemente addosso tutte le sensazioni provate quando Harry aveva appoggiato la bocca sulla sua. Lo sapeva che erano solo stati degli infantili baci a stampo, ma non riusciva comunque a darsi una spiegazione. Nella sua testa si stava affermando sempre di più un pensiero che non avrebbe mai creduto vero, che se gliel'avessero detto anche solo qualche mese prima, lei avrebbe riso e avrebbe detto che era impossibile. Impossibile che potesse maturare un sentimento nei confronti di Harry. Avevano sempre avuto questo rapporto molto affettuoso, erano sempre stati molto complici, eppure, nelle ultime settimane, anche lei si era accorta di come tutta quella sintonia tra di loro sembrava essersi intensificata, o di come il suo corpo reagiva automaticamente non appena si trovava vicino al suo.
Erano come due calamite, solo messe vicine dall'estremità sbagliata.
Quanto tempo ci vuole per capire qual è la parte che lega?
Quella sensazione nauseante e di ansia le era rimasta sulla pelle e nello stomaco per tutto il giorno, anzi era peggiorata quando avevano proposto di uscire quella sera e Harry le aveva detto che passava a prenderla lui.
Non si erano detti chissà che quando si erano incontrati all'università, non si erano scambiati nessuna parola. Harry sembrava completamente indifferente a ciò che avevano passato, ai baci che si erano scambiati; come se la cosa non lo sfiorasse minimamente, tanto da non considerarlo importante.
Era questo che a Isabelle dava sui nervi. Conosceva Harry e sapeva che non era un ragazzo a cui piaceva scherzare con i sentimenti, eppure quei baci ed il suo comportamento non erano poi così coerenti con quell'idea.Harry le aveva detto che sarebbe passato a prenderla per le 9 e per fortuna di Isabelle, che odiava aspettare, era sempre stato puntuale, proprio come quella sera. Un messaggio l'avvisò dell'arrivo del ragazzo e lei allora si affrettò a scendere le scale del suo palazzo e poi a correre in macchina da lui.
Il clima era decisamente cambiato nelle ultime settimane, l'estate si stava facendo sempre più lontana e diventando ancor di più un altro ricordo da portare dietro. Si avvicinava l'inverno e l'aria stava diventando più fredda; Isabelle, per fortuna, aveva portato con sé un foulard leggero da mettere attorno al collo.
Salì in macchina, sistemandosi la gonna che le era salita sulle gambe, per poi rivolgere uno sguardo ad Harry. Lui le sorrise e si avvicinò per baciarla sulla guancia, un contatto che sul viso della ragazza bruciò.
«Ciao», sussurrò.
Isabelle non rispose, ma rimase soltanto a fissarlo.
L'abitacolo era caldo, circondato da un piacevole tepore che la spinse a togliersi il foulard dal collo e il giubbotto di pelle dalle spalle, appoggiandoli entrambi sui sedili posteriori. Continuava a tirar giù nel frattempo la gonna che stava indossando, forse troppo corta e aderente, ma che comunque fasciava perfettamente le sue forme.
I due ragazzi si scambiarono un ultimo sguardo, prima che Harry innescasse la marcia e partisse. Isabelle tremava, senza saperne il perché, ma le sue mani non riuscivano a trovare un appiglio per stare ferme sulle sue gambe, tranquillamente. Continuavano a graffiare i collant che indossava, già abbastanza rovinati, a tirare giù la gonna sulle sue cosce, a cambiare stazione in radio perché nessuna canzone andava bene per quell'atmosfera anche un po' imbarazzante.
Dopo un po', Harry spostò la mano dal cambio per appoggiarla sulla sua coscia ed accarezzare la sua pelle; Isabelle trattenne il respiro.
«Hai freddo? Se vuoi possiamo accendere il riscaldamento?» le chiese, premuroso.
Ma lei scosse subito la testa. Non stava tremando perché aveva freddo, questo lo sapeva abbastanza bene.
«Dove ci dobbiamo vedere con gli altri?» domandò Isabelle per smorzare quel silenzio.
«Al solito posto.»
Il solito posto era una piazza in centro; solitamente si radunavano lì, occupavano un paio di panchine e passavano la serata scherzando, ridendo, guardando qualche artista di strada esibirsi, o bevendo qualcosa al bar difronte. Non facevamo nulla di particolare, eppure si divertivano molto lo stesso. Isabelle personalmente preferiva quelle serate, che tutte le altre in locali a ballare e a bere, in mezzo a tutta la confusione.
Ritornano in silenzio che perdurò fin quando non arrivarono. Isabelle recuperò il giubbotto dai sedili posteriori, infilandoselo prima di scendere. Tirò giù ancora una volta la gonna e si guardò attorno, mantre Harry chiudeva la macchina e la raggiungeva.
«È un po' corta questa gonna, non credi?» le disse.
I suoi occhi verdi fissarono attentamente le sue gambe e il modo in cui il tessuto di quella gonna stringeva le forme di Isabelle; il suo sguardo però non era critico, non voleva affatto insinuare che le stesse male.
Lei lo guardò con la fronte aggrottata, confusa da quella richiesta, poi scosse il capo e piuttosto di rispondergli, allungò il suo cellulare verso di lui.
«Me lo tieni? Non ho portato la borsa.»
Harry annuì, afferrando il cellulare e mettendoselo in tasca. Chiuse la macchina con il telecomando, dandole un'ultima occhiata per assicurarsi che fosse tutto okay, per poi rivolgersi ancora a lei.
«Andiamo dagli altri, dai.»
La mano del ragazzo si appoggiò sul fondo della schiena di Isabelle, quasi a sfiorarle il sedere; la accarezzò dolcemente e mentre camminavano si chinò anche a lasciarle un bacio sulla guancia.
Quello era troppo, Isabelle non reggeva, stava impazzendo. Più lui si comportava in quel modo e più lei non capiva come sopravvivere a tutto quello. Come poteva restare tranquilla, se poi lui la toccava in quel modo? Se poi lui la fissava con quegli occhi? Con quello sguardo, come se non avesse mai visto delle belle gambe in vita sua?
Come se non bastasse, avvolse il braccio attorno alle sue spalle e se la strinse contro, abbassò il viso e le baciò il collo, in modo sfuggente. Ma ogni loro contatto le bruciava addosso.
Finirò per morire carbonizzata. Pensò Isabelle, drasticamente.
Raggiunsero il resto del gruppo e subito Nichole si avventò su Isabelle per raccontarle che aveva appena conosciuto un ragazzo strafico e che le aveva pure chiesto di uscire. Harry si allontanò da loro, per scambiarsi due battute con i ragazzi e lasciarsi mettere sulla mano una birra che non perse tempo a bere. Isabelle lo guardò da lontano un'ultima volta, prima di prestare la sua completa attenzione all'amica.
«E tu vuoi uscirci?» le chiese.
«Certo! Inviti del genere non si rifiutano, Isabelle!» esclamò Nichole.
Risero entrambe. Erano così diverse: Isabelle non avrebbe mai accettato un invito così tranquillamente, si sarebbe prima fatta tante di quelle domande che avrebbe finito per rifiutare e restare nella sua quotidianità.
E mentre rideva, i suoi occhi catturarono alle spalle dell'amica, un'immagine che le strappò il sorriso dal viso: Georgiana civettuolava con Harry, a pochi passi da loro, con un braccio attorno alla sua vita e lui che la stringeva per le spalle. Stavano ridendo, scambiandosi battute con altri due ragazzi, vicini, anche troppo. Georgiana, in quel momento, stava occupando un posto che generalmente occupava lei e questa realtà la ferì più di quanto si aspettasse. D'un tratto dimenticò dove si trovava, cosa stava facendo e con chi era: davanti agli occhi aveva soltanto quei due.
Nichole si accorse del repentino cambio d'umore dell'amica.
«Sei gelosa?» le domandò, ammiccando.
Sono gelosa? Sì, dannatamente tanto. Pensò Isabelle, ma non lo disse.
«No, non mi importa.»
Bugia.
Entrambe allora si avvicinarono a loro e al resto del gruppo. Gli occhi di Isabelle sfuggirono da quelli di Harry per tutto il tempo, finsero che non le importava, che non stava bruciando dalla rabbia perché il suo corpo stava toccando quello di un'altra ragazza e non il suo, nascosero tutto l'odio che stava provando per lui che con i suoi di occhi, invece, non smetteva di fissarla, di capire perché non si fosse avvicinata, perché non gli rivolgesse la parola, perché non gli stesse sorridendo come solo lei sapeva fare, perché non gli stava dicendo nulla su Georgina.
Harry sapeva che tra le due ragazze non scorreva buon sangue, quando si incontravano era soltanto tutta una sceneggiata quella loro gentilezza, nonostante Isabelle stessa non riuscisse a dimostrare più di tanto una finta simpatia; Isabelle più volte gli aveva detto che quella ragazza non le andava giù e un po' questa cosa lo faceva sentire importante. Era come se farla ingelosire, lo facesse sentire egoisticamente desiderato. Eppure, quella volta, Isabelle stava mostrando indifferenza: non aveva rivolto uno sguardo e nessuno dei due, quasi come se non ci fossero, quasi come se non esistessero.
Continuò a fissarla, mentre Isabelle d'un tratto era rimasta a fissare un punto dritto davanti a sé, con l'umore completamente sotto terra. Se la serata era iniziata bene, con qualche bacio e qualche carezza in più, di sicuro, non stava proseguendo in altrettanto modo. Lei lo stava odiando, come mai in quel momento.
Harry allora si accorse del suo sguardo perso nel vuoto e decise di stuzzicarla: voleva una sua reazione.
«Che ti prende? A chi pensi?» le domandò, accennando un sorriso malizioso.
Ma Isabelle, quella sera, non era in vena dei loro soliti scherzi, delle loro battutine, o delle loro solite frecciatine. Era arrabbiata, un po' con lui, un po' con tutto il resto del gruppo, un po' con qualsiasi essere vivente le si avvicinasse o provasse a rivolgerle la parola. Era arrabbiata e ne capiva bene il motivo, ma continuava ad esserlo lo stesso, nonostante non sopportasse quella fastidiosa sensazione. Non era la prima volta che le capitava, ma tutte le altre volte aveva lasciando intendere le ragioni del suo fastidio; quella volta non gliel'avrebbe data vinta.
«Sapessi» rispose, anche con un pizzico di acidità nella voce e accennando un falso sorriso.
Pensava a lui, pensava che in quel preciso momento avrebbe voluto semplicemente allontanarsi perché non riusciva a reggere che lui era lì e che lì c'era anche Georgina, pensava che li aveva visti abbastanza insieme per quella sera. Voleva tornare a casa, ma al tempo stesso casa sua non era esattamente il luogo in cui avrebbe potuto avere tregua e per questa ragione preferì restare lì, nonostante tutto.
Harry, le accarezzò i capelli, quasi come se volesse confortarla e lei si beò di quel tocco, almeno fin quando durò. Ad ogni modo, quella sensazione di fastidio ed angoscia era ancora presente e non la lasciava.
«Ragazzi, io entro a prendere un paio di birre, qualcuno vuole qualcosa?» interruppe dopo un po' Ronnie.
Isabelle balzò in avanti, «Ti accompagno».
Lui annuì e dopo essersi assicurato che nessuno volesse qualcosa da bere, si allontanarono dal resto del gruppo, entrando nel locale difronte. Sapeva di aver lasciato Harry lì, senza neanche prenderlo in considerazione, ma pensò anche che lui aveva fatto lo stesso spesse volte, per cui non c'era ragione di tornare indietro per restare a fissarlo a divertirsi con Georgina.
Il locale in cui entrarono era poco affollato e la musica di sottofondo era soffusa e leggera, il calore lì dentro era piacevole in confronto all'aria fredda che c'era all'aperto.
Si appoggiarono al bancone, Ronnie ordinando due birre, Isabelle prendendo un bicchiere di vodka alla pesca. Stuzzicò nel frattempo qualche salatino che era sopra il bancone, guardandosi attorno.
«Come mai hai voluto accompagnarmi?» le domandò ad un certo punto Ronnie.
«Ti dispiace?» Isabelle aggrottò la fronte.
«No, affatto. Ma di solito non ti allontani con nessuno, se non c'è lui».
Sapevano entrambi che quel lui era Harry.
«Non siamo mica legati con il cordone ombelicale, posso allontanarmi senza di lui». Ribatté Isabelle, forse anche un po' infastidita.
Non stavano insieme, non erano fratello e sorella, lei ed Harry forse non erano neanche amici, non per lei almeno. Agli occhi di Isabelle, loro erano quello che c'è di intermedio tra lo stare insieme e l'essere amici, perché lei era ormai consapevole di non voler più Harry soltanto come un amico, ma quel qualcosa di intermedio in cui si trovavano, pur potendo sembrare un posto superiore alla banalità dell'amicizia, non significava niente se era valido soltanto per lei, perché era chiaro come l'acqua che Harry non la pensasse allo stesso modo. Per cui Isabelle odiava quando qualcuno insinuava il contrario, semplicemente perché non era la verità.
«Voi due non state tipo insieme?» le domandò appunto Ronnie.
Lei storse il naso e fece una smorfia.
«No, perché lo dici?»
Il barista poggiò davanti a loro le due birre ed il bicchiere di vodka; Ronnie pagò per entrambi.
«Non lo so, lo pensano tutti, credo» le risposte quest'ultimo prima di bere un sorso dalla sua bottiglia di birra.
«Beh, non è così» borbottò Isabelle.
E lui annuì soltanto; non che gli importasse più di tanto, ma aveva creduto davvero che tra Isabelle e Harry potesse esserci qualcosa, soprattutto visti i loro atteggiamenti spesso estremamente intimi.
Isabelle, invece, restò a guardarlo.
Non avevano mai avuto molta confidenza, loro due. Facevano parte della stessa comitiva, ma non si erano mai scambiati più di qualche battuta, avevano interessi diversi e rapporti diversi. Non si era mai nemmeno accorta di quanto Ronnie fosse indubbiamente un bellissimo ragazzo, dai capelli castani e dagli occhi blu. Era sempre stata troppo impegnata ad avere occhi per Harry per riuscire a vedere quanto realmente quel ragazzo davanti a lei fosse bello. Certo, restava sempre dell'idea che il ragazzo tutto ricci ed occhi verdi aveva il suo fascino ed era sicuramente più bello di chiunque altro, ma non poté nemmeno ignorare Ronnie in quel momento. Soprattutto quando le sorrise, dopo aver bevuto ancora dalla sua bottiglia. Anche lui la stava guardando con aria pensierosa ed anche lui stava pensando lo stesso di lei: era così bella e non se n'era mai accorto.
«Harry è decisamente cieco se non ci ha ancora provato con te» le disse.
Isabelle bevette un po' della sua vodka dalla cannuccia prima di rispondergli.
«A quanto pare sono troppo piccola per lui», accennò un sorriso misto ad una smorfia infastidita.
Quell'argomento ancora la turbava ed il concetto di Harry riguardo l'età non le era ancora andato giù, soprattutto dopo aver capito d'avere un interesse per lui. Fin quando questo non era accaduto, realmente non le importava se Harry potesse considerarla immatura per lui, ma dopo ciò si sentiva quasi come sconsiderata e sminuita soltanto a causa di una stupida età, che in fin dei conti è vero quando dicono che è solo un numero.
Ronnie rise.
«Davvero?» domandò incredulo e lei annuì soltanto alzando le spalle, «È proprio stupido allora».
«Questo è sicuro», rise Isabelle.
Ed il sorriso che le si dipinse sul viso in quel momento non si sciolse nemmeno quando decisero di uscire e portare la birra che Ronnie aveva ordinato in più per Manuel. Restarono poi a parlare e a ridere, un po' più in disparte dal resto del gruppo e sotto lo sguardo attento di Harry, il quale avrebbe davvero voluto sapere cosa lui le stesse dicendo per riuscire a farla ridere tanto. Lo infastidiva. Ma non era tanto il fatto che lei stesse sorridendo, ma più il fatto che lo stava facendo grazie a qualcuno che non era lui stesso. L'aveva sempre vista ridere e scherzare in quel modo solo con lui, si era abituato ad avere certi sorrisi solo per sé stesso, di conseguenza vederli rivolgere a qualcuno di diverso lo faceva innervosire.
Ma era un bastardo arrogante ed orgoglioso, non le avrebbe mai detto nulla.
Soltanto quando si avvicinarono a lui e al resto del gruppo non poté fare a meno di lanciare un'occhiata torva ad entrambi.
«Harry, mi ridai il cellulare? Devo tornare a casa».
Lui glielo porse, ma non lo lasciò andare quando Isabelle lo prese. Lei lo guardò confusa, notando lo sguardo infastidito di Harry.
«Sei venuta con me, ti vengo a lasciare io».
«Sta tranquillo, resta pure, mi accompagna Ronnie che sta andando via».
Harry lasciò la presa sul cellulare e si sentì quasi ferito da quelle parole, anche un po' rifiutato. Era sempre stato lui a riportarla a casa, era sempre stato lui a prendersi cura di lei.
Isabelle gli sorrise e salutò tutti con un cenno della mano prima di allontanarsi con Ronnie ed andare via.
Harry bruciò di rabbia e fastidio, si diede dello sciocco e si promise che non sarebbe più successo, che se lei andava con lui sarebbe dovuta assolutamente tornare con lui. Ovviamente si disse che era soltanto una questione di principio, perché lui non era il "casomai".
E quando poi, poco più tardi, salì in macchina per tornare a casa, vide che Isabelle si era dimenticata il suo foulard, così lo prese tra le mani e ne odorò il profumo: si sentì come a casa, come se gli mancasse.
Quella notte gli mancò non poterla stringere ed augurarle buonanotte, quella notte le mancò lei.
Ma non le disse assolutamente nulla.
Rimase a fissare fuori dalle finestre, steso sul suo letto, con la mente tempestata dalle immagini di una bocca che avrebbe voluto baciare ancora, di due occhi blu che non avevano niente a che vedere con quelli di chiunque altro, di un corpo che avrebbe voluto stringere tanto forte fino a farlo fondere con il suo._____
Quasi un mese dopo, sono tornata!
Non vi abbandonerò mai, promesso, mano sul cuore.
Ad ogni modo, spero almeno il capitolo ne valga l'attesa. Fatemi sapere nei commenti.
Io adesso vado.
Endless love. xxPs. Daniel, se non l'avete capito, è proprio il nostro Ronnie, eh!
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Il rumore del silenzio [HS]
FanfictionE tacque. Tacque i suoi sentimenti. Tacque il suo amore. Restando in silenzio, un silenzio che però faceva rumore. Il rumore di un amore che nessuno ascolta, che nessuno vuol capire, che nessuno è capace di sentire. Smisero di guardarsi, ma non smis...