27. Lontananza

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"L'aveva vista combattere talmente tanto per riuscire a fargli capire ciò che già da tempo provava, che era come se gliel'avesse detto milioni di volte

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"L'aveva vista combattere talmente tanto per riuscire a fargli capire ciò che già da tempo provava, che era come se gliel'avesse detto milioni di volte."
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Il viaggio per l'Italia sarebbe stato lungo e soprattutto molto tormentato. Lo sapeva già che le aspettavano ore intere di aereo a chiedersi se stesse facendo la giusta scelte o se stesse sbagliando ancora una volta.
Aveva preso la decisione di partire senza rimuginarci troppo sopra. Aveva chiamato sua madre, le aveva raccontato in modo molto sommario ciò che era accaduto e non appena le aveva chiesto se potesse andarla a trovare Cassandra aveva subito accettato. Aspettava da troppo tempo la possibilità di passare ancora del tempo con sua figlia, di ristabilire un rapporto con lei e che soprattutto Isabelle le concedesse la possibilità di entrare a far parte della sua vita; non poteva dirle di no.
Isabelle, d'altronde, aveva semplicemente bisogno di staccare la spina, allontanarsi un po' dalla realtà che la circondava e cercare di fare chiarezza nel suo cuore. Nonostante non riuscisse ad ammetterlo, aveva bisogno di stare lontana proprio da lui, da Harry.
Non gli aveva detto nulla, non ancora. Si trovava all'aeroporto, alle 6 del mattino e l'ultima volta che l'aveva visto, era stata la sera prima, quando si erano salutati con quel bacio tanto amaro. In realtà, la spaventava il pensiero di dirglielo perché era consapevole del fatto che la sua reazione non sarebbe stata buona, eppure sapeva anche che presto avrebbe dovuto farlo, che non poteva semplicemente sparire, non gliel'avrebbe permesso nemmeno lui perché prima o poi sarebbe andato a cercarla.
Sospirò per l'ennesima volta, controllando il cellulare. Nessun messaggio, nessuna chiamata, non ancora.
Gli altoparlanti dell'aeroporto annunciarono il suo volo, così Isabelle in fretta si avviò al gate e dopo i vari controlli riuscì a salire sull'aereo. Allacciò le cinture, spense il cellulare e tirando un grande respiro aspettò che l'aereo decollasse. Una volta essersi trovati ad alta quota ed aver guardato per un tempo abbastanza abbondante il cielo e le nuvole, chiuse gli occhi, riuscendo ad addormentarsi.
Per poco tempo si dimenticò del mondo sotto i suoi piedi.
Quando si svegliò erano appena atterrati e le hostess stavano controllando che tutti i passeggeri si fossero resi conto dell'arrivo e non stessero ancora dormendo.
Isabelle si alzò, stiracchiandosi, con la schiena intorpidita dalla posizione storta che aveva assunto durante il viaggio. Afferrò la borsa e scese giù dall'aereo. Non appena entrò in aeroporto per recuperare i bagagli, vide sua madre che l'aspettava stringendo la cinghia della borsa e indossando comodi vestiti. Isabelle le sorrise, alzandole la mano. Cassandra la raggiunse in fretta, stringendola in un caldo abbraccio che la ragazza ricambiò con abbastanza imbarazzo. Non si era ancora abituata all'idea di avere finalmente un rapporto con la donna che l'aveva messa al mondo, metabolizzare la cosa richiedeva un tempo che lei aveva impiegato per lei e Harry. Si rese conto soltanto in quel momento, guardando Cassandra, che ultimamente Harry era stato il centro indiscusso dei suoi pensieri, ogni cosa aveva girato attorno alla sua idea, non lasciando spazio per altro, nemmeno per una madre che dopo anni e anni aveva ritrovato.
Si sentì in colpa. Forse era giusto essere lì in quel momento. Non lo sapeva neanche più.
«Dai, andiamo! Ho tante cose da farti vedere che tu non immagini!» la spronò Cassandra.
Allora recuperarono la valigia di Isabelle e presero un taxi fino a raggiungere un palazzo con la prospettiva bianca e i balconi il ferro battuto, elegantemente decorati.
Cassandra salutò un uomo abbastanza paffuto, di bassa statura e con poca barba e capelli in viso, seduto davanti il portone di casa e con una rivista in mano; sembrava simpatico. Isabelle intuì che fosse il portinaio.
«Primo piano, non abbiamo neanche bisogno dell'ascensore.»
La ragazza era emozionata, agitata di conoscere la vita che adesso viveva sua madre, anche se lei non ne faceva ancora parte. Si ricordava di averla sentito parlare di due figli e un marito; probabilmente l'agitava sapere che avrebbe conosciuto anche questi.
Non appena la donna aprì la porta, Isabelle riuscì a sentire la voce di una bambina gridare l'appellativo mamma. Cassandra si abbassò sulle ginocchia per accogliere fra le braccia una bimba dai capelli biondi e gli occhi verdi, poche lentiggini sul viso, sorriso sdentato. Eppure, era meravigliosa.
«Tesoro, voglio presentarti una persona», le disse sua madre, rivolgendosi alla bambina con voce dolce e soave.
Quella voce che Isabelle non ricordava più e che avrebbe tanti voluto sentire nelle notti in cui aveva gli incubi e nessuno era con lei a dirle che erano soltanto dei brutti sogni.
«Lei è Isabelle.»
Quest'ultima sorrise alla bambina, alzando una mano timidamente. Erano sorelle; quella dolce ragazzina era sua sorella e lei ancora non riusciva a crederci. Tempo prima aveva detto a sua madre di non volere conoscere i suoi figli, quei due bambini di cui lei le aveva parlato. E invece si trovava lì, a guardare quella piccola fanciulla tra le mani di Cassandra, timida e dolce, nascondersi tra le braccia di sua madre.
«Su, dai. Presentati», la spronò la donna.
La bambina le porse una mano, piccola e chiara come la sua pelle.
«Io sono Smeralda», disse a bassa voce.
Isabelle strinse dolcemente le sua mano, regalandolo un sorriso sincero.
«È un piacere conoscerti, Smeralda.»
Solo allora la dolce bambina si sciolse in un sorriso, ascoltando la madre dirle qualcosa in un orecchio. Dopodiché scese dalle sue braccia e senza se e senza ma, avvolse le gambe di Isabelle in un abbraccio.
«La mia mamma dice che tu sei la mia sorellina!» esclamò.
Bel rimase immobile per pochi secondi, metabolizzando quella realtà, prima di chinarsi sulle ginocchia per essere alla sua altezza. Le accarezzò i capelli e poi il viso; d'un tratto sentì il suo cuore riempirsi di uno strano affetto, qualcosa che non aveva mai provato, ma si sentiva già così tanto legata a Smeralda, quasi la conoscesse da tutta la vita.
«La mamma ha detto la verità», disse, continuando a lisciargli i capelli.
A quel punto la bambina saltellò battendo le mani, sinceramente felice, prima di abbracciare la ragazza e bombardarla di domande.
Cassandra le guardò con gli occhi lucidi di felicità. Isabelle e Smeralda esteticamente non si somigliavano molto, l'unica cosa che veramente le accomunava erano gli occhi, entrambe li avevano ereditati proprio dalla loro madre.
Poco dopo, dalla soglia della porta in salotto, comparve un uomo molto alto e dai capelli bianchi, ma nonostante questo il suo aspetto era molto giovanile e dimostrava di portare non più di cinquantacinque anni. Isabelle dedusse che proprio quello fosse il compagno di sua madre e il padre di Smeralda. Dietro quell'uomo alto si nascondeva un ragazzino alto almeno fino ai suoi fianchi e con i capelli molto corti.
Bel si tirò su, lasciandosi tenere per mano dalla bambina che ancora sorrideva e l'affiancava.
«Giorgio, tesoro, lei è Isabelle», la presentò Cassandra.
Lui si avvicinò, porgendole una mano e sorridendole in modo cordiale. Sembra un brav'uomo.
«È un piacere conoscerti, Isabelle. Cassandra mi ha parlato molto di te.»
«Il piacere è tutto mio», disse lei, ricambiando la stretta di mano.
Solo allora l'attenzione di tutti fu rivolta al bambino che era rimasto dietro le gambe di Giorgio. Prima che uno dei due genitori potesse dire qualcosa, fu Smeralda a parlare.
«Stefano, lei è la nostra sorellina!» esclamò, ancora troppo contenta per contenere la sua felicità.
Risero tutti non appena le guance di Stefano si colorarono di rosso e tornò a nascondersi dietro suo padre.
Isabelle guardò sua madre e poi il suo compagno e i suoi due figli. Quei bambini che avevano in parte il suo stesso sangue, quella famiglia che lei sentiva ancora così tanto estranea. Non aveva mai fatto parte di una vera famiglia, non aveva mai avuto realmente un padre e una madre, ma in quell'attimo si sentì come se finalmente potesse recuperare ciò che le era stato privato da bambina. Non è mai troppo tardi.

Il rumore del silenzio [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora