17. Confusione

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"Illudeva sé stesso che non era vero, che non la stava perdendo

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"Illudeva sé stesso che non era vero, che non la stava perdendo. Così era più semplice, così non faceva male."
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Isabelle aveva iniziato a frequentare Ronnie.
Si sentivano tutti i giorni, passavano molto tempo insieme, andava a prenderla spesso al termine delle lezioni e poi la portava a pranzo. Lui non studiava, aveva preferito iniziare a lavorare al negozio di ceramiche di famiglia; veniva pagato bene, poteva permettersi molto e poi lui non era mai stato portato per lo studio, aveva sempre avuto la testa troppo leggera per concentrarsi su di una laurea.
Era palese che lui stesse in ogni modo cercando di conquistare Isabelle, che però restava ancora ancorata nella sua insicurezza.
Con Harry le cose non erano migliorate, il tempo era passato e lei aveva realizzato ciò che provava, ma lui invece continuava a comportarsi come nulla fosse e di questo Isabelle era piuttosto stanca. La faceva ammattire, la sfiniva vederlo tutto il tempo e non sapere come comportarsi; per questo si era data quella spinta verso Ronnie: voleva andare avanti, riuscire a provare qualcosa per qualcuno che non fosse Harry.
Con quest'ultimo non si erano più baciati, non erano più usciti insieme, nonostante si vedessero spesso all'università e lui continuasse comunque a starle estremamente vicino, sfiorandola o toccandola, a volte di proposito, altre casualmente.
Era questo suo comportamento che le faceva pensare che infondo per lui era forse tutto nella norma, che quei baci che si erano scambiati erano stati davvero dettati dal momento, che non avevano nessun doppio fine, che lui non la vedesse come altro se non come un'amica.
Ad ogni modo, voleva soltanto capire dove lei sarebbe riuscita ad arrivare con Ronnie.
Anche quella sera, alla festa di compleanno di Heaven, erano tutti lì: Harry e Ronnie compresi.
Da quando Isabelle si era lasciata riportare a casa da quest'ultimo, Harry aveva persino smesso di andarla a prendere. Lei pensò che non lo facesse più per orgoglio, o meglio ancora, per stupidità. Ma la verità era che Harry in cuor suo c'era rimasto tremendamente male da non riuscire neanche ad ammetterlo ed era terrorizzato dall'idea che lei potesse davvero preferire qualcun altro a lui, eppure questa cosa non la confessò mai a nessuno. La sua paura più grande era sempre stata quella di perderla e allora fingeva in ogni modo che questo non era esattamente ciò che stava accadendo, non badava ai particolari, chiudeva gli occhi e si imponeva da solo che andava tutto bene come sempre, che lei era sempre la sua piccoletta; illudeva sé stesso che non era vero, che non la stava perdendo. Così era più semplice, così non faceva male.
Al compleanno di Heaven, Isabelle c'era andata da sola, quella volta. Nemmeno Ronnie si era premurato di andarla a prendere, ma lei l'aveva visto arrivare insieme ad una ragazza dai capelli rossi avvinghiata al braccio e allora un senso di delusione le aveva pervaso lo stomaco. Si domandò chi fosse quella ragazza, che legame ci fosse tra i due. Isabelle non lo credeva così stronzo da provarci tanto insistentemente con lei per poi presentarsi con una ragazza con la quale condividesse un legame affettivo e per questa ragione, si convinse che quella ragazza, forse, non era nessuno di particolare importanza.
Si salutarono da lontano: Isabelle stava bevendo un bicchiere di birra, seduta al tavolo con alcune ragazze che continuavano a discutere su ogni vestito carino che indossavano le ragazze a quella festa.
Lei, questa volta, per quanto riguardava i vestiti, non si era sbilanciata più di tanto. Era rimasta sul sobrio, indossando un pantalone nero a sigaretta e a vita alta e un top in raso nero anch'esso; l'unica cosa che si poteva considerare più azzardata erano le scarpe: dei vertiginosi tacchi a punta rossi, che le stavano purtroppo distruggendo i piedi. Quelle scarpe erano tanto belle, quanto scomode.
«Bel, ma quella non è Nichole?» le chiese una delle due ragazze al suo fianco, indicandole un punto dietro le sue spalle.
Isabelle si voltò e i suoi occhi videro una scena che non avrebbe mai immaginato: Nichole avvinghiata alle spalle di Manuel, con le loro bocche incollate in un bacio che dava pure il voltastomaco.
Fino al giorno prima l'amica le aveva detto di aver conosciuto un ragazzo strafico, allora si chiese come fosse possibile che in quel momento stava baciando Manuel come se non ci fosse un domani. Non le aveva mai parlato di lui, non in quel modo almeno.
«Oh mio Dio», sussurrò tra sé e sé.
Pochi secondi dopo smise di fissarli sconvolta e tornò a rivolgersi alle altre, con un sorriso imbarazzato sul viso e l'aria di chi ne sapeva meno di loro. Scoppiarono a ridere, per poi tornare a parlare tranquillamente.
Dopo un po', si perse ancora nei suoi pensieri, fin quando qualcuno non occupò il posto vuoto accanto a lei.
«Piccoletta, che fai?»
Harry le si sedette accanto, avvolgendole le spalle con il braccio, lei gli sorrise ed in risposta alzò semplicemente le spalle.
Non stava facendo nulla di particolare, se ne stava seduta, con un bicchiere di birra vuoto tra le mani, a chiacchierare con le altre che però avevano smesso di prestarle attenzione da un po', così come aveva fatto lei. Aveva la testa un po' altrove, un po' ad Harry, un po' a Ronnie e dire che in quel periodo era così confusa era poco. Si sentiva come se con Ronnie potesse funzionare, ma al tempo stesso percepiva che non avrebbe mai funzionato bene come con Harry.
Quest'ultimo, seduto al suo fianco, la guardava come sempre, con quello sguardo attento e curioso, poi si chinò per baciarle una guancia e per pochi istanti Isabelle si sentì il cuore traballare. Non si sarebbe mai abituata a certi contatti.
«Li hai visti quei due?» le domandò.
«Chi?»
«Manuel e Nichole.»
Isabelle scoppiò a ridere e annuì mentre la scena incredibile alla quale aveva assistito pochi minuti prima le tornò in mente.
«È stato incredibile, io non credevo ai miei occhi!» esclamò Harry.
«Nichole non mi ha mai detto nulla, se non che il tuo amico è un depravato», Isabelle continuò a ridere.
«A me lui aveva solo detto che pensava la tua amica fosse molto sexy, ma non che avesse davvero intenzione di provarci. Insomma, capita che tra ragazzi si fa qualche commento acceso, ma non credevo fino a questo punto!» disse lui, ancora sconcertato.
Per Isabelle e Harry sembra assurdo tutto quello. Conoscevano entrambi fin troppo bene i propri amici ed entrambi sapevano che i due avevano caratteri troppo opposti per poter davvero riuscire a legare.
Poi nella testa di Isabelle passò un pensiero: magari è stato un bacio proprio come il mio e il tuo, Harry. Magari, per Manuel non significa niente.
Allora lei divenne seria di colpo e non disse più nulla.
Per la testa di Harry passò un pensiero simile: magari Manuel ha provato lo stesso che provo io quando ho te accanto, magari anche lui non riesce a smettere di pensarla, anche lui non riesce a smettere di desiderarla pur sapendo che forse è sbagliato.
Harry guardò Isabelle, si accorse di come i loro corpi si erano avvicinati inconsapevole: lei era rivolta verso di lui, i polsi esili della ragazza erano appoggiati sulle sue cosce e le dita che stringevano il bicchiere di birra vuoto lo sfioravano casualmente.
Lui si portò la cannuccia del cocktail che teneva in mano alla bocca, ma il sapore che desiderava era un altro: un bacio che voleva ancora, che non le dava da tempo ormai. Voleva sentire che lei era ancora sua, che non era vero che si stava allontanando, che anche lei stava provando l'irrefrenabile voglia di baciarlo e di toccarlo.
Allora appoggiò il bicchiere sul tavolo difronte a loro, dopodiché si chinò a baciare la spalla nuda di Isabelle, strinse il braccio attorno a lei per avvicinarla a sé ancora un po'. Isabelle lo assecondò, con la mente spenta e ogni buon senso lontano. Era vicina a lui e non avrebbe voluto essere altrove.
«Potrebbe essere un bel posto per un tatuaggio», sussurrò Harry con la bocca ancora premuta sulla sua spalla.
Isabelle deglutì, ma non si allontanò, non smise di guardarlo.
Le dita fredde di Harry le spostarono i capelli dal collo, toccandole la pelle che le si ricoprì istantaneamente di brividi. Anche il respiro le si era fatto più veloce, anche le mani le tremavano.
Lui si chinò ancora, per baciarla sulla guancia e risalire fino al lobo dell'orecchio, per poi appoggiare la le labbra su di questo.
«Usciamo fuori, mh?» le chiese.
Il suo respirò caldo contro di lei.
Ma prima che Isabelle potesse rispondere, qualcuno richiamò la loro attenzione.
«Ehi, Harry! Vieni qua un attimo!»
Si voltarono entrambi e Manuel continuava a richiamare l'attenzione di Harry, che gli domandò cosa volesse, ma senza ricevere una risposta valida. Un piccolo senso di delusione colpì Isabelle quando lui si alzò e lasciò così scivolare via il suo braccio dalle sue spalle. Lei sentì freddo e di colpo il respiro le tornò normale, così come il battito del suo cuore.
«Scusami un attimo», le disse.
Isabelle annuì, infondo cosa avrebbe potuto dirgli?
Resta, ti prego.
E così lo guardò andar via e perdersi tra la gente che si muoveva in modo scoordinato, confuso. Quando non distinse più la figura di Harry in mezzo la folla, abbassò gli occhi sul bicchiere vuoto che teneva tra le mani e scelse allora di appoggiarlo sul tavolo basso davanti a sé. Si guardò un po' intorno, disorientata e anche un tantino stanca, ma non voleva ancora tornare a casa. Così si alzò, avvicinandosi all'open bar ed ordinando un'altra birra, che subito le fu servita.
«Sola?» disse qualcuno, affiancandola.
Isabelle si girò e sorrise quando riconobbe tra le luci basse di quel posto il bel viso di Ronnie.
«Già», gli rispose.
«Posso farti compagnia allora?»
«Sarebbe un onore».
Ridacchiarono entrambi, mentre Ronnie con un cenno della mano richiamava l'attenzione del barista ed ordinava anche lui una birra.
«Dove hai lasciato la tua accompagnatrice?» gli chiese Isabelle.
Era una curiosità che l'aveva punta per tutta la sera. Ronnie era arrivato con una ragazza che lei non conosceva, anche abbastanza carina e con un corpo da far invidia a chiunque; poi però non li aveva più visti insieme e non si spiegava il motivo.
«Chi? Samantha?»
«Non conosco il suo nome, ma parlo della ragazza con cui sei arrivato», spiegò lei.
Ronnie mandò giù un sorso di birra e sorrise annuendo.
«Sì, è Samantha ed è mia cugina».
Isabelle si era portata la birra alle labbra, ma si fermò prima di bere e sbarrò gli occhi, poi allontanò la bottiglia e guardando il ragazzo al suo fianco scoppiarono entrambi a ridere.
Ronnie era per questo che un po' le piaceva: quand'era con lui non pensava ad altro, neanche ad Harry; per poco tempo la sua mente si concentrava alla situazione in cui si trovava e non si perdeva nelle immagini di quella dove sarebbe voluta essere.
«Sei bellissima stasera, comunque», le sussurrò all'orecchio.
Isabelle sorrise, sentendo il suo volto andare a fuoco.
«Grazie», rispose timidamente.
La imbarazzava un po' il suo sguardo, ma non si tirò indietro; le piaceva essere guardata in quel modo.
E mentre loro due parlavano, ridevano e si scambiavano sguardi e sorrisi, Harry li inquadrò da lontano.
Non si era mai sentito così: triste, deluso, persino invidioso. Fino a quel momento così vicino ad Isabelle c'era sempre stato lui.

Il rumore del silenzio [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora