26. Niente pentimenti

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"Mi sento con il cuore a pezzi e l'anima divorata dalla paura, ma no, non mi sono pentita di nulla

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"Mi sento con il cuore a pezzi e l'anima divorata dalla paura, ma no, non mi sono pentita di nulla."
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Isabelle si trovava a fissare il muro davanti a sé, nel buio che avvolgeva la sua stanza, ancora stretta alle braccia di Harry e non faceva altro che pensare a quello che era successo in quei giorni.
Erano rimasti tutta la notte legati in quel modo: Isabelle con le spalle rivolte a lui, che se la stringeva addosso con un braccio attorno alla vita, con un'intensità allucinante. Non si erano mossi se non per darsi qualche bacio; in realtà non avevano fatto molto, si erano solo scambiati qualche parola ed un paio di scuse e per il resto della notte erano rimasti nel silenzio più totale.
Avevano fatto pace, a modo loro, ma nella testa della ragazza una sirena aveva smesso sì, di suonare, ma continuava a lampeggiare e lei non riusciva a capirne il motivo.
Perché continuava a sentirsi frustrata, se poi erano riusciti a ritrovarsi?
Si svegliò lentamente, sbattendo le palpebre a poco a poco e mettendo a fuoco, o almeno per quanto la poca luce permetteva, ciò che aveva attorno. La sveglia segnava poco più tardi delle 7 del mattino e questo significava che fra non molto avrebbe iniziato a suonare, così si allungò per poterla spegnere ed evitarsi quel suono infernale. Seriamente, le aveva provate tutte, dalla canzone spacca timpani ad una melodia bassa e più tranquilla, ma comunque andava bene i primi giorni, poi iniziava ad odiarla come qualsisia altra.
Si rigirò lentamente, cercando di non svegliare Harry, in modo da trovarsi dritto davanti a lui. Dormiva ancora beatamente tranquillo e sul suo viso vi era riflessa un'espressione pacifica e dolce. Isabelle gli accarezzò il collo con la punta delle dita, pianissimo perché non voleva svegliarlo. Le sue dita passarono dopodiché alla clavicole, toccandole ammaliata, così come con le spalle e con le braccia.
Il suo intento di non svegliarlo non fu però realizzato, poiché Harry percepì quelle lievi carezze e si svegliò, aprendo gli occhi per poi sbattere più volte le palpebra e realizzare ciò che stesse accadendo attorno a lui. Restò in silenzio però, senza dirle nulla. L'unica cosa che fece fu accarezzarle il capo, incastrando le dita tra i capelli della ragazza e appoggiando la fronte sulla sua; sospirò a fondo, beandosi di quella sensazione di profonda pace. Era inspiegabile, non esistevano parole per descrivere ciò che si provava nel restare vicino a lei in quel modo.
Isabelle percorse il suo addome con le mani, fino a raggiungere la base della sua schiena e tracciare con le dita le fossette di venere; tra quelle braccia si sentiva protetta, al sicuro da ogni forma di sofferenza ed era certa che sul mondo non potesse esistere altro posto migliore di quello.
Harry scivolò con la mano fino alla sua coscia, stringendola piano, invitandola silenziosamente a stringersi a lui più di quanto già non lo fossero. Isabelle accolse quell'invito, distendendosi completamente su di lui e appoggiando la guancia sul suo petto.
Era bello poter avere contatti tanto intimi e semplici con lui, le bastavano poche carezze per stare meglio, le bastavano quelle coccole per spegnere la mente. Si era svegliata ansiosa, con un buco nervoso allo stomaco, ma la dolcezza nei gesti di quel ragazzo aveva scacciato via gran parte delle sue preoccupazioni probabilmente anche infondate.
Lei iniziò, dopo un po', a baciargli il petto a scendere lentamente lungo tutto l'addome, i fianchi, sotto l'ombelico, fino al bordo dei suoi boxer.
«Sai che al momento mi farei fare di tutto, vero?» mormorò con voce roca ed un sorriso sfrontato sul viso.
Teneva gli occhi socchiusi e bassi su di lei, che lo guardò sorridendo prima di lasciargli un morso vicino al suo inguine. Harry trattenne il fiato, ispirando pesantemente. Quel morso mandò al suo corpo una scossa d'eccitazione pura e Isabelle se ne accorse, continuando a sorridere impertinente.
Alzò la schiena e appoggiò i palmi delle mani sul suo petto, in modo da potersi reggere e muovere sul suo corpo.
Solo pochi minuti prima combatteva con il suo inconscio perché una sensazione di frustrazione disturbava la sua quiete, mentre in quel momento si lasciava guidare dai sensi in movimenti sensuali sui suoi fianchi.
Harry trattenne il respiro, chiudendo gli occhi stringendo le dita nella pelle della ragazza; sapeva che era arrivato al limite, che gli bastava davvero poco per non riuscire più a tenere il controllo.
«Bel», la chiamò con voce forzata.
E allora lei si fermò. Stava esagerando, si stava facendo prendere la mano e lo sapeva. Fu come ritornare alla realtà: scese dai suoi fianchi e rivolgendogli un timido sorriso si alzò dal letto per correre in bagno e chiudersi dentro.
L'allarme aveva ripreso a lampeggiare.
Harry era rimasto per un po' con gli occhi chiusi, cercando di calmare i suoi pensieri e i suoi ormoni e solo dopo esserci riuscito si era alzato. Riusciva a sentire l'acqua della doccia scorrere e aveva provato anche ad entrare in bagno, ma Isabelle si era chiusa dentro. Lo aveva un po' confuso il suo atteggiamento, si era mostrata caparbia, per poi fuggire via senza troppi indugi. Non avevano mai avuto problemi simili, di intimità, mai da quando erano stati insieme la prima volta, ciononostante aveva percepito l'insicurezza nelle iridi blu di Isabelle mentre scendeva dal letto, lo guardava in fretta e si chiudeva dentro il bagno. Era stato quasi come se avesse avuto paura.
Harry si passò una mano tra i capelli, entrando in cucina. Fuori era sorto il sole da poco, per cui la luce che entrava dalle finestre non era accecante e fastidiosa per i suoi occhi abituati al buio della camera in cui aveva dormito. Aprì il frigo, tirandone fuori il latte per poi prendere due bicchieri della credenza e versarne un po' per lui e un po' per Isabelle. Cercò nella dispensa qualcosa per accompagnare il latte, ma la voce della ragazza alle sue spalle, lo distrasse.
«Ci sono i biscotti al cacao, li trovi?»
Si girò a guardarla e ne rimase incantato: si era cambiata, indossando una camicia a righe sottili, azzurra e bianca, abbinata ad una gonna di jeans e a delle semplici converse bianche. I capelli le ricadevano sul viso, mentre teneva il capo chino sul cellulare, troppo concentrata a scrivere qualcosa.
Dio mio, quant'è bella. Pensò Harry.
Le si avvicinò, appoggiandole le mani sui fianchi; lentamente sfilò il suo cellulare dalle mani, appoggiandolo sul bancone, per poi stringerle il viso con una mano e baciarla sulle labbra.
Perché non riesco a fare a meno di questo? Perché non riesco a vivere senza i tuoi baci, senza le tue carezze, se poi non riesco a dirti che ti amo? Santo cielo, se ti amo.
I pensieri di Isabelle erano un vortice inarrestabile nella sua mente e si stavano portando via ogni singola altra emozione, sentimento o sensazione; c'era spazio solo per l'amore incondizionato che lei provava per quel ragazzo che la stava baciando con tanto di quel trasporto.
Quando le loro labbra si separarono, Harry le accarezzò la guancia con il pollice, portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lei si lasciò andare a quel contatto, appoggiando il viso sul palmo della sua grande mano.
«Va tutto bene, Isabelle?» le domandò il ragazzo.
Lei lo guardava quasi come se fosse incantata, senza fiatare. Non sapeva neanche cosa pensare, figuriamoci cosa dirgli, così annuì con il capo e si avvicinò a lui ancora, per poter lasciare un bacio sulla sua guancia.
«Sei sicura?»
Harry aveva notato il suo comportamento a tratti schivo e inquieto, ma aveva l'incertezza sul fatto che potesse essere semplicemente un suo dubbio. Alla fine, scelse di crederle.
«Sono sicura», gli rispose.
Si scambiarono l'ennesimo piccolo bacio, per poi poter fare colazione.

Il rumore del silenzio [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora