25. Anelli tra le dita

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"Ogni volta che se ne andava, si portava con sé un po' del suo cuore e quello che più la spaventava era proprio la consapevolezza che se continuavano così, senza di lui, non le sarebbe rimasto più niente, solo un petto vuoto

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"Ogni volta che se ne andava, si portava con sé un po' del suo cuore e quello che più la spaventava era proprio la consapevolezza che se continuavano così, senza di lui, non le sarebbe rimasto più niente, solo un petto vuoto."
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L'aveva fatto davvero.
Settimane dopo, quando la pelle di Isabelle si era ormai rimarginata, Harry l'aveva spogliata e aveva tracciato i contorni di quel piccolo disegno a forma di rosa con le labbra. Prima di fare l'amore con lei, ancora.
Probabilmente non si sarebbe mai stancato. Era quel tipo di piacere che non appaga un desiderio carnale soltanto, ma che realizza desideri nascosti, celati dentro, infondo al cuore.
E più i giorni passavano, loro che stavano insieme a viversi, tra le coperte a legarsi, o a parlare soltanto, il tempo che scorreva veloce, sfuggendogli in piccoli istanti, attimi ad incastrarsi nella memoria che non dimentichi nemmeno per tutto l'oro del mondo, più entrambi si rendevano conto di quanto tutto quello stesse diventando estremamente grande ed importante. Si rendevano conto, a poco a poco, di quanto quella relazione stesse scavando le sue radici nella loro vita, nei loro cuori, a insediarsi dentro di loro e a non lasciargli più spazio per altro.
E stavano assorbendo quella realtà entrambi in modo diverso.
Harry, che l'aveva sempre vista come una sorella, se la trovava nella sua quotidianità in un modo totalmente differente e ciò non gli dispiaceva affatto. Eppure, non si accorgeva che le due cose, il fatto di averla sempre guardata come una sorella ed i suoi sentimenti per lei, si stavano fondendo in un legame morboso che non lo lasciava mai tranquillo.
Isabelle, invece, si era trovata catapultata in una storia con le sembianze più grandi di quelle con cui si era mostrata all'inizio; era stata proprio lei la prima tra i due a capire che ciò che li legava non era una più semplice amicizia e che forse, infondo, non lo era mai stata, ma proprio lei non riusciva a confessare a voce alta i propri sentimenti, come se il peso di quelle parole, di quel ti amo, potesse schiacciarla. Sembrava quasi spaventata da ciò che si era scoperta in grado di provare e non dirlo a voce alta, non dirlo a lui soprattutto, confortava, almeno un po', i suoi timori. Glielo diceva, ogni santa volta, guardandolo negli occhi e gridandoglielo nella testa, ma non era mai riuscita ad aprire bocca in quei casi.
Sia Harry, che Isabelle, stavano affrontando tutto quello che tra di loro era nato, forse, nel modo sbagliato.
Quella mattina non si erano ancora incontrati, si erano solo scambiati qualche sms, ma la sera prima si erano salutati per bene, con tanto di bacio sfrenato, dopo essere usciti a cena fuori.
Isabelle così lo stava aspettando davanti l'entrata della facoltà di Harry, smaniosa di rivederlo. Eppure non fu lui che incontrò. A distrarre i suoi pensieri e la sua concentrazione, rivolta all'ingresso dell'edificio dove si tenevano le lezioni di Harry, fu l'ultima persona che si aspettava di vedere avvicinarsi a lei: Ronnie. Non si parlavano da un pezzo, dopo l'episodio con Harry avevano smesso di scambiarsi sorrisi di gentilezza e qualche parola, ma si limitavano a salutarsi da lontano con un misero cenno del capo.
Isabelle non era arrabbiata con lui, non lo odiava e nemmeno portava rancore. Lei era sicura di ciò che aveva fatto e di ciò che aveva non fatto, tutto il resto erano solo chiacchiere che sarebbero sfumate con il tempo.
Ronnie le si avvicinò lentamente, quasi stesse meditando per bene sulle parole da dire per non farla andare via e quando le fu abbastanza vicino, la salutò a bassa voce.
«Ciao», ricambiò Isabelle.
«Come stai?» le chiese.
«Non c'è male. Tu?»
«Bene, grazie.»
Per un po' non dissero più nulla. Lei non capiva cosa Ronnie volesse, perché fosse lì e il motivo della sua vicinanza, eppure non disse nulla, ma aspettò che fosse comunque lui a svelarle i fatti.
Non era nemmeno imbarazzante. Stavano solo aspettando entrambi di dire qualcosa, ma Bel non aveva più nulla da dirgli, mentre lui avrebbe voluto dirle talmente tante cose da non sapere nemmeno da dove iniziare. Alla fine, però, capì che avrebbe semplicemente dovuto aprire bocca e dirle la cosa che più di tutti premeva di essere detta.
«Mi dispiace, Isabelle», confessò di colpo.
Lei strinse la cinghia della borsa, deglutendo.
Non sapeva come rispondere.
«Per quello che ho detto a Harry, mi dispiace», precisò.
Isabelle annuì. Come già detto, non era arrabbiata e forse anche per questa ragione non trovava le giuste parole per rispondere. Cosa avrebbe dovuto dirgli?
«È tutto okay, Ronnie. Ormai abbiamo chiarito che non è successo nulla tra me e te», lo rassicurò.
«Non avrei dovuto dirglielo. Ero solo arrabbiato, lui continuava a dirmi che non mi sarei dovuto avvicinare a te, era arrogante ed io volevo solo provocarlo. Davvero, non è da me, non so che mi è preso. Perdonami.»
Isabelle lo capiva, conosceva i comportamenti di Harry, anche lei stessa aveva affermato che il suo ragazzo aveva avuto da sempre troppe pretese su di loro; aveva sempre visto il loro legame come qualcosa che potesse appartenere a lui soltanto, senza più spazio per nessun altro nella vita della ragazza.
Certo, Ronnie aveva avuto approcci sbagliati, aveva forse esagerato con le parole, ma non le importava più. Adesso le interessava solamente di Harry e di quanto, nonostante tutto, riuscisse ad essere felice con lui.
È vero che l'amore rende ciechi.
«Avete esagerato entrambi, ma comunque accetto le tue scuse, tranquillo.»
Ronnie le sorrise, ma non ebbe il tempo di dirle altro dal momento che le spalle di Isabelle furono avvolte dal braccio di Harry, che prontamente se la portò vicina, stringendola a lui.
«E tu che vuoi ancora?» sbottò irritato.
Isabelle girò il viso per guardarlo, ma lui era troppo arrabbiato e troppo concentrato a lanciare occhiate di fuoco su Ronnie per accorgersi veramente di lei. Nemmeno le sue mani erano gentili, ma erano soltanto strette duramente attorno al corpo esile della ragazza, come a voler imprimere un possesso che a Isabelle stava alquanto scomodo.
«Sono solo venuto a chiederle scusa», rispose Ronnie con voce tagliente.
Tra quei due non sarebbe scorso mai più buon sangue.
«Sparisci da qui, prima che ti prenda a pugni ancora una volta.»
«Harry», Isabelle lo richiamò, ma lui continuò a non considerarla.
«Fatti i cazzi tuoi», ribatté Ronnie.
Si guardarono sfidandosi con gli occhi, mentre lei cercava di stringere una delle mani di Harry per infondergli un pizzico di calma in più da mantenere.
«Lei fa parte dei cazzi miei», affermò deciso.
Il biondo che avevano davanti rivolse la sua attenzione a Isabelle ancora una volta ed i suoi occhi si addolcirono di colpo. In quel momento capirono entrambi che ciò che tra di loro era nato, amicizia o qualsiasi altra cosa fosse, si era conclusa proprio in quel momento.
«Forse è meglio che vada», le disse, quasi rammaricato.
«Sì, vai. Vattene a fanculo», gli rispose Harry.
Isabelle a quel punto si scrollò il suo braccio dalle spalle, guardandolo storto e riprendendolo ancora una volta. Fortunatamente Ronnie non prestò attenzione alle parole del ragazzo dagli occhi verdi e con un ultimo sguardo colmo di scuse rivolto a Bel, diede loro le spalle e andò via.
Soltanto quando rimasero soli, Harry prestò attenzione alla sua ragazza, che lo guardava arrabbiata e con i pugni stretti lungo i fianchi.
«Sei un idiota», proruppe, avvicinandosi a lui e fronteggiandolo a testa alta.
«Ah, adesso sarei io l'idiota. Non lui che si presenta qui, con delle scuse, credendo di poter rimediare a tutto!»
Isabelle si passò una mano tra i capelli, sospirando, mentre si chiedeva perché lui dovesse essere così impulsivo, per qualche motivo non potesse pensare prima di fare o dire qualcosa. Per lei era già abbastanza difficile dover combattere contro la paura che i suoi sentimenti nei confronti di quel ragazzo la potessero sopraffare, litigare con lui non migliorava il pacchetto.
«Cosa avrei dovuto fare? Non accettare le sue scuse e dirgli che non me ne fregava più niente?» chiese esasperata.
«Per esempio!»
Harry allargò le braccia con fare drammatico, per poi iniziare a fare avanti e indietro mentre la rabbia straboccava da ogni fibra del suo corpo. Non c'era niente che lo mandasse più in bestia nel pensare a quel ragazzo che gli aveva detto di essere stato a letto con Isabelle. Nonostante avesse ormai appurato la menzogna in quelle parole, non riusciva comunque ad avere pace dall'immagine dei loro corpi che si fondevano in uno solo. Gli dava il voltastomaco.
«Ti avevo già avvisata che se ti avessi beccata ancora con lui, con me tu avresti chiuso», disse a bassa voce, guardandola e fermandosi sui suoi passi.
Isabelle strabuzzò gli occhi e si avvicinò a lui lentamente.
«Questo cosa significa, scusa? Stai seriamente dicendo che io e te abbiamo chiuso?» gli chiese allibita.
Il suo cuore batteva così forte da spaventarla. Non riusciva a credere a tutta quella situazione, che stava decisamente degenerando.
Ma Harry scosse il capo. Non avrebbe mai potuto lasciarla, non dopo essersi reso conto di quanto lei nella sua vita fosse così fondamentale e di quanto lo era sempre inconsapevolmente stata.
«No, Bel. Sto solo dicendo che mi fa infuriare vederti con lui, che non devi più vederlo. Sul serio.»
Isabelle incrociò le braccia al petto, leccandosi le labbra secche dal freddo e rivolgendo lo sguardo altrove.
Era quel devi che non digeriva. Se solo avesse usato un modo più gentile per chiederle di evitare quegli incontri, lei avrebbe potuto comprendere il suo fastidio.
«Tu non comandi nella mia vita, sulle mie decisioni.»
E dopo quelle parole nessuno dei due aggiunse più nulla. Quella era una guerra che nessuno dei due avrebbe rinunciato a vincere, non subito almeno.
Harry le diede le spalle, più ferito da quelle parole di quanto potesse immaginare e andò via.
Isabelle, invece, rimase immobile e guardarlo scomparire via dai suoi occhi, a lasciare non solo una strada vuota, ma anche un buco dentro il suo petto.
Harry, ogni volta che se ne andava, si portava con sé un po' del suo cuore e quello che più la spaventava era proprio la consapevolezza che se continuavano così, senza di lui, non le sarebbe rimasto più niente, solo un petto vuoto.

Il rumore del silenzio [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora