21. Coraggio

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"Amami, o vai via

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"Amami, o vai via.
Amami e resta."
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Non aveva fame.
Non aveva voglia di mangiare.
Non aveva voglia di seguire le lezioni, di andare all'università.
Non aveva voglia di alzarsi e abbandonare quel letto.
Harry, non aveva voglia di fare assolutamente nulla.
Dopo aver litigato con Isabelle, si era chiuso nella sua stanza e non aveva messo fuori piede per poco più di dodici ore.
Si sentiva ammattito, a pezzi e tutto dolorante a causa dei lividi e dei graffi sul viso e sul corpo, per non parlare di quelli che si era procurato sul cuore litigando con lei.
Non era riuscito a trattenerla a sé, l'aveva lasciata andare via ancora e non si era opposto quando l'aveva guardato per l'ultima volta prima di uscire definitivamente da casa sua e portasi con sé una parte del suo cuore.
Si sentiva a metà, incompleto. Voleva lei, la voleva e non era stato in grado di dirglielo quando lei gliel'aveva chiesto più di una volta.
Era stato un codardo.
Si trovava così immobile, disteso supino sul suo letto, le mani sul suo addome e lo sguardo fermo sul soffitto. La luce spenta, così come lui si sentiva: spento e triste.
Qualcuno bussò alla sua porta, ma lui non si scomodò a chiedere o a vedere chi fosse. Ad ogni modo, la porta venne aperta, rivelando parte del bel viso di sua madre. Harry le rivolse un'occhiata stanca, poi tornò a guardare il soffitto.
«Vattene», disse, «Voglio stare solo.»
Ma sua madre non lo ascoltò. Spinse la porta ed entrò dentro la stanza, lasciando la porta socchiusa alle sue spalle.
«Come stai?» la voce di sua madre dolce e gentile.
«Mamma, per favore, lasciami stare.»
Ma lei non si arrendeva. Quella donna conosceva bene Harry, lo conosceva meglio di chiunque altro, era suo figlio e sapeva che il tempo in cui era stato solo gli era bastato, adesso aveva solo bisogno di sfogarsi. Inoltre, non avrebbe resistito più a lungo di così.
Aveva sentito i due litigare pesantemente mentre in cucina sbrigava alcune faccende e non si era intromesse, ma ciò che si erano detti, sapeva, non erano cose da poco.
«Con me puoi parlarne» disse sua madre con dolcezza.
Harry aveva sempre amato la voce di sua madre, così dolce e così gentile, capace di infondergli tanta di quella sicurezza. Era per questo che quando lui era solo un bambino le bastava stringerselo al petto e sussurrargli all'orecchio che tutto andava bene, per farlo smettere di piangere.
«Io e Isabelle abbiamo litigato e adesso mi odia, cosa c'è in più da dire?»
«Lei non ti odia, non potrebbe mai farlo.»
Harry alzò le spalle dal materasso, mettendosi seduto ai piedi del letto. Si passò le mani sul viso, sospirando pesantemente.
Lei lo odiava, l'aveva vista dirglielo con gli occhi. Era delusa, era amareggiata, nessuno dei due riconosceva più l'altro. Si erano fatti del male, si erano feriti, presi a pugni sul cuore.
«Ho rovinato tutto. Tutto quello che c'era tra me e lei è andato in fumo grazie al sottoscritto», piagnucolò come un bambino, scuotendo la testa.
Avrebbe davvero voluto piangere e dare così modo di sfogarsi a tutta quella frustrazione che sentiva addosso. Picchiare Ronnie gli aveva concesso di scaricare una parte della sua tensione, ma non era stato abbastanza.
«Isabelle conosceva quel ragazzo con cui hai fatto a botte?»
Sua madre, quella mattina, l'aveva visto arrivare con il viso segnato dai lividi e sporco di sangue. L'aveva riempito di domande, costretto a confessarle che aveva ricevuto e dato qualche pugno, ma non le aveva detto il motivo. Quello se l'era tenuto dentro a corrodergli l'anima.
«Sì, è il ragazzo con cui sta uscendo», confessò Harry a bassa voce.
Il solo pensiero lo scuoteva ancora. Non sapeva se sarebbe mai stato capace di accettarlo, probabilmente avrebbe rifiutato per tutta la vita l'idea di Isabelle con qualcuno che non fosse lui stesso.
«Lei merita di più», aggiunse.
Non osava alzare lo sguardo, restava a guardare le sue mani con le nocche rovinate, scure e piene di graffi.
«Lei merita te», disse sua madre.
Ma Harry scosse il capo.
No, mamma. Lei non merita neanche me. Io sono un incapace, un idiota, sono solo in grado di farla soffrire, le urlo contro, le dico che è una stronza tutto il tempo. E lo è, diamine se lo è, ma è la stronza di cui mi sono follemente innamorato.
Non so quand'è successo, o in che modo. So solo che non riesco più a stare senza di lei e che il pensiero di averla persa mi tortura il cuore e non mi fa vivere.
Non posso averla persa davvero.
La madre di Harry si sedette accanto a lui, accarezzandogli i capelli e sussurrandogli che tutto si sarebbe sistemato, che le cose importanti non si perdono così facilmente.
«Ho bisogno di lei nella mia vita, nella mia quotidianità», la voce di Harry uscì spezzata.
Spezzata dall'amarezza, dalla tristezza, da quel barlume di speranza che lentamente si spegneva.
«E questo a lei l'hai detto?»
Lui scosse il capo in risposta. Non ne aveva il coraggio.
«Allora va da lei e diglielo adesso. Dille tutto quello che senti, tutto quello che provi.»
Soltanto a quel punto Harry alzò gli occhi ed incontrò quelli di sua madre. Erano gli stessi.
Lei lo sapeva, lei l'aveva capito, non era servito che lui parlasse per farle comprendere tutta la verità, che Harry si era innamorato ma era spaventato e confuso al tempo stesso di quello che stava succedendo e di quello che stava provando. Si era innamorato di una ragazza che conosceva più delle sue tasche, che aveva sempre visto con una sorella. Era tutto sempre più assurdo.
«Non posso.»
«Perché no? Cosa aspetti?»
Ma lui scosse solo il capo.
Aspetto il coraggio, che non so se avrò mai, di dirle che la amo.
A quel punto sua madre si alzò tirandolo per la maglietta, costringendolo ad alzarsi dal letto: adesso era lui a incombere su di lei.
«Va da lei.»
«No, mamma. Non posso», ripetè Harry.
«Sì, che puoi.»
Lo spinse verso la porta, lo spinse fuori e lo rimproverò quando lui oppose ancora resistenza. Sembrava peggio di un bambino capriccioso, ma sua madre non avrebbe lasciato che suo figlio buttasse all'aria il legame che lo teneva ancorato a Isabelle; li aveva visti insieme, li aveva visti guardarsi proprio come lei guardava suo marito e questo la spingeva ancora di più a costringere suo figlio a non mollare. Non aveva cresciuto un ragazzo per fare in modo che diventasse un codardo incapace di esprimere i propri sentimenti.
«Va bene, vado! Cazzo, smettila di spingermi!» disse Harry, esasperato.
«Non dire parolacce e non tornare qui fin quando non le hai detto tutto perché ti prendo per le orecchie e ti ci riporto!»
Harry la guardò con gli occhi quasi fuori dalle orbite, chiedendosi cosa diavolo fosse preso a sua madre e per quale ragione avesse questo atteggiamento incredibilmente drastico.
Scelse però di non chiedere spiegazioni e afferrando le sue cose, andò via.
Le mani iniziarono a tremargli non appena chiuse la porta di casa.
Io non ce l'ho il coraggio.

Il rumore del silenzio [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora