10. Una madre

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"Ti prometto che potrà anche cascare il modo, ma io ci sarò per non fartelo pesare sulle spalle

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"Ti prometto che potrà anche cascare il modo, ma io ci sarò per non fartelo pesare sulle spalle."

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Il giorno dopo, Isabelle si svegliò tra le coperte di un letto che, solo dopo aver aperto bene gli occhi ed aver messo a fuoco tutto, si accorse non era il suo. Quelle lenzuola scure e le pareti grigie di quella stanza lei, però, li conosceva bene. Non era la prima volta che dormiva da Harry, in passato era capitato che passasse la notte con lui quando magari andava a trovarlo e si faceva tardi, o quando poi faceva cattivo tempo; Harry non la lasciava mai andare, ma la faceva restare con sé per tutta la notte, abbracciandola se necessario, o semplicemente tenendosela a fianco.
Quella mattina il corpo di Harry era avvinghiato al suo, con le gambe intrecciate, le mani del ragazzo poggiate sulla sua schiena, mentre lei beatamente se ne restava distesa sul suo petto.
Cercò allora di ricordare cosa la sera prima fosse accaduto: immagini sbiadite e confuse le lampeggiarono nella mente. Ma un'idea, tra i tanti pensieri, le si accese e le fece sbarrare gli occhi. Così si mosse di poco per guardare cosa stesse indossando, ma il suo corpo era ancora coperto dal vestito bordeaux di velluto e Harry stava tranquillamente indossando ancora i vestiti con cui l'aveva visto la notte prima.
Ricordava vagamente di aver pensato per tutta la serata quanto lui fosse attraente con quella camicia, che grazie ai bottoni aperti lasciava scoperto gran parte del suo petto; poi ricordava il calore del suo corpo quando avevano ballato insieme per un po' e lui le aveva toccato e baciato il collo con la bocca, i pensieri poco opportuni che aveva fatto; eppure, già in quel momento aveva bevuto troppo per poter ricordare bene cosa fosse accaduto di preciso.
Harry a quel punto si svegliò. Sbatté le palpebre e prese un profondo respiro.
«Ehy», sussurrò Isabelle, rivolgendo gli occhi a lui.
La guardò senza dire nulla, limitandosi ad accarezzare la sua schiena con le dita, tanto dolcemente che la pelle della ragazza si ricoprì di brividi.
Rimasero in silenzio ancora per un po'. Harry lentamente prendeva atto della situazione in cui si trovava, con Isabelle così vicino, e ricordava gli avvenimenti della notte prima. Continuava a pensare soprattutto a quello che Isabelle, diretta dall'alcol, gli aveva confessato su sua madre, ma non sapeva se dirle qualcosa al riguardo, o non farlo. Sapeva quanto lei fosse riservata su determinate cose e che se si era lasciata sfuggire una debolezza simile, era solo a causa dei drink di troppo che le avevano fatto girare la testa. Ma sapeva anche quanto lei avesse bisogno di qualcuno in quel momento e lui voleva esserci, non voleva più vederla piangere.
Se la strinse contro quando si ricordò di qualche giorno prima, quando gli aveva chiesto un abbraccio quasi fosse un'estremo bisogno. Isabelle, dal canto suo, non si lamentò, perché stare tra quelle braccia la faceva sentire quasi come se fosse in paradiso. Doveva esserlo per forza perché sulla terra, un posto così bello, non esisteva.
«Hai lezione oggi?» le chiese.
La sua voce aveva un tono più basso del solito, la mattina, ed Isabelle sentiva che quel suono prima o poi l'avrebbe fatta cedere rovinosamente. Lui era un punto debole senza vie di fuga.
Lo era sempre stato, ma in quel periodo lo era più del solito.
«No», rispose a bassa voce.
«Okay, allora ti porto a fare colazione», le propose, accennando un lieve e dolce sorriso.
Isabelle lo guardò ancora, con le dita ferme sulla parte di pelle sul petto scoperta dalla camicia.
«Tu non hai lezione?»
«Per questa mattina passo.»
A quel punto la ragazza scivolò via dal suo corpo, alzandosi lentamente e sedendosi sulle ginocchia alla fine del letto. Harry alzò il busto dal materasso e cercò i suoi occhi che continuavano a fuggire.
Isabelle stava finalmente ricordando di qualche particolare della notte prima, come ad esempio il fatto che gli avesse confessato parte di quello che era successo con sua madre. Non ne aveva mai voluto parlare con lui proprio per questo motivo: Harry molto probabilmente stava saltando le lezioni per non lasciarla sola, perché non ricordava cosa di preciso lei gli avesse confessato, ma era quasi certa di essersi mostrata con il suo lato più vulnerabile e pietoso. Ma lei non voleva fargli pena, non voleva essere compatita e più di tutto odiava l'idea che lui potesse saltare le lezioni, o qualsiasi altro impegno, per lei.
«Harry, vai a lezione», gli disse con tono piuttosto autoritario.
Si alzò dal letto, tirandosi giù il vestito che le era salito sulle cosce, cercando in giro per le stanza le sue scarpe, anche se di indossare nuovamente i tacchi non ne aveva proprio voglia. Harry si alzò a ruota, raggiungendola in fretta e prendendo il suo braccio esile tra le dita.
«Isabelle», la chiamò, dolcemente.
«Senti, non voglio farti pena. Probabilmente in questo momento starai pensando "povera ragazza, senza una famiglia, con una madre stronza", ma io sto bene e tu non salterai le tue lezioni per me», sbottò.
Sfuggì dalla sua presa, che pur essendo delicata, non aveva intenzione, né voglia di lasciarla andare. Afferrò il cellulare dal comodino, poi raccolse la borsa dal pavimento e vi rovistò dentro per vedere se vi fosse ancora tutto.
Ma Harry comunque non lasciava perdere e la guardava, cercando le parole giuste da dirle per non farla fuggire via così.
«Isabelle, non te ne andare», le disse, «per favore.»
Non voleva andasse via, ma voleva tenerla con sé, cullarla e toccarla, abbracciarla un po' di più, stargli vicino, ma non per pena, ma semplicemente perché lui voleva esserci per lei, voleva esserci per farla stare bene, lui come nessun altro voleva soltanto vederla sorridere, perché quando lo faceva era più bella. Voleva essere la ragione di quei sorrisi, il senso di ogni suo giorno, e non gli importava se stava impazzendo, se nel loro legame c'erano cose che lui non riusciva a spiegarsi, attenzioni alle quali non riusciva a dare una motivazione ben precisa, nemmeno sforzandosi. Non gli importava se c'erano sguardi che non comprendeva, desideri che si rifiutava di credere possibili, idee che considerava strane e fuori luogo. Non gli interessava nulla di tutto questo, ma gli interessava di lei, soltanto.
A quel punto, Isabelle lo guardò ed il cuore prese a batterle come un matto quando i loro occhi si incontrarono.
Soltanto allora capì che in qualche modo, anche se fosse andata via, quelle iridi verdi le sarebbero sempre rimaste impresse nella mente ed il cuore le sarebbe per sempre rimasto legato a quello del ragazzo.
Così, scelse di restare.

Il rumore del silenzio [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora