"Lui era ciò che voleva per tutta la vita, lui era la sua metà, la parte migliore, la persona che amava come non aveva mai amato nessun altro in vita sua."
-Era strano per Isabelle risvegliarsi in un letto che non era il suo, tra le mura di una casa che per lei era completamente sconosciuta. Senza i suoi effetti, sapendoli lontani. Sapendo che Harry era lontano.
Quando entrò in salotto c'era la tv accesa, ma nessuno la stava guardando. Alcuni dei giochi di Stefano erano sul tappeto ai piedi del divano, un leggero vociare, mischiato al rumore di piatti e posate, proveniva dalla cucina.
Isabelle fu accolta dall'odore di pancake non appena varcò la soglia di quella stanza. Cassandra era con una padella in mano e una forchetta nell'altra, mentre Stefano e Smeralda erano seduti composti al tavolo; un tovagliolo era ripiegato all'interno del bordo delle loro magliette per evitare che si sporcassero. I piatti davanti a loro erano ancora vuoti, ma Cassandra stava provvedendo a riempirli, quando si accorse della presenza della ragazza.
«Isabelle, buongiorno!» esclamò.
Smeralda scese in fretta dalla sedia per correre ad abbracciare Isabelle, stringendole le gambe dalla sua piccola altezza. Lei sorrise, accarezzando i capelli della bambina per poi invitarla a sedersi a tavola insieme.
«Ho preparato i pancake, vanno bene?» le domandò sua madre.
Bel annuì, lasciando allora che la donna le riempisse un piatto e glielo poggiasse davanti.
Si portò fra le labbra una forchetta di quelle prelibatezze, eppure non riuscì a mangiare molto di più. Il suo stomaco era chiuso a causa dei sensi di colpa che le si artigliavano addosso, non riuscendo a smettere di pensare a Harry, alla sua voce delusa e distante al cellulare solo la sera prima.
Quella lontananza li avrebbe davvero aiutati? Avrebbe aiutato lei soprattutto, a capire la paura? A superarla? A dirgli ti amo?
Non lo sapeva. L'unica cosa di cui era a conoscenza con certezza era che lui le mancava già, le mancava anche più dell'aria.
«Tutto bene, Isabelle?» le domandò sua madre, probabilmente notando il suo sguardo perso nel vuoto.
Bel annuì, continuando a mangiare, ma sfuggendo dagli occhi di sua madre.
Continuarono allora a far colazione, con Stefano e Smeralda che in parte bisticciavano, in parte ridevano. L'atmosfera era tranquilla, molto serena, tanto da concedere a Isabelle un tantino di tranquillità nel suo cuore. Non si era mai chiesta cosa si provasse ad avere una famiglia, qualcuno con cui condividere la propria quotidianità, eppure, quella mattina si rese conto che era qualcosa che le era sempre mancato nella vita. Non pensava fosse possibile, non pensava di poter desiderare qualcosa di simile, un caos del genere, e invece si sbagliava.
Tutti hanno bisogno di una famiglia.
Per questa ragione, Isabelle riuscì ad accantonare momentaneamente il pensiero di Harry dalla sua testa e a dedicarsi pienamente a quella realtà.
«Oggi ti porto a visitare un po' Roma, mh? Che ne dici?» le domandò Cassandra.
La ragazza annuì, entusiasta. Era sempre stata curiosa di visitare l'Italia e riuscire finalmente s guardare da vicino le meraviglie della sua capitale, la elettrizzava. Non vedeva l'ora.
«Perfetto! Allora bambini, finite la colazione e poi correte a cambiarvi che oggi abbiamo tanto da fare!»
Smeralda e Stefano esultarono, per poi affrettarsi a finire la colazione e poter correre al piano di sopra a cambiarsi.
La felicità di Cassandra non aveva limiti; finalmente riusciva a vedere la possibilità effettiva di creare un rapporto con la prima parte di sé stessa messa in vita. Ancora poco riusciva a capire come fosse sopravvissuta tutti quegli anni con la consapevolezza di una figlia lontana; nonostante tutto, adesso sperava di non perderla più. Sapeva che avrebbe dovuto dirle altro, che qualcosa ancora doveva essere svelato, ma avrebbe aspettato un po' di più.
Ma il destino, le avrebbe concesso questo tempo?
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Il rumore del silenzio [HS]
FanfictionE tacque. Tacque i suoi sentimenti. Tacque il suo amore. Restando in silenzio, un silenzio che però faceva rumore. Il rumore di un amore che nessuno ascolta, che nessuno vuol capire, che nessuno è capace di sentire. Smisero di guardarsi, ma non smis...