Epilogo.

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"Ma adesso potevano baciarsi e fare l'amore, per tutta la notte e poi anche per tutta la vita, che tanto il mondo non importava più

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"Ma adesso potevano baciarsi e fare l'amore, per tutta la notte e poi anche per tutta la vita, che tanto il mondo non importava più."
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«Sta tranquilla, andrà tutto bene.»
Harry guardava Isabelle con quegli occhi tanto luminosi, in quel modo che solo lui aveva di guardarla. Come sempre, le stava dicendo con lo sguardo che non c'erano ragioni per avere paura, che c'era lui, ci sarebbe sempre stato lui a sostenerla, ad amarla.
Erano così: fermi, in piedi, davanti il palazzo dove stava l'appartamento di suo padre, o meglio, dell'uomo che aveva sempre creduto fosse suo padre. Come promesso, Harry l'aveva accompagnata e nonostante sapesse che avrebbe dovuto aspettarla in macchina, non gli dispiaceva essere lì. Lui voleva esserci per lei, ma non per dimostrargli il suo amore, non per dimostrargli qualcosa, ma semplicemente perché stargli accanto era quello che anche lui desiderava.
Gli diede due baci sulle guance e poi le accarezzò le gote con i pollici, mentre la guardava.
«Io sarò qui ad aspettarti», le disse.
«Cosa pensi che mi dirà?» domandò Isabelle, mentre con le dita giocava con i bottoni della camicia che Harry stava indossando.
«Non lo so, piccoletta.»
Isabelle sospirò, abbandonandosi alle braccia del ragazzo per ricevere un abbraccio.
Harry le avvolse le spalle, trattenendola forte al suo petto e accarezzandole i capelli. Rimasero così ancora per un po', fin quando lei non si allontanò. Si guardarono un ultima volta, scambiandosi un piccolo cenno d'intesta, prima che Isabelle gli voltasse le spalle e camminasse insicura verso la porta di quel palazzo.
Le scale erano al buio, così cercò tastando il muro l'interruttore della luce, che premette una volta trovato. Suo padre abitava al terzo piano, ma scelse di non prendere l'ascensore, pensando che così il tempo che le sarebbe servito a salire le scale, le sarebbe servito pure a cercare di capire che cosa dirgli.
L'agitazione le stava facendo tremare le mani.
Quando si trovò davanti la porta esitò un attimo prima di bussare. Passarono pochi minuti, prima che suo padre si rivelasse dietro il legno della porta. Sul viso dell'uomo la confusione e lo sconcerto erano chiari, evidentemente non si aspettava una visita da parte della ragazza; d'altronde, non si vedevano quasi mai, né tantomeno si sentivano spesso. Isabelle era sempre stata ostile e distante nei suoi confronti, andarlo a trovare senza preavviso non era da lei, considerando pure che si degnava a chiamarlo, o a rispondere alle sue di chiamate, soltanto nelle occasioni o in giorni rarissimi.
Per cui, la guardò per pochi minuti, in totale silenzio e con la fronte aggrottata; dopodiché, prima che potesse dire qualcosa, lei lo anticipò.
«Ciao, papà.»
Le sembrava strano pronunciare quel nome, ancora non riusciva ad assumere che in realtà l'uomo che aveva davanti non era davvero suo padre. C'era stato così tanto astio negli anni, che in quel momento le cose erano ancora più difficili.
«Isabelle, figliola.»
La chiamava spesso così: figliola. Come se fosse davvero sua figlia, come se ne avesse il diritto. Ma forse era così, forse lui aveva più diritto di chiunque altro di chiamarla in quel modo.
«Sei da solo? Vorrei parlarti.»
Richard annuì e si spostò dalla soglia della porta per lasciarla passare. La sua compagna era uscita a fare la spesa, ma era passato troppo poco tempo perché tornasse presto. Erano soli.
Isabelle si aggirava in quella casa sentendosi un'estranea, quasi come se non ci fosse cresciuta. Eppure, se si guardava attorno, diversi oggetti, l'arredamento, le mura, erano gli stessi di una vita fa. Le foto sullo scaffale in alto della libreria: lei da bambina, lui che l'abbracciava. La pace prima che Cassandra decidesse che una figlia non era ciò che voleva.
Si sedette sul divano, sfregando le mani sulle cosce, ansiosa di ciò che sarebbe accaduto.
Richard si accomodò nella poltrona difronte a lei e le sorrise.
«Vuoi qualcosa da bere? Ti preparo un caffè?» le domandò con cortesia.
Isabelle scosse il capo, ma lui si stava già alzando dalla poltrona.
«No!» esclamò Bel, fermandolo per un braccio.
Il padre la guardò sempre più confuso: non era da lei avere questo comportamento.
«I-io devo chiederti una cosa e non posso più aspettare.»
Allora si alzò dal divano, non riuscendo a stare seduta, iniziando a fare avanti ed indietro per quel salotto, con le braccia incrociate al petto e l'aria confusa, disorientata.
«Isabelle, che sta succedendo?» domandò allora Richard, preoccupato.
«Sono andata a trovare la mamma in Italia.»
Lui la guardò senza dirle nulla, confuso da quell'affermazione e non riuscendo a capire dove lei volesse arrivare. Non immaginava proprio ciò che Isabelle stava per dirgli.
Soltanto allora la ragazza si sedette ancora, portandosi le mani sul viso e sospirando. Non era facile, ma neanche difficile: si trattava di dire soltanto la verità.
«H-hai mai pensato a come sarebbe stata la tua vita senza la mamma? Senza di... me?» gli chiese, cautamente e rivolgendogli uno sguardo carico di malinconia e tristezza, «Se non l'avessi mai incontrata? Se ti fossi soltanto innamorato della donna che hai accanto adesso?»
«Perché mi chiedi questo?»
Perché forse avresti vissuto una vita che è tua e non condiviso la mia che non ti appartiene.
«Conosci Giorgio?»
A quel punto Richard drizzò la schiena. Certo che lo conosceva, come poteva essere altrimenti? Era quell'uomo che gli aveva tolto la moglie, che l'aveva messa incinta e che poi non si era neanche preso cura di quella figlia. E lo sapeva, ma non era semplice parlarne.
Annuì soltanto, deglutendo e spostando gli occhi da quelli della ragazza.
«Quanto bene lo conosci?»
«Abbastanza da non farmelo piacere», rispose secco, «Ma non sono affari miei. Deve starci tua madre, non io.»
«Abbastanza da sapere che è lui mio padre?»
E la bomba che Isabelle sganciò era forse troppo silenziosa, perché lui la guardò ma tacque soltanto. Non osò dire nessuna parola. Perché la verità lui la sapeva, ma sentirla dire da Isabelle, da sua figlia, gli sembrava assurdo. Era stato tutta una vita a nascondere quella realtà, a guardare quella ragazza da bambina diventare ciò che aveva davanti in quel momento: una donna coraggiosa, forte, caparbia e bellissima. Sapeva che se lei era ciò che era, non era poi così tanto merito suo, nonostante l'avesse accolta come una figlia, non era mai stato un ottimo padre, a volte era stato freddo e distante, poco affettuoso e più autoritario. Ma la colpa non era di Isabelle, sapeva di aver sbagliato con i suoi atteggiamenti e se ne pentiva.
«Tu l'hai sempre saputo, non è vero?»
Gli occhi di Bel si riempirono di lacrime che non sembrava riuscire a fare a meno di versare in quell'ultimo periodo. Che la sua vita, nell'ultimo anno era così tanto cambiata: Harry, Cassandra, adesso questa storia con suo padre. Pensò quando avrebbe avuto un po' di pace, quando avrebbe respirato e non soltanto vissuto costantemente con la paura di soffocare da un momento all'altro.
«È per questo che non ti sono mai andata bene, è per questo che sei sempre stato così distante!»
Richard deglutì ancora.
«Mi dispiace», sussurrò.
«Di cosa ti dispiace?»
L'uomo si alzò da dov'era seduto, avvicinandosi a lei cautamente per poi prendere le sue mani e stringerle.
«Mi dispiace perché avrei dovuto dirtelo, perché avrei dovuto essere un buon padre e smetterla di guardarti come la figlia di un altro.»
«Ma io sono la figlia di un altro.»
Richard scosse il capo, accarezzando il viso di Isabelle e asciugandole le lacrime. Il conforto che lei non aveva mai ricevuto dai suoi genitori era quello: uno sguardo dispiaciuto davvero, delle mani delicate e una stretta più forte.
«Non ha importanza. Sei cresciuta con me, sei più figlia mia che di chiunque altro e io avrei dovuto capire prima che la colpa non è mai stata tua. Ti voglio bene, Isabelle. Te ne voglio davvero.»
Lei tirò su col naso, ma non disse nulla.
«Adesso lo capisco. Non ha importanza come sei nata, di chi è il sangue che porti. Sei mia figlia, comunque vadano le cose.»
«Ti sei preso cura di me, anche quando loro non l'hanno fatto.»
Era stata una vita a combattere colui che avrebbe davvero potuto abbandonarla perché infondo non era suo diritto prendersi cura di lei, ma l'unico che non l'aveva fatto, l'unico che non l'aveva lasciata.
«Sei rimasto con me, anche quando tutti mi hanno abbandonata.»
Scusa, se non sono tua figlia.
Ma ti voglio bene.
Non glielo disse, ma lo sapevano entrambi.

Quando uscì da quel palazzo, Harry le andò in contro, ma non le disse nulla. Era rimasto lì ad aspettarla, che già questo valeva più di mille parole.
E per tutto il viaggio in macchina restarono in silenzio. Isabelle guardava fuori dal finestrino, le case che le passavano davanti e mille pensieri a fondersi nella sua mente; Harry guardava la strada, ogni tanto le rivolgeva qualche occhiata, ma le loro mani restavano legate sulle cosce della ragazza.
Soltanto quando arrivarono a casa di Isabelle, lei si lasciò andare ad un sospiro. Era finita anche quella storia e da quel punto in poi voleva vivere la sua vita come non aveva fatto fino ad allora.
«Dai, chiedimi com'è andata.»
Harry si tolse il giubbotto, appoggiandolo sulla sedia, prima di sfregarsi i palmi delle mani sui pantaloni. Si avvicinò a lei, avvolgendo il suo corpo in un abbraccio.
«Non sei obbligata a parlarmene.»
Le accarezzò il viso con la punta delle dita, spostandole poi i capelli dietro le orecchie.
«Se non ti va, puoi anche non parlarne.»
A Harry non interessava sapere la storia, sapere cosa si erano detti, cosa fosse accaduto dentro la casa di quell'uomo; gli importava di più che lei stesse bene, che cacciasse via dal suo bel viso quell'espressione triste e desolata, con l'aria di chi pensa che non sarà mai felice. Perché lui la voleva e la voleva esattamente così: felice.
«E se pensi che possa farti stare bene non parlarne, dimenticarti di tutto il resto, di quello che sai ma che non vorresti sapere, di ogni cosa che non sia te, me e noi insieme, allora faremo così: dimenticheremo del mondo fuori da questo abbraccio.»
Isabelle lo guardava intensamente, con gli occhi puntati nei suoi, leggendo la verità di quelle parole in quelle iridi. E non erano vicini solo con i corpi, erano vicini anche con il cuore, anche con l'anima.
«Ti amo, da morire», le sussurrò.
Isabelle si avvicinò ancora, quanto più le fosse possibile, appoggiando la fronte su quella del ragazzo che sospirò. Non si aspettava una risposta, non era più necessario che lei gli dicesse a voce i suoi sentimenti; per lui, in realtà, non lo era mai stato. L'aveva sempre sentita dentro, fino in fondo al suo cuore, da sapere ciò che lei provava ma non diceva.
Eppure per Isabelle lo era stato, importante, aveva combattuto con tutto e tutti per comprendere i suoi sentimenti, per riuscire a dirli ad alta voce e non soltanto nelle sua mente, per smettere di averne paura.
Chiuse gli occhi e respirò a pieno il profumo di Harry, il suo profumo preferito, quello che sapeva tanto di casa.
«Ti amo», gli rispose.
Harry le diede un bacio sulla bocca. E poi continuarono a baciarsi, a scambiarsi carezze, in piedi ma senza stancarsi.
Isabelle appoggiò una mano sul suo viso e lo guardò, lasciando che le loro bocche si allontanassero. C'era altro che voleva dirgli.
«Harry, io ti amo.»
«Lo so», le rispose, sorridendo, prima di provare a baciarla ancora.
Ma lei appoggiò una mano sulla sua bocca e sorrise.
«No, fammi finire», lo avvisò.
Allora Harry tacque e aspettò che lei continuasse.
«Non so perché. Non esiste un perché, forse. So però che è così. Che ti guardo e mi sento a casa, che ti stringo e mi rendo conto che le tue braccia sono l'unico posto in cui voglio vivere. So che i tuoi occhi sono bellissimi e fanno sentire bellissima anche me, il modo in cui mi guardano, quello in cui mi capiscono. So che nella confusione, tu sei la mia calma. E poi so che nella quiete, tu sei invece la tempesta. Che se sbattiamo la testa l'uno contro l'altro, anche a farsi male, anche a staccarsi la pelle a morsi, torniamo sempre ad amarci.
Non sono mai stata brava con i sentimenti, non lo siamo mai stati bravi entrambi. Ci siamo amati per anni in silenzio. Ma adesso che so dare voce a ciò che provo voglio dirtelo che ti amo. Voglio dirtelo che in questo casino di vita che ho, tu sei la cosa migliore, l'unica.»
E gli occhi lucidi di Harry erano la risposta che Isabelle cercava. Quella luce che brillava, che non erano lacrime, era gioia, felicità, serenità. Era la loro vita, il loro amore, che brillava in quelle iridi e non gli faceva desiderare altro.
Erano ciò che avevano sempre aspettato, voluto, desiderato; ciò di cui avevano sempre avuto bisogno per vivere. Che si erano vissuti e amati per anni senza dirselo, nascondendosi negli abbracci di due amici che di amici non avevano nulla. Ma adesso potevano baciarsi e fare l'amore, per tutta la notte e poi anche per tutta la vita, che tanto il mondo non importava più.

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Ed eccoci qua, arrivati alla fine anche di questa storia.
Dire addio ai protagonisti delle mie storie non è mai semplice, con loro c'è sempre una parte di me che vi ho lasciato scoprire e che vi lascio qui a leggere e tornare poi a rileggere quando volete.
Sono contenta del fatto che nel loro piccolo le mie storie vi hanno sempre un po' colpiti e vi ringrazio di tutto il sostegno che mi avete sempre dato.
La mia vita è un po' cambiata da quando ho iniziato a scrivere, sono più matura e ho più impegni, il che diminuisce anche il tempo libero che ho per scrivere. Però non vi abbandono.
Sul mio profilo trovate un'altra storia, Non Avere Paura, ma se per le storie precedenti vi ho promesso di essere costante con gli aggiornamenti, di non ritardare troppo e di non lasciarla a metà, per quest'ultima che vi ho nominato, non posso darvi la stessa certezza. Quando avrò modo e tempo, aggiornerò, promesso. Quindi se volete passare a leggere anche quella, mi farebbe davvero tanto piacere.
Ad ogni modo, vi ringrazio ancora per tutto il sostegno che mi avete sempre dato.
Ci vediamo presto, spero.
Endless love. xx

Ps. Per Harry e Isabelle sappiate che sto preparando un capitolo bonus, quindi per loro non è del tutto la fine. :)

Il rumore del silenzio [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora