22. D'ora in poi, solo io

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"Vorrei che ti guardassi con i miei occhi, così forse capiresti ciò che non riesco a spiegarti, ciò che nemmeno io riesco a spiegarmi

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"Vorrei che ti guardassi con i miei occhi, così forse capiresti ciò che non riesco a spiegarti, ciò che nemmeno io riesco a spiegarmi. Così capiresti com'è che mi sono innamorato di te."
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«Vieni, entra.»
Isabelle tirò Harry per le spalle e lui sorrise, mentre si spingeva in avanti e con una mano percorreva la sua spina dorsale, con l'altra invece afferrava il viso della ragazza e la baciava.
«Sì, fra poco», rispose Harry, sghignazzando.
Risero entrambi come due sciocchi per quella risposta con uno stupido doppio senso.
Ripresero subito dopo a baciarsi, anche se ogni tanto qualche sorriso sfuggiva dalle loro labbra. Diversi schiocchi fecero eco nella stessa stanza che solo il giorno prima li aveva visti spietati e arrabbiati mentre si urlavano contro di odiarsi.
Isabelle percorse il suo petto con le mani sopra la camicia che Harry indossava, infilò le dita sotto la giacca di pelle e la spinse oltre le sue spalle; lui comprese quel gesto e la aiutò a sfilarla, lasciandola cadere a terra e curandosi poco di dove andasse a finire.
Si spogliarono di tutti i loro vestiti, lasciandoli cadere dovunque gli capitasse mentre, tra un bacio ed un altro, si avvicinarono alla camera da letto.
La porta sbatté sul muro dopo che Harry la spinse in fretta per aprirla.
«Il muro, Harry!» lo rimproverò Isabelle.
Ma non le venne concesso altro tempo per altri lamenti: la sua bocca era stata invasa da quella del ragazzo che della porta, o del muro, poco si importava. E allora anche lei si lasciò andare, toccando avidamente il corpo di Harry con le mani, percorrendolo con le dita ed esplorando ogni singolo angolo della sua pelle, di quella che ai suoi occhi era sempre rimasta nascosta fino a quel momento.
Le gambe di Isabelle toccarono il letto e lui la spinse piano, facendola distendere sul materasso. Ma non la seguì, piuttosto rimase a guardarla dall'alto, in intimo e con tutta la sua semplice bellezza.
I suoi occhi non avevano mai visto niente di più bello, niente di così perfetto.
Vorrei che ti guardassi con i miei occhi, così forse capiresti ciò che non riesco a spiegarti, ciò che nemmeno io riesco a spiegarmi. Così capiresti com'è che mi sono innamorato di te.
Harry pensava a quelle parole e la guardava incantato. Si sentiva innamorato; amava quella ragazza con ogni fibra di sé.
Isabelle tremava sotto di lui, sorrideva con gli occhi che le brillavano.
Allora lo attirò a sé, baciandolo ancora, prima di spingerlo sotto di lei. Adesso era il suo turno di guardarlo per bene, di ammirare il suo corpo e la sua perfezione, perché per lei era impossibile che su di lui vi fosse anche solo una minuscola, o impercettibile imperfezione.
E come ho fatto a vivere senza di questo?
Pensò lei invece, contemplando la meraviglia che Harry era.
Con i suoi occhi verdi giada, le spalle larghe, le gambe lunghe e le labbra carnose. Il sorriso, le fossette sulle sue guance, tutto a dargli quell'aria tenera, quell'espressione gentile e dolce.
A quel punto, dopo essere rimasta abbastanza tempo a fissarlo, si abbassò per baciare il suo corpo: prima il collo, poi le spalle, il petto, l'addome, i fianchi. Ogni lembo di pelle, tatuata e non, era un ottimo posto per lasciarvi un bacio, o anche due, tre, tutti quelli che poteva.
Non si sarebbe mai stancata.
Scalfì anche con i denti la linea a V che piegava i suoi fianchi, baciando poi il bordo dei suoi boxer. Harry deglutì, mentre i brividi lo ricoprivano.
Non era mai stato così emozionato nell'andare a letto con una ragazza. Isabelle era speciale anche in questo.
Capovolse ancora la situazione, spingendola sotto di lui in un movimento affrettato e che fece sì che le loro intimità sfregassero l'una contro l'altra. Ansimarono, trattennero il respiro.
Erano occhi contro occhi, bocca contro bocca, cuore contro cuore.
La mano destra di Harry si appoggiò sul fianco di Isabelle, tirando il bordo dei suoi slip, ma non abbastanza da portarselo dietro nel suo percorso lungo la sua gamba; i polpastrelli ruvidi accarezzarono dapprima la coscia, poi il retro del ginocchio e infine il polpaccio e la caviglia. Continuò così ancora un paio di volte mentre con la bocca invece la baciava, alternandosi al collo e le labbra.
Isabelle si godeva in pieno ogni singola carezza fatta da lui con le mani e con la bocca. In ogni gesto riusciva sentirne il desiderio, la passione e la voglia matta di possederla.
Non si era mai sentita così apprezzata da qualcuno come in quel momento.
Si scambiarono l'ennesimo bacio e Isabelle tirò il suo labbro inferiore tra i denti. Harry gemette, allontanandosi con una smorfia sul viso e allora lei si ricordò dei segni sul suo viso, del fatto che aveva fatto a botte e che il suo viso, le sue labbra, erano abbastanza maltrattate.
«Scusa», sussurrò, posando un bacio morbido e leggero sul lato del labbro spaccato.
Lui non le rispose. Piuttosto tirò giù una bretella del suo reggiseno e le baciò più volte la spalla. Che gli importava delle sue ferite? Ne aveva il corpo pieno e si sentiva ammattito a causa dei lividi. Ma era più importante lei, che dopo troppo tempo, finalmente, riusciva a sentirla sua. E ogni singola ferita veniva curata da quegli occhi blu e da quelle labbra che lo stavano baciando.
Tutto il resto aveva perso valore.
Le sfilò completamente il reggiseno, contemplandola, scoperta un po' di più. Gli occhi di Harry non avevano mai visto niente di così bello, niente di così speciale e perfetto. Lui non stava solo guardando la ragazza di cui si era innamorato, stava guardando la donna più bella di sempre.
«Sei bellissima», le disse.
Isabelle arrossì, allungandosi per baciargli il collo e nascondersi dai suoi occhi. Lo vedeva come la guardava, con quello sguardo intenso e profondo, ammaliato ed incantato, come se lei fosse davvero ciò che di più bello avesse mai visto.
Quello sguardo che le stava rivolgendo, spingeva la ragazza ad apprezzare se stessa come non aveva mai fatto.
Quest'ultimo le baciò uno dei suoi seni, reggendosi con le mani sul materasso per non pesarle addosso. Isabelle chiuse le palpebre, restando al buio per godersi totalmente quel momento tanto magico.
Non aveva mai fatto l'amore. Nessuno fino a quel momento era arrivato a tanto con lei. E questo Harry lo sapeva. Non gliel'aveva mai detto lei, ma gli era bastato guardarla negli occhi per capirlo. Un pizzico di paura velava quelle bellissime iridi blu, ma non paura di fare la cosa sbagliata, non paura di potersene pentire e nemmeno paura di poter provare qualsiasi tipo di dolore. Era paura di non riuscire a godersi quel momento, paura di non riuscire ad essere perfetta, o quanto meno, come lui desiderava.
Non sapeva che a Harry non importava del sesso, non importava del piacere fine a se stesso. A Harry importava di stare con lei, di farci l'amore e non perché era un istinto che doveva soddisfare, ma per il semplice gusto di legarsi a lei in modo tanto profondo.
E lui era il primo, poi l'unico ed infine il solo, con il quale Isabelle avrebbe voluto condividere quel momento.
Per questo non le chiese il permesso, o non le domandò se fosse sicura di quello che stavano facendo. Non servivano domande.
«Facciamo l'amore», le sussurrò sulle labbra mentre finalmente tirava giù gli slip di Isabelle e poi i suoi boxer.
Non c'era più tempo per aspettare, non serviva.
Entrambi, in quel momento, capirono che avevano sempre cercato nel posto sbagliato, che è vero quando dicono che tante volte basta guardarsi intorno per trovare ciò di cui si ha più bisogno, smetterla di scalare mari e monti, ma guardarsi semplicemente accanto.
Legati a fare l'amore, legati con il cuore e con la mente.
Isabelle non negò che faceva male, non negò che era difficile da sopportare, soprattutto all'inizio. Ma non negò nemmeno che lui scacciò via ogni traccia di sofferenza, curandola con i baci, con le carezze, con le parole sussurrate.
E alla fine, smise di fare male.

Il rumore del silenzio [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora