CAPITOLO XIII

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Una luce forte e accecante mi investe in pieno viso, tanto da costringermi ad abbassare le palpebre e a serrarle con forza. Provo nuovamente ad aprire gli occhi e, stavolta, lo spazio intorno a me si fa più nitido.

Osservo la stanza in cui mi trovo rigorosamente bianca, dalle pareti e il soffitto ai pochi mobili con cui è arredata. Mi guardo intorno con dei movimenti lenti, ma che mi sembrano richiedere troppe energie, e per qualche attimo contemplo il cielo azzurro e il sole mattutino oltre la finestra che, con i suoi raggi, illumina l'ambiente che mi circonda.

Torno a guardare davanti a me, in un punto a caso sulla parete bianca, e chiudo per un attimo gli occhi, cercando di fare chiarezza tra i miei pensieri confusi.

Che diavolo è successo?

Che ci faccio qui?

Dei passi all'interno della stanza mi distraggono, facendomi rivolgere l'attenzione su una donna dai corti capelli rossicci che avanza con un sorriso stampato in volto -Vedo che ti sei svegliata- dà uno sguardo al monitor che affianca il mio letto e poi alla cartellina che ha tra le mani. Sulla mia destra c'è una flebo il cui tubo si fa strada fino al mio braccio, dove un ago mi attraversa la pelle.

-Le tue condizioni stanno migliorando, a breve ti rimetterai completamente- mi informa con tono gentile come a volermi rassicurare, probabilmente perché tengo lo sguardo puntato sul mio braccio per troppo tempo.

Schiudo la bocca per parlare, ma ne esce fuori solo un rantolo che mi graffia la gola. Dunque, mi schiarisco la voce e ritento, ottenendo dopo un notevole sforzo solo un suono rauco.

-C-cosa.. è successo?- biascico alla fine con voce impastata.

La donna alza lo sguardo dalla cartella medica che ha tra le mani e riporta la sua attenzione su di me, rivolgendomi un sorriso comprensivo -Qualcuno ha attaccato la scuola- spiega, annotando nel frattempo qualcosa sui fogli -Ricordi qualcosa?-

Un attacco.

Nella mia mente riaffiorano dei ricordi di me e Taylor intente a sfidarci davanti a tutta la scuola. Me la stavo cavando bene e, nonostante la sua innegabile bravura, ero riuscita a mandare a segno qualche colpo.

-I-io...-

Poi è successo qualcosa. C'è stata un'esplosione. Ricordo le urla, le macerie, il fumo.

-...sì, ricordo-

E poi quel ragazzo. Conosceva il mio nome e voleva farmi del male. Se ripenso al dolore che mi ha fatto provare ho la sensazione di riviverlo ancora una volta. Poi, quando ha smesso... io... credevo sarei morta.

Io non dovrei essere qui, adesso.

-Ricordo tutto- aggiungo, con sguardo perso e con la mente lontana.

-Vado a prenderti qualcosa da mangiare. Più tardi il dottore verrà a visitarti- replica la donna con un accenno di voce.

La vedo allontanarsi con la coda dell'occhio, lasciandomi sola con i miei pensieri e con impresso
nella mente il volto di quel ragazzo.

Che voleva da me?

In quel momento noto una figura seduta in un angolo della stanza, il gomito poggiato al bracciolo della sedia e la mano a sostenere il capo chino. Capisco che si tratta di Myers fin da subito: i suoi capelli sono incofondibili.

-Crys, ti sei svegliata finalmente!- la mia compagna di stanza si fionda su di me stringendomi in un abbraccio. Non appena le sue esili braccia entrano in contatto con il mio corpo gemo dal dolore, come se ogni osso di esso fosse stato frantumato.

Light and Darkness- NemesisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora