CAPITOLO XXVIII

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Tamburello le dita sul pavimento, inclino leggermente il capo e assottiglio lo sguardo, analizzando con più attenzione il paesaggio visibile attraverso la finestra. Avvicino la matita al comunissimo foglio a quadretti che poggia sulle mie gambe e percorro le linee che definiscono il tronco del vecchio e spoglio albero che ho raffigurato in precedenza. Dò ancora un'occhiata al soggetto del mio disegno, comparandolo a ciò che ho riportato sul foglio, e stringo la matita tra i denti, cercando di capire cosa ancora non mi convince.

Forse sono i rami, che appaiono così spogli e tristi. Oppure è il paesaggio che, allo stesso modo di quel singolo albero, è così vuoto e solitario.

Sfilo il pezzo di legno dalla bocca, smettendo di mangiucchiarlo, e ne poggio la punta su uno dei rami privi di foglie, ma il rumore della porta che viene scostata attira la mia attenzione.

O'Connor avanza verso il centro della palestra con le mani affondate dentro le tasche dei pantaloni e lo sguardo rivolto al pavimento. Solo dopo qualche passo si accorge della mia presenza e la sua espressione, da assorta qual era, viene percorsa da un cipiglio e si tramuta in interrogativa.

-Sei in anticipo- si ferma a qualche metro da me, con l'aria riflessiva di chi non riesce a capacitarsi del fatto che sia stata puntuale.

Lascio la matita tra i fogli e richiudo il quaderno, riponendolo dentro lo zainetto.

-Prima finiamo meglio è, non credi?- fingo noncuranza per la questione e mi metto in piedi, stringendo la coda in cui ho legato i capelli.

In realtà sono qui da ore. Sono scappata da Ethan e dalle sue continue domande e, quando i miei piedi si sono fermati, ero già qui. Non avendo niente di meglio da fare né un posto più tranquillo in cui tornare, sono rimasta; seduta in un angolino a scarabocchiare sul quaderno di matematica, immersa nel silenzio.

-Dov'è il tuo amico idiota?- chiedo, notando l'assenza di Tate.

-Non ne ho idea- fa spallucce con indifferenza -È scomparso non appena gli ho detto degli allenamenti-

Certo che quel tipo è proprio inaffidabile.

-Basta chiacchierare- riprende, abbassando la zip della felpa che indossa sulla t-shirt e piegandola con cura prima di infilarla dentro il suo zaino -Iniziamo-

Lascia lo zainetto in un angolo, non molto distante dal punto in cui ho poggiato il mio, e si dirige verso il centro della palestra.

-Ah, quasi dimenticavo- aggiunge, continuando a camminare. Le mani di nuovo nascoste dentro le tasche, l'andatura severa che non lo abbandona mai e l'atteggiamento distante di chi non è per niente felice di trovarsi in questa situazione -Non ho intenzione di aiutarti con le tue insufficienze-

-Non sono la tua balia- conclude in un sibilo sprezzante.

-Ma...è un ordine del preside- corrugo lo sguardo confusa.

È strano che voglia disubbidire ad una sua richiesta.

-E quindi?- incrocia le braccia al petto e solleva un sopracciglio, osservandomi come se si aspettasse di sentirmi dire altro -Vuoi correre ad informarlo?-

-Certo che no!- chiarisco con fin troppa enfasi -Io... sono d'accordo-

È un sollievo sapere che non lo avrò alle costole anche al di fuori di queste mura.

-Bene- concorda.

Divarica le gambe, indietreggiando col piede sinistro, e piega le braccia stringendo le mani in due pugni, assumendo la tipica posizione di combattimento.

Mi osserva con attenzione, come se volesse analizzare ogni movimento del mio corpo, e percepisco quella sensazione penetrante che mi procurano i suoi occhi quando incontrano i miei.

Light and Darkness- NemesisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora