CAPITOLO XVIII

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Corro all'impazzata tra i corridoi della scuola, rischiando più volte di inciampare sui miei stessi piedi. Poggio la mano sul maniglione antincendio della porta sul retro dell'edificio e mi immetto nel sentiero che conduce in palestra.

Sono in tremendo ritardo. Il mio tuor nella Zona Ovest nel pieno della notte mi ha privato di troppe ore di sonno, lasciandomi con un pugno di mosche in mano.

Ero così turbata dalle mie mancate ricerche che non ricordo nulla del ritorno in dormitorio. Nella mia testa si ripete solo l'immagine sfocata dei miei piedi nudi che, avvolti dal buio, percorrono i corridoi lasciandosi guidare da O'Connor.

Non riesco nemmeno a ricordare se mi ha condotto fino ai dormitori femminili o quanto tempo ho impiegato ad addormentarmi.

È come se, il buio che avvolgeva la Zona Ovest avesse intrappolato nelle sue tenebre anche me, lasciando nella mia mente solo la parvenza di qualche immagine.

Mentre i pensieri della notte precedente mi affollano la testa, continuo a correre in direzione della palestra, soffermando lo sguardo sull'imponente struttura retrostante l'Accademia.

Mi stupisco nel rivedere le mura dell'edificio esattamente come prima dell'attacco. Nonostante siano trascorsi pochi giorni, non c'è la benché minima traccia di ciò che l'ha ridotta in pezzi.

Per un attimo riaffiora nella mia mente l'immagine del ragazzo che mi ha torturata, così come le mille domande riguardo le sue azioni insensate, ma li scaccio via scuotendo il capo. Riporto la mia attenzione sulle mura della palestra, sorpassando l'entrata e addentrandomi lungo il corridoio.

Raggiungo di corsa lo spiazzale in cui sono riuniti gli altri studenti e poggio una mano sulla parete, fermandomi finalmente a riprendere fiato.

Alzo lo sguardo sui presenti, schiudendo la bocca per scusarmi del ritardo, ma i loro occhi sono già puntati su di me. Sbatto le palpebre, sorpresa di aver attirato tanto l'attenzione da far calare il silenzio, ma allo stesso tempo infastidita dalle occhiate e mormorii che intercorrono tra gli alunni.

È possibile che non abbiano mai visto qualcuno arrivare in ritardo?

Capisco che molto probabilmente non sono il prototipo della ragazza perfetta e ordinata che ci si aspetterebbe, considerando la velocità con cui mi sono vestita e pettinata, ma non mi sarei mai aspettata di catturare così tanto interesse.

-Signorina Cooper- tuona il professor Wallace, assottigliando lo sguardo su di me -Voglio sperare che arrivare tardi ad ogni lezione non sia la sua unica qualità-

Un gruppetto di ragazzine in prima fila, con addosso più trucco che vestiti e più piccole di quanto vogliano far sembrare, inizia a ridacchiare scambiandosi qualche parola a bassa voce e continuando a fissarmi.

Sposto l'attenzione sull'insegnante, incurante di ciò che potrebbero mai dirsi di così divertente, e biascico delle veloci scuse.

Mi faccio spazio tra la folla di studenti che attende le direttive di Wallace, intravedendo di tanto in tanto delle facce conosciute. Mi fermo di fianco a Nicole e sospiro, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

-Stai bene? Sembri stanca- chiede con tono apprensivo.

Alzo lo sguardo dal suolo per rivolgerlo alla ragazza e schiudo le labbra per rassicurarla, ma sono costretta a portarmi una mano davanti alla bocca per coprire uno sbadiglio.

Il viso di Megan si sporge oltre la spalla dell'amica, scrutandomi con attenzione mentre mangiucchia un lecca-lecca. Pulisco le lacrime che si sono formate ai lati degli occhi e forzo un sorriso.

-Tranquille ragazze, sono solo ancora un po' assonnata-

-Come stavo dicendo prima di essere interrotto, oggi dovrete affrontare una prova in coppia- spiega l'uomo con tono infastidito, catturando la nostra attenzione -Le coppie saranno formate da un ragazzo e una ragazza e sarà indispensabile il lavoro di squadra-

Light and Darkness- NemesisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora