CAPITOLO XXI

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Strascico i piedi sul pavimento facendo stridere le suole e percorro i corridoi scolastici come se stessi percorrendo la via per il patibolo.

Di tanto in tanto uno spostamento d'aria mi avverte che qualcuno ha incrociato la mia strada, ma non alzo mai il capo per verificare che sia realmente così o di chi si tratti. Continuo a mantenere lo sguardo piantato sulle fughe del pavimento, che si diramano dando vita alle scure mattonelle dell'istituto. Quest'immagine, alla quale i miei occhi si aggrappano con forza, non è però l'immagine della mia mente, molto più viva di quella che ormai osservo da interminabili minuti.

Lo stesso scenario e anche il più piccolo dettaglio, si ripetono ormai da due giorni nella mia testa come un loop infinito.

L'inconfondibile voce di O'Connor, che senza tremori o esitazioni, giura vendetta. Il suo viso illuminato appena e contorto in un sorriso che mette i brividi.

È vero che non mi sono mai totalmente fidata di lui e dei suoi particolari poteri, ma non credevo di poter assistere ad una scena simile. Non credevo fosse realmente capace di tradire la scuola.

Stringo i pugni lungo i fianchi e conficco i denti nel labbro inferiore con rabbia, tanto da sentire il sapore ferroso del sangue bagnarmi la bocca. Accellero il passo e sostituisco l'andatura arrancante degli ultimi giorni con una decisa e veloce.

Non ho intenzione di incrociare il suo sguardo, non voglio guardare quei due pozzi di petrolio e pensare che possano appartenere a qualcuno di così infimo. Non voglio ricevere le sue occhiate di sufficienza, tantomeno vederlo sbuffare o sospirare.

Da quel giorno faccio il possibile per evitarlo. Quando distinguo la sua figura in mezzo ai corridoi, prendo un'altra strada, fingendo che non ci sia. Se sono costretta a vedere la sua faccia in mensa, mangio in tutta fretta e mi ritiro in camera il prima possibile.

Aumento ancora il passo, ma continuo ad osservare il particolare pavimento che caratterizza l'intero istituto, troppo preoccupata di poter incontrare il suo viso tra quelli dei pochi studenti che incrocio per alzarlo. Raggiungo il terzo piano e avanzo lungo il corridoio silenzioso, lasciando che i miei passi rimbalzino sulle pareti e rimbombino nell'aria.

Quando ho ormai percorso abbastanza metri da credermi nei pressi della presidenza, alzo leggermente il capo, verificando che non ci sia nessun altro tra i corridoi prima di assicurarmi di essere effettivamente nei paraggi dell'ufficio del direttore.

Stringo di nuovo i pugni lungo i fianchi e ne alzo uno, poggiandolo sulla porta. Busso due volte e attendo che la voce di RJ mi inviti a entrare.

-Avanti- replica, dopo qualche secondo di attesa, una voce diversa da quella che mi aspettavo.

Poggio la mano sulla maniglia e schiudo leggermente la porta, guardando all'interno con curiosità.

-Può accomodarsi, signorina Cooper- l'uomo dietro la scrivania indica la sedia che ha di fronte -A breve il direttore sarà qui-

Il professor Maxwell occupa con disinvoltura la poltrona di RJ, lasciandomi per un attimo interdetta. Infatti, trattiene i suoi occhi sui miei per qualche attimo, sollevando poi un sopracciglio. Questa sua reazione mi fa rinvenire e accorgere di essere ancora sull'uscio e con la mano stretta alla maniglia.

Infilo le mani in tasca e percorro il piccolo ufficio, prendendo posto di fronte a lui.

-Posso aiutarla in qualche modo?- chiede, timbrando e compilando una serie di fogli.

-I-io... veramente...- esito di fronte ai suoi occhi chiari e il suo sorriso gentile, che è sempre in grado di incutermi un certo turbamento -...speravo di poter parlare con il preside- stringo le mani in grembo, sentendole particolarmente sudate avvolte nei guanti.

Light and Darkness- NemesisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora