Capitolo XXVII

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Non posso non rimaner colpita da quelle bellissime parole. La loro veridicità è quasi palpabile e sfiorano la mia mente illuminandola con la loro bellezza. Quanta autenticità, quanto fascino ha il suo discorso. Parole siminli non ne ho mai udite. Eppure è un concetto piuttosto semplice, ma esiste una delicatezza di gesti e parole che non ha nulla a che vedere con l'educazione. Jimin è nato con una mentalità aperta, nota e posseduta sola a pochi.
Possiamo chiamarla "eleganza" volendo.
La silenziosa atmosfera viene spezzata dal suono del cellulare di Taehyung. A chiamarlo è l'amico Jungkook.
Il ragazzo ci saluta rapidamente prima di sfrecciare via dalla stanza, senza darci il tempo di chiedere spiegazioni. La figura del bellissimo angelo biondo sparisce dietro la porta della lussuosa stanza.

Io e Jimin rimaniamo soli. Lo guardo con gli occhi intrisi di tristezza.

"Sarà difficile vivere ora che non so più che cosa sono..." dico immalinconita abbassando lo sguardo verso le lussuose lenzuola del letto del ragazzo, ma  improvvisamente il mio volto viene lentamente raggiunto dalla mano di Jimin il quale, con i suoi magnifici occhi castani, mi guarda intensamente, la bocca leggermente sorridente,il viso marchiato da una certa serietà:

"Conosci te stesso." Questa è la scritta che campeggiava sul tempio di Apollo a Delfi e che per secoli ha influenzato i più importanti pensatori della cultura occidentale: da Socrate a Platone, da Kant a Nietzsche. E quante volte guardandoci allo specchio ci chiediamo: chi sono?
Credo che non sia l'anima a identificare le persone, ma che sia un nostro compito identificare noi stessi.
L'anima è come un seme che deve germogliare e svilupparsi... Puó essere acquisita soltanto nel corso della vita; non solo, è un gran lusso, riservato a pochissimi uomini. La maggior parte della gente trascorre tutta la vita senz'anima, senza padrone interiore. Per la vita ordinaria, l'anima non è affatto necessaria.
Perciò non rammaricarti per qualcosa che dici di aver perso, piuttosto scopri te stessa, vivi, sii felice.
L'anima puó benissimo essere un'inutile invenzione umana."

Rimango persa nel suo sguardo, dapprima più serio mentre parlava, ora segnato da un lieve sorriso.

Il suo viso è vicinissimo al mio, riesco a percepire il suo tiepido respiro sul mio volto e il suo profumo inconfondibile invade le mie narici.
Quanto mi è mancato tutto questo. Quanto mi è mancato Jimin.
Senza nemmeno accorgemene, mi ritrovo a stringerlo forte a me e il ragazzo non oppone resistenza, anzi, pare sciogliersi nell'abbraccio e mi stringe nuovamente a sè.

"Mi sei mancato..." la mia debole rivelazione esce quasi come un sussurro.

"Anche tu mi sei mancata..."

"Mi sono mancate le lezioni di danza con te, mi sono mancate le nostre risate, le nostre chiaccherate sul tetto, i nostri momenti insieme. Mi sei mancato Jimin."

"Ti è veramente mancato un vampiro pronto ad affondare i suoi canini nel tuo collo per nutrisi del tuo sangue mettendo costantemente a repentaglio la tua vita?"

"Si. Mi è veramente mancato un ragazzo non ha più un anima bensì cento diavolerie in corpo".

Jimin mi allontana da sè ma sempre tenendomi vicino al suo petto e al suo candido viso perfetto con le sue mani.

"Se ho cento diavolerie in corpo, sei stata tu che ce le hai messe".

Stavolta arrossisco.

"Io? Ma che dici, Jimin sei ubriaco? Io non ti ho fatto proprio niente" i miei occhi iniziano a ridere con la felicità dell'estate. "E poi, scusa, quando ti avrei fatto questo incantesimo delle cento diavolerie, che non me ne sono neppure accorta?"

Pure Jimin arrossisce. Non è così che avrebbe voluto andasse la conversazione. Abbassa lo sguardo sulle lenzuola, gli occhi sono nervosi e scattanti come un volo di rondini.

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