Capitolo LII

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"Taehyung, respira. Dimmi cosa è successo"

Il ragazzo se ne sta a terra tutto tremante, segno che il suo animo è in balia del terrore più nero.
Proprio come un topolino che sta per essere acchiappato e torturato dal malefico gatto e vede improvvisamente una fessura per portersi nascondere, Taehyung vede in me un'appiglio di libertà.
Mi abbraccia e piange sulla mia spalla lacrime colme di ansia.

Tra quelche parole balbettata, riesco a capire cosa sia accaduto.
Il guerriero ha fatto visita a Taehyung per portarlo anche lui nel Diyu.
Il ragazzo è stato colto successivamente da uno spaventoso attacco di panico, fortuna vuole che io e Jimin siamo riusciti a raggiungerlo per calmarlo.

La paura del pericolo è diecimila volte più spaventosa del pericolo vero e proprio, quando si presenta di fatto di fronte ai nostri occhi; e l'ansia è una tortura molto più grave da sopportare che non la sventura stessa per la quale stiamo in ansia.

"Taehyung, va tutto bene. Il guerriero cerca me, non te. Non ti accadrà nulla, hai capito?"

 Non ti accadrà nulla, hai capito?"

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"No Seoyeon, ti sbagli. Il guerriero cerca anche me, soprattutto me. Sono un'angelo dalle ali nere che è sfuggito dalla morte. Meng Po mi aveva ormai in pugno quando Jimin mi ha morso. Lui ci ha salvati entrambi Seoyeon"
Il ragazzo dirige poi il suo sguardo verso il suo migliore amico:

"Ci hai salvati e condannati allo stesso momento. E ora anche tu dovrai scontare la tua pena non è cosí?"

Jimin abbassa lo sguardo, segno che mi fa immaginare il suo grande senso di colpa. L'idea di aver ucciso, se si può cosí dire, il suo migliore amico e la sua amata, per dare loro una nuova vita tormenta il suo animo come una bufera fa con un fiore.

Uccidere per dare vita, che paradosso.

Lungo i bivi della nostra strada incontriamo le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che facciamo in un attimo; anche se non lo sappiamo, tra proseguire dritto o deviare spesso si gioca la nostra esistenza, quella di chi ti sta vicino.

Tutti noi ci immaginiamo artefici del nostro destino, capaci di determinare il corso delle nostre vite; ma siamo davvero noi a decidere la nostra ascesa e la nostra caduta? O c’è una forza più grande di noi che stabilisce la nostra direzione? È l’emozione che ci prende per mano? È la scienza ha indicarci il cammino? È Dio che interviene per trarci in salvo?
Con suo disappunto non poter scegliere il proprio percorso è la triste condizione dell’uomo, gli è solo dato assumere un atteggiamento quando il destino chiamerà sperando che non gli manchi il coraggio di rispondere.

Ma alla fine, la cosa bella di certe scelte dolorose è quando, a distanza di tempo, capisci che non hai fatto bene. Ma benissimo.

"Sono il diretto responsabile delle mie scelte. Non ho agito mosso dal caso, ma dalle emozioni. L'idea di dover perdere delle persone a me care era insopportabile e lo è tutt'ora. E, dal momento che ad ogni azione vi è una dritta conseguenza, agirò anche questa volta mosso dai miei sentimenti. Non più amore, ma rabbia; non più debolezza, ma coraggio; non più paura, ma determinazione. Domani sfideremo Meng Po: se vinceremo, otterremo tutti quanti la libertà. Nel caso contrario sarete voi stessi ad uccidermi, è ció che voglio".

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