Non ero mai stata in camera sua.
Percepivo un'emozione particolare.
"Potremmo vedere
quella nuova serie televisiva
che è uscita su Sky, se ti va.
Quella con Patrick Dempsey."
"Come sai che è uno
dei miei attori preferiti?
Intendi la Verità sul caso di Henry Quebert?"
"Sì, proprio quella.
Mi intrigava da parecchio tempo,
ma non ho mai avuto
l'occasione di vederla.
Dimmi se hai altre preferenze."
Ero seduta sul suo letto,
e non avevo la forza di alzarmi.
Lui era voltato di spalle,
e tentava di sistemare
la televisione,
senza riscuotere successo.
Non funzionava da qualche giorno,
ma per me non era importante
vederla quella sera.
Era autunno,
e il buio cominciava a giungere
prima del previsto.
Nonostante tutto il cielo era terso.
Potevo scorgere gran parte
del centro della città
dalla finestra immensa della sua stanza.
Essa era situata al lato del letto,
rendeva quella notte
ancor più magnifica.
Avevo le mani ghiacciate,
congelate più del dovuto.
Iniziavo a sudare freddo,
dovevo controllare
la mia temperatura corporea.
Forse ero sbiancata improvvisamente,
siccome non appena lui si voltò
per guardarmi incurvò le sopracciglia,
come se fosse preoccupato.
"Ehi...Stai bene?"
Mi aveva detto con un tono
premuroso e dolce,
venendo verso di me.
Si era seduto sul letto
e mi aveva fatto sdraiare.
"Non lo so.
Non fraintendermi,
ho passato una giornata bellissima.
Forse sono solo stanca."
Gli avevo risposto, emettendo un respiro profondo.
"Hai ancora fame?"
Mi domandò facendo un timido sorriso.
Avevamo mangiato anche troppo
quel giorno al ristorante
di fronte al Colosseo.
Aveva insistito a pagare tutto lui,
era da matti.
Non appena ci si era presentato
il conto davanti agli occhi
mi ero presa un colpo.
Avrei voluto almeno dividerlo a metà.
Quel ristorante era carissimo,
e per una cena per due
era veramente troppo.
Non mi piaceva sperperare il denaro,
ma lui voleva che trascorressimo
una serata piacevole,
con un cibo delizioso,
di fronte al simbolo di Roma.
E sì, avevo mangiato benissimo,
anche in maniera esagerata,
ma mi sentivo in colpa.
"Non devi amore.
I soldi non mi mancano e lo sai.
Stai tranquilla,
è il tuo sorriso a valere oro."
Avevamo fatto una passeggiata
per via dei Fori Imperiali,
e dopo eravamo andati a casa sua.
Mi aveva detto che se avessi voluto
avrei potuto dormire a casa sua,
i suoi genitori non c'erano quasi mai.
Era abituato a stare da solo,
e per i miei non c'era nessun problema.
Erano permissivi
al punto giusto con me,
ma volevano che fossi indipendente
e avrebbero perfino apprezzato
che trovassi qualcuno
con cui vivere,
che fosse un coinquilino,
un'amica, o un fidanzato.
Stava a me decidere della mia vita,
ora che avevo quasi vent'anni.
Mia madre era andata a vivere da sola
quando era molto giovane,
e si era trovata benissimo,
perciò non mi aveva mai vietato la cosa. Dovevo esserne solamente molto sicura.
Per quanto riguardava quella sera,
avrei deciso in base
a che ora si sarebbe fatta.
Non volevo invadere gli spazi
del mio ragazzo
e accelerare i tempi.
Sentivo che non sarebbe stata
l'opzione migliore per noi due.
Ma lui non mi forzava
a fare nulla
che non volessi anch'io,
gli bastava trascorrere
anche una nottata tranquilla con me,
a dormire.
L'amore poteva anche essere
solo calma e zero movimento.
Questa per me era pace e sicurezza,
e lui lo rispettava.
Adesso volevo soltanto un termometro, l'indomani avrei avuto una lezione,
ma non sapevo
se avrei avuto le forze per andarci.
Mi avrebbero accompagnata
in macchina,
viste le mie condizioni
negative improvvise,
ma non volevo nemmeno disturbare.
Sentii il suo fiato caldo sul mio collo,
poi si alzò in piedi
e mi sistemò bene le coperte
intorno al corpo.
Poi scese giù,
ma non prima di avermi dato
un tenero bacio sulla fronte.
Risalì con il termometro in mano,
e mi appoggiò un panno bagnato
sulla fronte, e aspettammo,
mentre guardavamo il panorama.
La finestra in quella stanza
sembrava farci osservare il mondo intero.
Io guardavo il cielo
e gli edifici monumentali,
i palazzi imponenti e meravigliosi,
il contrasto tra le luci e il buio.
Le luci della città,
animate da milioni di persone.
Solo a pensarci mi venivano i brividi.
Mi accorsi con la coda dell'occhio
che ero l'unica ad osservare la finestra,
e il cielo punteggiato di stelle.
Lui non stava guardando minimamente
quello spettacolo mozzafiato.
Lui stava guardando me,
senza preoccupazione
per la mia probabile febbre,
e i miei brividi di freddo.
Forse nemmeno ero bella,
ma lui mi guardava
come se in quel momento
fossi l'essere più delicato
e forte del mondo,
la persona più bella
e da cui trarre ispirazione.
Lui non mi lanciava
dei semplici sguardi, no.
Lui mi fissava
come io osservavo quel panorama
dalla finestra,
con la stessa beatitudine.
Lui si godeva ogni tratto del mio viso,
lui osservava ogni minimo particolare
e imprimeva nella mente
ogni mia espressione incantata.
Distolsi lo sguardo da quel paesaggio
e lo guardai.
Lui era più bello,
lui era l'unico.
Lui era eccezionale.
Non guardavamo più
la finestra sulla città,
quella semplice finestra
che rispecchiava lo stato d'animo
e il movimento
di una città grande come Roma.
Noi guardavamo il nostro amore,
perché sapevamo
che fosse ben più grande e vasto.
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L'amore come lo vedo io
Roman d'amourIN REVISIONE Da sempre mi ero sentita un silenzio nel buio più totale. Mi avevano avvertita di stare attenta all'amore Poi lui era arrivato, e mi aveva detto quella notte in riva al mare "Sai non ho molto da donarti. Non ho nulla a cui aspira...