Speravo di incontrarla.
Era passato quasi più di un mese
da quando ci eravamo osservati
a lungo l'ultima volta.
Sembrava spogliarmi dei miei sentimenti nei suoi confronti.
Pareva fosse cambiata,
sia negli atteggiamenti,
sia nel modo in cui pensava.
Non potevo saperlo con certezza,
ma avvertivo
questa sensazione costante.
Ed eccola lì,
a metà serata,
proprio mentre io ero seduto
a bere innumerevoli
bicchieri di vodka.
Mi girava irrimediabilmente la testa,
ma la vedevo,
ed era più bella che mai
come una visione celestiale.
Ma chi era il ragazzo accanto a lei?
Lo avevo già visto con lei,
mi ricordai con amarezza.
Si tenevano per mano,
e si dirigevano verso la pista.
Lei sembrava non avermi visto.
Forse era meglio così.
L'alcool mi dava alla testa.
Stavo morendo di gelosia.
E l'invidia aumentava,
non appena lui la teneva per la vita
mentre lei ballava
muovendo quel corpo da sogno
contro il suo.
Il vestito nero attillato
mi faceva ricordare tutte le sue curve,
i suoi avvallamenti
che mi facevano impazzire.
I suoi capelli sciolti
e al vento erano così liberi
che avrei voluto accarezzarglieli
anche a chilometri di distanza.
Quel rossetto rosso acceso
mi era rimasto piantato nel cervello,
e l'idea di sbavarglielo
non mi si levava più dalla mente.
Dio, ma come potevo evitarla
se la immaginavo
e cercavo di inarcare
il collo per vederla,
anche in mezzo
a migliaia di persone.
Dopo pochi minuti
una ragazza bellissima
mi era salita sulle gambe
e mi toccava il collo,
provando a parlarmi.
Io però avevo occhi solo per lei.
La volevo allontanare,
e lo stavo per fare,
proprio quando
lei si era girata per fissarmi.
Tra le braccia del suo nuovo ragazzo,
mentre si stavano baciando,
lei aveva aperto gli occhi,
e mi fissava con fare vendicativo.
Credevo quasi che fosse un'allucinazione.
L'altra ragazza che avevo sulle gambe
provava ad interagire con me,
ma io mi ero già alzato in piedi,
spingendola quasi,
mentre lei mi insultava.
Camminavo strascicando tra la folla,
con la testa che vorticava
e distoglieva la mia attenzione
dal mio obiettivo principale.
Lei.
Aveva allontanato il suo ragazzo
con qualche parola,
che non ero riuscito
a comprendere dal labiale.
Chissà che cos'aveva in mente.
Piano piano
si stava allontanando anche lei,
sempre più al centro della folla.
Sembrava che
la stessi rincorrendo
come un giaguaro cerca la sua preda.
Sentivo che questo
era il mio momento
per averla un'altra volta.
Io dopo quel bacio
di qualche mese prima
non riuscivo
ad immaginare altro.
Lei era voltata di spalle,
il suo ragazzo era sparito.
Ballava con le braccia alzate
e io la presi da dietro
per i fianchi.
Si irrigidii immediatamente,
non appena le biascicai una frase nel suo orecchio,
per poi sfiorarglielo con le labbra:
"Vieni con me."
Anche lei aveva bevuto,
tantissimo.
Si vedeva lontano un miglio,
da come si muoveva,
da come mi guardava.
Di solito non beveva mai con me.
Forse era ubriaca,
era troppo sfacciata,
rispetto al solito.
Ma anch'io non ero
completamente in me,
nonostante fossi solamente brillo,
e lei inebriava
tutti i miei sensi
peggio di qualsiasi superalcolico.
Mi prese per un braccio con brutalità
e ci allontanammo nella terrazza.
L'aria calda che ci investì
era talmente particolare
da mandarmi fuori di testa.
Mi sbatté contro il muro
e io sgranai gli occhi.
"Sei un fottutissimo stronzo.
Ti odio."
Mi disse mentre toglieva
il primo bottone della mia camicia
con impazienza.
Sospirai sulla sua pelle,
e notai che era ricoperta di brividi.
Dio santo,
che voglia avevo di lei.
Prese a baciarmi il collo
e le clavicole
mentre io la tenni
sempre più stretta
contro il mio corpo.
Alzò lo sguardo per osservarmi
per un secondo.
Non potevo approfittarmi
di lei in quello stato.
Ma perché aveva bevuto così tanto?
Di solito tra i due
lei era sempre stata
quella più responsabile.
Io ero un egoista,
ma non le avrei mai lasciato rovinare
il rapporto che aveva
con il suo ragazzo.
Si sarebbe tormentata
di sensi di colpa,
dopo quello che le aveva fatto.
Dovevo almeno farglielo notare.
"Quanto hai bevuto amore?"
"Non ha importanza."
La stessa frase
che gli avevo detto io
prima del nostro primo bacio.
Un calore mi investì improvvisamente dalla testa ai piedi,
e fece partire delle scariche
elettriche in tutto il mio corpo.
Adrenalina.
Lei era pura adrenalina.
Quella frase era estremamente calcolata da parte sua.
Vidi lei rivolgermi
un sorriso languido
e dire di andare a casa mia.
Non potevo guidare
in queste condizioni,
ma uscimmo entrambi dalla discoteca
e ci spostammo nella mia macchina.
"Ti riporto a casa."
Le avevo detto
mentre le allacciavo
dopo vari tentativi
la cintura di sicurezza.
Quasi le biascicavo le parole,
mi era difficile formulare
una frase con lei di fronte a me
e in quello stato.
Ma piano piano
stavo ricominciando a ragionare
e a riacquistare le mie facoltà.
Lei protestò avvicinandosi a me
e mordendomi il labbro inferiore.
Era come assaggiare il Paradiso.
Mugugnai estasiato
mentre lei mi provava
a togliermi la camicia di nuovo.
Mi accarezzò l'inizio del petto nudo
e giocò con i miei capelli
come faceva sempre.
Tremavo di piacere davanti a lei e senza vergogna.
Era da troppo tempo che non ci toccavamo in quel modo,
con tale desiderio.
Senza che l'orgoglio e la paura potessero interferire tra di noi,
ancora per una volta.
Questi eravamo noi.
E a volte essere se stessi
non è la soluzione migliore, purtroppo.
"Ti prego ti voglio.
È da troppo e lo sai."
"Non è così che dobbiamo farlo."
Gli dissi sospirando
e facendo appello a tutte le mie forze
per resisterle.
"Adesso devi fare il ragazzo pieno di valori? Dopo che mi hai distrutto di nuovo la vita con quella lettera?"
Disse quasi urlando.
Facevo fatica a riconoscerla,
mentre accesi il motore della macchina
senza avere ripensamenti.
Mi ero irrigidito dopo quella frase.
Aveva ragione.
La riportai a casa sua.
Dove erano i suoi genitori?
Si rifiutava di scendere dall'auto,
e la trascinai per il polso,
ma faticava a camminare.
"Dai, prendimi che aspetti."
Mi ordinò salendomi in braccio.
Per poco non cademmo entrambi.
"Prendi le chiavi dalla borsa." Disse appoggiandosi al mio collo
e cominciandolo a mordicchiare.
Mi veniva da svenire
per le emozioni così forti
che mi stava facendo provare.
Ogni secondo in più era letale,
ma non potevo causarle altro dolore.
Non ora che era in sé.
Non potevo concedermi a lei,
nonostante fosse la cosa
che desideravo di più al mondo.
Aprii la porta lentamente
e dopo vari tentativi.
Mi tremavano le mani,
e i suoi capelli
mi ricadevano al lato del viso.
La portai di sopra e la deposi sul letto.
"Spogliami." Mi disse con voce decisa.
"Che cosa?" Non riuscivo a credere
alle mie orecchie.
Lei mi guardava
mentre io ero in piedi
e mi ero inchinato leggermente
verso di lei, incredulo.
"Ho detto levami questo vestito di dosso."
Mi disse prendendomi le mani
e provando a spingermi
verso il suo corpo.
La fissai come se fosse
un'opera d'arte,
anche se sapevo che
internamente non era mai stata
così confusa e distrutta.
"Ti amo." Le dissi a bassa voce,
quasi come se non mi potesse sentire.
Lei sorrise amaramente,
mentre io le cominciai
a sollevare con la mano titubante
la fine del vestito stretto.
"Come no." Rispose sussurrando.
Era una coltellata nel petto.
Glielo tolsi
e rimase con l'intimo addosso.
"Ho bisogno di sentirti adesso."
Esclamò quasi in lacrime
mentre mi prese la mano
e mi fece cadere sul suo corpo
così bello e delicato.
Era magrissima,
e mi faceva impressione
soltanto perché
era stata tutta colpa mia.
Aveva i segni
della nostra rottura addosso.
Aveva perso troppi chili,
il suo corpo era aguzzo
ma pur sempre il più bello del mondo.
"Perché mi guardi schifato?" Mi chiese insicura.
"Ma che cosa stai dicendo?"
Le risposi indignato.
"La verità.
Mi guardi
come se stessi guardando
un'altra, non me.
Sono così brutta ormai per te?
Ecco perché mi hai tradita."
Disse sicura di quelle parole
così agghiaccianti.
Le sfiorai i capelli, e la pelle nuda.
"È stato un errore.
Ma ricordati che per me rimani
e rimarrai sempre l'unica.
Sei bellissima, amore mio.
Ti guardavo in maniera diversa
perché non sopporto
l'idea di averti fatto del male."
Mi prese il volto con una mano
e con l'altra
mi tolse di dosso
definitivamente la camicia.
Accarezzò le mie spalle,
mi graffiò la schiena
mentre ci baciammo
e piangemmo entrambi
per la disperazione.
Che diamine stavamo facendo?
Le nostre lacrime
si confondevano
mentre io mi bloccai
e la tenni tra le mie braccia,
sfogandomi finalmente
e piangendo insieme a lei.
Tremammo fino a notte fonda
mentre ci cullavamo
tra i singhiozzi
del nostro doloroso
e ormai insensato amore.
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L'amore come lo vedo io
DragosteIN REVISIONE Da sempre mi ero sentita un silenzio nel buio più totale. Mi avevano avvertita di stare attenta all'amore Poi lui era arrivato, e mi aveva detto quella notte in riva al mare "Sai non ho molto da donarti. Non ho nulla a cui aspira...