9. Mad Murderer

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<<Godetevi la permanenza.>> disse Bellick, per poi toglierci le manette e farci entrare in due celle diverse.

L'unica cosa che i detenuti e le detenute avevano in comune erano le celle d'isolamento. Era facile, quindi, capitare accanto a qualcuno che veniva dall'ala opposta del carcere.

In questo caso, la mia cella e quella di Michael erano una accanto all'altra. Non sapevo se reputarmi fortunata o meno.

La prima cosa che feci appena entrata in quella stanza, fu buttarmi sul letto con la faccia sul cuscino. Poi mi rannicchiai su un fianco e cercai di addormentarmi, così da scordarmi anche solo per qualche minuto di essere in una fottuta cella d'isolamento di una fottuta prigione.

Ma fu impossibile a causa dei troppi pensieri. Così mi alzai a sedere sul letto e mi guardai attorno. La stanza era piccola, illuminata solo dalla luce del pomeriggio che filtrava dalla piccola finestrella sbarrata che si trovava proprio sopra la mia testa.

In quasi tre anni che avevo passato in carcere, non ero mai stata in una cella d'isolamento. Era inquietante almeno il doppio di come la descrivevano le ragazze che, invece, in isolamento ci erano già state.

<<Rebekah.>> era Michael, che mi aveva chiamata usando un tono di voce basso.

Non sapevo se rispondergli oppure no. Ero arrabbiata con lui per essersi fatto incolpare di qualcosa che non aveva fatto. Ero stata io a tirare una gomitata a Miller, ed io dovevo essere punita per le mie azioni. Non lui.

<<Rebekah...>>

<<Perché hai detto a Bellick che sei stato tu ad aggredire l'agente Miller?>> gli chiesi con freddezza.

<<Volevo evitarti una brutta permanenza, ma non sono riuscito nel mio intento. Mi dispiace.>>

<<Michael, difendermi è un conto, ma prenderti colpe che non hai è un altro.>>

<<Non puoi semplicemente dire "grazie"?>> usò lo stesso tono freddo con la quale mi ero rivolta a lui poco prima.

<<Per cosa? Ci troviamo entrambi in delle stupide celle d'isolamento, e chissà per quanti giorni staremo qui dentro!>>

E se avessero deciso di tenerci qui per settimane? Non saremmo riusciti ad evadere, e la luce del sole che rifletteva qualcosa che non fosse il carcere l'avrei vista solo tra molti anni.

<<Ho cercato di non farti venire qui, perché non riesci a ringraziarmi, eh?>>

<<Perché quando sono stata arrestata, nessuno mi ha ringraziato per essermi presa delle colpe che non avevo!>> sbottai, ormai al limite della calma. Non ce la facevo più. Michael era stato punito per cose che non aveva fatto, esattamente come me.

Mi portai le ginocchia al petto e mi presi la testa fra le mani. Volevo scacciare quei brutti ricordi dalla mia mente. Facevano così male.

<<Parli di Steve, vero?>> stavolta il suo tono di voce era più pacato, come se avesse avuto paura di porgermi quella domanda.

Steve...Steve...ancora quel nome...

<<Tu...tu come sai di Steve?>> domandai titubante, con la voce rotta. Stavo per piangere, come ogni volta che ripensavo all'accaduto per la quale ero stata arrestata.

<<Ero nell'ufficio di Pope per un progetto a cui sono stato incaricato. Lui stava rimettendo a posto dei fascicoli, quando gli sono caduti a terra. Mi sono chinato per aiutarlo e ho visto il tuo. L'ho letto e...mi dispiace, non avrei dovuto.>> spiegò.

A Little While - Prison BreakDove le storie prendono vita. Scoprilo ora