Rebecca
Siamo appena arrivati a Roma e il pullman, dopo averci portato all'Hotel per posare i bagagli, ci ha condotti al Colosseo, che lasciò tutti a bocca aperta. Una struttura che, per la sua immensa grandezza, ti faceva sentire impotente, piccolo e indifeso. Nessuna decorazione particolare, nessuna statua, solo archi, alti circa due metri, che, pur essendo semplici e privi di ornamenti, ti lasciavano senza fiato. Mi persi a guardare i vari mattoni, i vari massi, le varie colonne interne che reggevano quel magnifico edificio, che raccontavano la storia di intere generazioni, raccontava le vicende delle varie lotte avvenute al suo interno e dei gladiatori che, con il loro coraggio, le avevano vissute.
Mi persi a guardare quei sotterranei bui, in cui imprigionavano gli animali e i vari soldati, i vari schiavi da sacrificare, solo per il volere e per il divertimento del popolo, per il volere dell'imperatore. Mi persi a guardare quella parte che era rimasta del campo di battaglia, in cui sembrava ci fossero ancora i passi di quei guerrieri che cercavano di salvarsi la vita, per la loro famiglia, per il loro futuro, per loro stessi.Successivamente ci siamo spostati e siamo andati all'Altare Della Patria, che in confronto al Colosseo era completamente differente e qui mi abbandonai in quelle due fontane, che rappresentavano i punti in cui sorge e tramonta il sole. In quella statua equestre, in cui viene raffigurato il re Vittorio Emanuele II, poggiata su un basamento in marmo che mostra le città italiane, i comuni su cui la patria si fonda, e la loro storia, che vengono simboleggiate tramite delle statue. In quelle due scritte ai lati della struttura "PATRIAE UNITATI" e "CIVIUM LIBERTATI" che significano "All'unità della patria" e "Alla libertà dei cittadini" In quelle sculture, eseguite chissà da quanti artisti. In quella statua, detta la statua di Roma, decorata, sullo sfondo, da un mosaico dorato. In quei rilievi, posti ai lati di quest'ultima, che rappresentavano l'agricoltura e l'industria. In quelle 16 colonne, che rappresentavano le regioni presenti in quell'epoca e che erano una diversa dall'altra, ognuna di loro aveva le caratteristiche del suo paese e, infine, in quelle statue bronzee alate, che rappresentavano l'esaltazioni dell'Italia e dei suoi valori.
Una volta finite le visite della mattinata e il pranzo, i professori, come sempre, ci lasciarono qualche oretta libera, perciò io, Peter, Michelle e Ned siamo andati a prendere qualche souvenir da aggiungere a quelli presi a Venezia e da portare a New York.
"Come mi stanno questi?" chiese Peter mettendosi un paio di boxer, con le parti intimi maschili, in testa. Noi lo guardammo e ci mettemmo a ridere, attirando l'attenzione di molte persone.
"Ti stanno una favola" dissi tra una risata e l'altra.Alla fine io presi una penna con un diamante incastonato sulla cima e con su scritto Roma, due cartoline con una il disegno in acquerelli del Colosseo e l'altra dell'Altare Della Patria, un portachiavi per Thomas e una boccetta, di quelle con la neve dentro, a Jackson. Ned ed MJ presero più o meno le mie stesse cose e Peter, oltre ad aver fatto lo stesso pensierino di Jack a sua zia May, prese quelle bellissime mutande, dicendo queste testuali parole: "Le appenderò in camera, così che ogni ragazza o amico che verrà a casa mia potrà dire: Ma che cazzo sono quelle cose?!"
Dopo aver fatto le nostre spese, trovammo un prato, ci sdraiammo e iniziammo a parlare di cose a caso. Mentre loro discutevano su chi avrebbe vinto tra un orso e un alligatore, io mi misi ad ammirare il cielo limpido, senza una nuvola, riempito dai raggi del sole e da alcune rondini, che probabilmente, stavano migrando verso posti lontani, e mi persi in quell'azzurro, come gli occhi di mio padre, quegli occhi che, anche con un solo sguardo, mi riempivano di gioia, quegli occhi che mi capivano senza dire una parola, quegli occhi, che non potrò ma più rivedere.
Mi strinsi in un abbraccio, cercando di ricordare quelli di mia madre, e poi allungai l'indice verso il cielo, per far capire ai miei genitori che pensavo a loro ogni giorno e che non li avrei mai dimenticati.
Tutti smisero di discutere e iniziarono a guardarmi, fu Peter il primo a venirmi vicino e a parlarmi "Cosa stai facendo?" chiese con tono dolce.
"Niente" e girai il capo verso di lui, con ancora la mano alzata "Volevo dirvi che oggi il cielo è magnifico" affermai, senza sapere se avrebbero abboccato o meno.
Peter si girò verso l'alto e iniziò ad osservarlo anche lui "Già, hai ragione, oggi il cielo è stupendo" e poi mi prese la mano, rimasi interdetta per qualche secondo non capendo il motivo del suo gesto, ma non decisi di troncare il contatto.
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Amore Proibito [Peter Parker]
Fanfiction[Piccolissima Anteprima] Volevo scrivergli di vederci, di parlare, che gli avrei spiegato tutto e che non gli avrei nascosto nient'altro, ma non ce la feci. L'avrei reputata un'ulteriore sconfitta. Lui è stato molto chiaro, non c'era niente da spieg...