Capitolo 9

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Peter

Stiamo tornando a New York. Pensai alla notte precedente e capii che probabilmente ha ragione lei -Perché continuare a provarci se il suo è un no netto?
Poi pensai a quel bacio. Affondai la testa nel sedile mordendomi il labbro e trattenendo un sorriso. Lo so che me l'ha dato solo per pararsi il culo, ma per me è stato molto di più, per me è come se fosse stato il mio primo bacio, come se per lei fosse voluto, e non lo dico solo per farmi un piacere, ma a me è sembrato che a lei piacesse e che non si volesse staccare.
Continuai a guardarla, a pochi centimetri da me, che dormiva tranquilla sul suo cuscino portato da casa apposta per questo viaggio e, un po', mi venne da ridere -Come farebbe ad innamorarsi di un tipo come me?- siamo troppo differenti e con troppi segreti, che continuiamo a portarci dietro, come se fossimo imprigionati, incapaci di liberarcene.

Gli sfiorai la guancia e, nel momento esatto in cui le mie dita si poggiarono sul suo viso, lei si mosse, perciò per non farmi beccare mi buttai all'indietro e feci finta di dormire.
Dopo alcuni secondi, aprii un occhio e vidi che era scomparsa, quindi, mi alzai un po' e iniziai a cercarla con lo sguardo, successivamente, non trovandola, scattai in piedi e cominciai la mia ricerca.
Mi avvicinai al bagno e sentii qualcuno parlare.
"Smettila con questo discorso!" appoggiai l'orecchio alla porta e incominciai ad origliare "Dai Jackson. È arrivato il momento di fare il realista" e da quel nome capii che era lei e che era al telefono con suo padre "Devo andare a vedere. Devo esserne sicura." disse, rimanendo in silenzio per alcuni minuti.
Cercai di concentrarmi sulla voce proveniente dal telefono, ma non riuscii a sentire niente, quindi aspettai una risposta da parte di Rebecca.

"Si si, okay. Ti saluto" affermò scazzata "Ho capito, ne parliamo poi a casa. Ciao!" e aprì la porta, dandomela dritta in faccia.
"Che ci facevi là dietro?" domandò fredda "Non mi stavi spiando, vero?" e io ribattei "Dovevo andare in bagno" risposi con lo stesso tono e poi entrai nella cabina con ancora la mano sul mio setto nasale.
Dopo essere rimasto per qualche minuto in bagno ad osservare il mio naso, che era diventato completamente rosso, decisi di uscire e di tornare a sedermi al mio posto.
La osservai per tutto il tempo, confuso e incazzato, perché se aveva pensato che stessi origliando, cosa che ho fatto veramente, ma che ora non mi importa, allora vuol dire che non si fida di me.

Pomeriggio

Siamo appena atterrati, perciò appoggiai una mano sulla spalla di Rebecca e la svegliai "Ehi. Siamo arrivati" dissi dolcemente. Lei aprì gli occhi e si stiracchiò, poi si girò e mi mimò un grazie con la bocca, per poi metterci la mano davanti e sbadigliare.
Mi girai verso il finestrino e ammirai New York in lontananza. Mi è mancata, anzi, mi è mancato balzare da una parte all'altra dei grattacieli e mi è mancato essere l'amichevole Spider-Man di quartiere.

Appena arrivai a casa, mi chiusi in camera, mi misi il costume ed uscii furtivamente dalla finestra. Mia zia non deve assolutamente sapere che sono io l'uomo ragno di cui tutti parlano, se lo venisse a sapere, probabilmente, mi chiuderebbe in casa e non mi farebbe più uscire, cosa che non mi dispiacerebbe, perché poi non andrei a scuola, ma non riuscirei a vedere Ned ed MJ, ma soprattutto non vedrei Rebecca. Ora che sa che gli piaccio, si comporta in modo diverso, alcune volte è più dolce e altre volte è fredda, si comporta sempre come se dovesse farmi un piacere: ogni volta che gli prendo la mano, perché ho bisogno di un contatto fisico, lei la stringe ancora di più, certo, dovrei essere contento di questo comportamento, ma è come se lo facesse solo per farmi felice. Io voglio che sia libera di fare quello che vuole, se non si sente di tenermi la mano, allora che la lasci e che mi faccia capire che non ne ha voglia.

Mentre continuavo a parlare ad alta voce e a camminare avanti e indietro sul terrazzo di un palazzo, vidi una specie di luce violacea che proveniva da fuori città e decisi di andare a controllare.
"Karen dimmi dove sono" affermai, mentre il mio costume stava elaborando una risposta.
"Sono a pochi kilometri da qui, devo programmare il percorso più veloce da intraprendere?" chiese gentilmente la voce metallizzata.
"Certo" dissi e appena ebbi il percorso, mi lanciai nel vuoto e con una serie di ragnatele mi avviai verso il luogo del bagliore.
Appena arrivai vidi due persone incappucciate. Uno aveva una voce da uomo, l'altro invece da ragazzo, dalla corporatura doveva avere pochi anni in più di me.

"Ti ha visto?" domandò l'uomo.
"Si, sono riuscito a farmi vedere" rispose il ragazzo -Di cosa stanno parlando?
"Bene. Ci vorrà poco tempo prima che riesca a scoprire la verità. Tu continua a mettere in pericolo lei e tutti i suoi amici. Compresa la sua famiglia." si soffermò a guardarsi intorno e poi continuò il discorso con un'altra domanda "Ci sono state complicazioni?"
"Nessuna, ma sta volta a salvarla non è stato quel bastardello blu e rosso, ma un ragazzo della sua classe" raccontò il giovane, per poi iniziare a guardarsi intorno anche lui.
"Tienilo d'occhio, non possiamo rischiare di farci scoprire da un inutile bamboccio di diciotto anni" affermò, avvicinandosi al ragazzo e dandogli la mano "Ci vediamo tra due giorni per ulteriori aggiornamenti" e se ne andarono.

Riuscii a capire solo dopo di chi stessero parlando. Parlavano di Venezia, dell'esplosione e di Rebecca.
Mi precipitai in città e iniziai a cercare casa sua. Sono così agitato che non mi ricordo neanche dove abita, infondo, l'ho accompagnata solo una volta, mentre tornavamo a scuola.
Mi fermai su un terrazzo e provai a chiamarla.
"Pronto?" sentii dire, allora non persi tempo e gli risposi.
"Rebecca. Dove sei, che.." ma, prima che terminassi la frase, la sua voce mi interruppe.
"Ahah stavo scherzando. Se non ti sto rispondendo possono essere tre le possibilità: 1) Non sono a casa e non posso accettare la chiamata; 2) Sono a casa ma non ho sentito la suoneria; 3) Mi stai sul culo e non ho intenzione di risponderti. Quindi, lascia un messaggio in segreteria e forse dopo ti richiamerò. Ciao!"

Per qualche secondo mi misi a ridere per la stupidità di questa ragazza, ma ritornai subito serio e, una volta ricordata la via e trovato casa sua, mi catapultai verso la finestra della sua camera.
Osservai la stanza e notai una sagoma sul letto, stavo per bussare, ma poi iniziai a pensare -E cosa gli dico? Ehi, ci sono due tizzi che ti vogliono fare del male. Li ho sentiti che parlavano e ho collegato il discorso a te- Ma chi voglio prendere in giro?! Come farei a spiegargli che so tutto di Venezia. Se glielo dico mi farò scoprire e non posso permettermelo, per il mio e per il suo bene.
Dopo questa osservazione decisi di rimanere ad osservarla da un albero lì vicino, in attesa di qualcosa o di qualcuno, che gli si sarebbe presentato davanti agli occhi. Rimasi lì fino a sera, ma, visto che non succedeva niente, decisi di tornare a casa -Ti proteggerò- pensai, per poi sparare una delle mie ragnatele e scomparire tra i grattacieli di New York.

Angolo autrice

Scusate.. ma non avevo molte idee. Mi farò perdonare nei prossimi capitoli.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, se è così allora continuate a leggere, aggiornerò molto presto. Consigliate la storia a qualsiasi persona che potrebbe interessarsi, voi, intanto, mettete una stellina e commentate. Qualsiasi persona che voglia consigli o che vorrebbe che leggessi qualche storia: mandatemi un messaggio in privato, vi risponderò il prima possibile.
P.s. mi dispiace se non sta succedendo niente di importante, ma sto cercando di tenermi le scene più belle, per poi scriverle dalla metà in poi, così da far diventare la seconda parte più bella. Comunque GRAZIE.

Amore Proibito [Peter Parker]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora