Capitolo 24

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Rebecca

"Peter" urlai, rincorrendolo per le scale, per poi mettermi davanti a lui.
"Spostati" mi ordinò, ma io non lo ascoltai e gli misi le mani sul petto "Devi ascoltarmi" affermai, cercando di fermarlo "Ti prego" sussurrai, lasciando cadere sul mio viso alcune lacrime.
"Re.." iniziò a dire, ma si fermò subito "Spostati" ripeté, serrando lievemente i pugni e guardandomi negli occhi "Non posso" scossi la testa.
Lui mi sorpassò e, mentre stava per uscire, si girò per qualche secondo nella mia direzione. Mi osservò per un po', poi distolse lo sguardo, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi sola, in quella stanza, che neanche mi apparteneva.

Mi avviai velocemente verso la porta e la aprii, guardando la sua sagoma andarsene sotto la pioggia fredda "Continua a scappare dai problemi" urlai, cercando di farmi sentire "È da queste cose che si capisce quanto ami una persona ed, evidentemente, tu non mi ami per niente"
Sentendomi si fermò di colpo e si girò nella mia direzione "Secondo te non ti ho mai amato?" chiese incazzato, avvicinandosi sempre di più a me "Secondo te il Ti amo che ti ho detto ieri sera non era voluto?" continuò, situandosi davanti al mio corpo, troppo minuto in confronto al suo "Senti" e mi puntò il dito contro "Tu non sei nessuno per giudicarmi. Non puoi dire che non ti amo!" iniziò ad urlare, facendomi indietreggiare e sbattere la schiena contro al muro "Non sei nessuno per dirmi che sono un senza palle e che scappo dai problemi" disse, abbassando il tono di voce "Perché sei tu la prima ad averlo fatto" e mi guardò.

Mi soffermai a guardare i suoi occhi, pieni di odio, rabbia, delusione, ma soprattutto tristezza. Posai una mano sulla sua guancia e mantenni il contatto visivo "Peter" riuscii a dire, con voce flebile, quasi impercettibile "Parliamone" lui abbassò il capo e poi spostò lentamente la mia mano "È troppo tardi per spiegare" sussurrò, rialzando il viso verso di me "Ormai so già tutto" e si voltò per la seconda volta, intento ad andarsene.
Gli presi il polso e lo guardai in faccia "Guardami negli occhi e dimmi che non vuoi più avere a che fare con me" dissi con un filo di voce "Guardami negli occhi e dimmi che tra noi due è finita"
Abbassò lo sguardo per alcuni secondi.
Non farlo Peter. Ti prego. Non dirmi che non mi vuoi più. Non dirmi che non sono più niente. Non potrei sopportarlo.
Alzò il volto e mi fissò "Mi dispiace" affermò, scuotendo leggermente la testa "Ma tra noi due è finta" e se ne andò. Lasciandomi in quella stanza. Circondata dall'odio per me stessa, dalla tristezza e da tutte le emozioni che mi avevano percosso per tutto il tempo.

I miei occhi si appannarono e le lacrime iniziarono, per l'ennesima volta, a solcare il mio viso. Mi feci scivolare a terra e mi lasciai andare in un pianto liberatorio. Dopo svariati minuti, mi rialzai e corsi in camera mia, la guardai e i ricordi della sera precedente riaffiorarono nella mia mente. Mi avvicinai al letto e, con uno strattone, levai le lenzuola e le coperte, buttandole a terra. Mi voltai verso la scrivania e vidi le nostre foto. Quella foto a Roma e quelle al parco, mentre aveva il costume di Spider-Man e noi due non stavamo ancora insieme, poi, con una mano, le buttai tutte a terra.
Il rumore del vetro che sbatté e si infranse sul pavimento si fece spazio nelle mie orecchie. Poi presi i vari oggetti che erano sul piccolo tavolino e li lasciai cadere al suolo. Iniziai ad urlare per cercare di espellere tutta la rabbia che stavo provando in quel momento. Mi voltai verso i documenti, che erano ancora sul parquet della mia stanza. Li raccolsi e li strappai in mille pezzi, per poi scendere al piano inferiore e buttarli dentro al camino, che avevo acceso pochi secondi prima. Guardai la carta bruciare pian piano. Guardai ogni piccolo pezzo ridursi in cenere.
Mi soffermai sui colori accesi del fuoco e mi ci persi dentro. Ripensando alle fiammate di quella sera di quasi tre anni fa. Quella sera che mi fece diventare quella che sono adesso. Una stupida ragazza di diciotto anni che non riesce a farsi chiamare con il suo vero nome.

Salii di nuovo nella mia camera e misi tutto al proprio posto, incredula e pentita di quello che avevo fatto. Presi in mano uno dei vari quadretti e sfiorai la lastra di vetro crepata "Forse doveva andare così" mi dissi, continuando ad osservare la fotografia "Forse è segno del destino che non siamo fatti per stare insieme" continuai, cercando di convincere i miei pensieri a dimenticare e ad andare avanti "Abbiamo troppi segreti da nascondere. Non faremo altro che farci del male" e mi sedetti sul materasso "Ma c'è un problema"
Alzai lo sguardo verso la finestra iniziando a guardare alcune gocce scivolare sul vetro, poi mi sdrai sul letto e strinsi quella foto al petto "Lo amo" sussurrai, per poi chiudere gli occhi e lasciarmi cadere in un sonno profondo, senza pensare a quello che avrei fatto o detto in futuro, ma con la consapevolezza che, in ogni caso, avrei provato a rimediare ai miei errori.

Amore Proibito [Peter Parker]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora