Capitolo 29

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Mi sedetti al bordo del materasso e presi dei respiri profondi "Vuoi parlarne?" chiese Rebecca con tono dolce. Alzai lo sguardo nella sua direzione e scossi leggermente la testa, per poi inspirare ed espirare profondamente "Preferirei di no" e abbassai il capo, guardando il pavimento.
Appoggiò la testa sulla mia spalla "Ricordati che ti puoi fidare" sussurrò, chiudendo gli occhi.
"Lo so"
Ci alzammo ed entrammo in cucina. Mi risedetti su una delle sedie e mi ressi la testa con la mano sinistra "Che ore sono?" chiesi sotto voce, cercando di non svegliare mia zia. Lei guardò l'orologio e mi rispose "Le cinque di Domenica mattina" e mi sorrise, porgendomi un bicchiere d'acqua. La ringraziai alzandolo in aria e poi lo bevvi.
"Ti va di fare una passeggiata? A quest'ora non c'è nessuno e possiamo andare a fare la spesa. Così May può stare un po' tranquilla"
Lei si avvicinò a me e sorrise "Mi sembra un'ottima idea" ed entrò in camera, probabilmente per prepararsi.

Uscimmo dal portone di casa e iniziammo ad incamminarci lentamente verso il parco. Misi il braccio sulle spalle di Rebecca e la portai vicino a me. Lei, di conseguenza, mi circondò con le braccia.
Inspirai ed espirai l'aria fresca di prima mattina, che mi riempì i polmoni e mi rese subito più leggero. Le prime luci del sole si fecero spazio nel cielo, sfumandolo con colori caldi e rosati. Li osservai attentamente e non potei fare a meno di sorridere, di pensare a quel giorno, su quel terrazzo, quando le nostre labbra si sono unite e tutti i problemi sono volati lontano.
Lo so che ha paura che mi facciano del male e che, per questo motivo, ha paura di esternare i suoi sentimenti, ma deve andare avanti, deve capire che non riusciranno mai a dividerci, che rimarrò al suo fianco, fino a quando la vita me ne darà l'opportunità. Deve vivere la sua vita per quella che è, senza pensare alle conseguenze, senza pensare al futuro, ma pensando al presente e a nient'altro.

Ci sedemmo su una panchina e ammirammo il lago davanti ai nostri occhi. Alcune papere si appoggiarono delicatamente sull'acqua. Delle rane saltellavano qua e là sulle varie ninfee e i pesci nuotavano tranquillamente. A quest'ora della mattinata la tranquillità è nell'aria e la si può sentire con un solo sguardo, con un respiro o, semplicemente, udendo i vari suoni che si hanno intorno.
Mi sdraiai e, chiudendo gli occhi, appoggiai la testa sulle sue gambe, beandomi del suo tocco delicato sui miei capelli, della sua mano calda sopra alla mia, che avevo lasciato sullo stomaco, e dei suoi baci umidi, che mi lasciava ogni tanto sulla fronte.
"Rebecca" la chiamai, continuando a tenere gli occhi chiusi "Ti è mai capitato di pensare così tanto alla tua famiglia, da rivivere quel momento, da pensare di averli visti per strada, a pochi passi dal tuo corpo?" chiesi, senza dare importanza al male che ci stavamo facendo, ricordando quelle persone, che, pur essendo state poco nella nostra vita, avevano lasciato un marchio, una cicatrice, che probabilmente non rimarginerà mai.
"Non sai quante volte" sussurrò dopo alcuni secondi "Quel giorno a Venezia" iniziò, prendendo un grosso e profondo respiro "Mi era sembrato di vedere mio fratello. È per questo che non mi sono spostata. Mi sembrava di essere in un sogno" ammise, buttando fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni.

Dopo quella frase riuscii a capire tutto. Tutto quello che era successo in quei lunghi mesi, tutti quegli attentati, ma soprattutto riuscii a capire che, quei due uomini che avevo visto nel bosco, non solo stavano parlando di Rebecca, ma avevano intenzione di ucciderla, avevano intenzione di portarmela via.
Riuscii a collegare tutte quelle persone, tutti quegli assalitori, che avevano tentato di rapirla. Ero riuscito a collegare ogni minima cosa.
Ma perché farlo? Perché perseguitare una povera ragazza che nella vita ha ricevuto solo sofferenza?
Forse mi sbaglio. Forse è stato un semplice fraintendimento. Forse quei due non stavano parlando di lei, ma di qualcun altro. Però sono sicuro che stessero parlando di Venezia e dell'esplosione. Ne sono sicurissimo. Ho bisogno di risposte, di certezze e rimanere qui, sicuramente, non me le darà.
Mi alzai e gli porsi la mano "Andiamo" dissi, per poi iniziare a camminare "Ho bisogno di ragionare" affermai, notando che sul suo volto si stava formando un'espressione stranita.
"Su cosa?" chiese, tirandomi il braccio e facendomi fermare.
Mi girai e le risposi "Su tutto quello che sta succedendo"

Amore Proibito [Peter Parker]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora